Dazi sulle auto, prime concessioni cinesi agli Usa
La Cina ridurrà dal 40 al 15% i dazi sulle auto Usa. Lo ha detto il vicepremier Liu He al segretario al commercio Usa Steve Mnuchin, in una telefonata che segna la ripresa dei negoziati dopo la tregua sui dazi di 90 giorni siglata al G20 da Trump e Xi Jinping.
La Cina ridurrà i dazi sulle auto made in Usa dal 40 al 15%. Lo ha promesso il vice premier cinese Liu He al termine della telefonata distensiva con il segretario al Tesoro Steven Mnuchin e il rappresentante al commercio Robert Lighthizer, incaricato di guidare i negoziati di 90 giorni per tentare di dirimere le questioni aperte nella war trade, dopo la tregua siglata nella cena tra Donald Trump e Xi Jinping al G 20 di Buenos Aires.
La scorsa settimana Trump aveva annunciato in due tweet il taglio dei dazi sulle auto: la notizia non era stata confermata dai cinesi. La Cina importa auto per 51 miliardi di dollari l’anno. Di questi 13,5 miliardi, pari a 280.208 auto, arrivano dal Nord America (dati 2017, Associazione dell’auto cinese). Bmw, Daimler-Mercedes e Ford sono, nell’ordine, i primi tre esportatori dagli Usa in Cina. A causa dei dazi del 40%, Bmw e Daimler hanno lanciato dei profit warning per il rialzo dei prezzi delle auto in Cina e il calo delle vendite.
La telefonata ha aperto di fatto i negoziati sul commercio. L’iniziativa, spiega il ministero del Commercio cinese, era finalizzata a promuovere un primo «scambio di vedute» su quanto concordato tra i due presidenti in Argentina. Liu He a gennaio sarà a Washington con una delegazione cinese di trenta persone. È stato confermato da parte americana che non verrà alzata l’aliquota dal 10 al 25% per i dazi imposti su 200 miliardi di prodotti cinesi. Lighthizer ha detto che punta a ottenere entro il 1° marzo un accordo con «cambiamenti strutturali» del modello economico cinese.
I cinesi, oltre alla riduzione dei dazi sull’auto, si sono detti pronti a incrementare gli acquisti di soia americana per una quantità tra 5 e 8 milioni di tonnellate, secondo quanto riferito da fonti governative. È stata ribadita da entrambe le parti la volontà di non far deragliare i negoziati.
L’arresto della top manager di Huawei è la principale nuvola che incombe sul futuro delle trattative. Meng è detenuta dal 1°dicembre in Canada, con una richiesta di estradizione negli Stati Uniti per aver violato l’embargo iraniano. La manager, 46 anni, figlia a sua volta del fondatore di Huawei, Ren Zhengfei, in Cina è considerataun “eroe nazionale” per i suoi successi imprenditoriali. Il giudice della Corte suprema della British Columbia William Ehrcke ha rifiutato la concessione degli arresti domiciliari dietro il pagamento della cauzione di 15 milioni di $ canadesi (11 milioni $ Usa), a causa secondo il giudice dell’impossibilità di eliminare il rischio di fuga della manager cinese.
Il ministro degli Affari esteri Wang Yi ha detto che «la Cina non resterà con le braccia conserte se i suoi cittadini vengono maltrattati all'estero». Tanto è stato: per ritorsione ieri è stato arrestato Michael Kovrig, ex diplomatico canadese, che lavora in Cina all’International crisis group (Icg), organizzazione per la prevenzione di conflitti. Ignoti per ora i capi d’ accusa.