«Nessuno scandalo la Normale a Napoli»
La scuola di Pisa vuole una sede al Sud, ma Lega e Forza Italia sono critici Allo studio modifiche per assicurare la qualità Oggi l’incontro al Miur
«Abbiamo dimostrato con la nostra storia bicenteneria che siamo in grado di assicurare l’eccellenza e lo faremo anche con la Scuola Normale meridionale». Vincenzo Barone è il direttore della “Oxford sotto la Torre pendente” - la Normale di Pisa, tra le poche università italiane in cima ai ranking internazionali - e già dal suo insediamento due anni fa aveva questo sogno: creare una sede che garantisse la stessa qualità nella formazione e nella ricerca anche al Sud dove non c’è nessuna scuola speciale (le sei attuali sono tutte al Centro Nord: due a Pisa - Normale e Sant’Anna - e poi a Pavia, Trieste e l’Aquila). Ma mai avrebbe pensato con la sua proposta - che si è concretizzata in una norma in manovra che stanzia 60 milioni in tre anni per far decollare dal prossimo anno la Normale al Sud - di scatenare un polverone di polemiche. A partire dal sindaco di Pisa Michele Conti(Lega) che ha bocciato il progetto accusandolo di svendere un marchio. E con una frangia di parlamentari - tra Lega e Forza Italia - che sta tentando di bloccarlo ora che la manovra è al Senato.
Una trappola che il Governo vuole evitare tanto che oggi il ministro Marco Bussetti (Istruzione), anche lui della Lega, ha convocato il direttore Barone, il rettore della Federico II di Napoli dove sorgerà la Normale meridionale nella sede di via di Mezzocannone - e il sindaco di Pisa per salvare il progetto.
Si aspettava tante critiche? Sinceramente no. Non capisco tanta ostilità di fronte all’opportunità di fare qualcosa di altissimo livello al Sud utilizzando il nostro modello di successo che sono convinto si può esportare. Se vogliamo fare investimenti nel Meridione secondo me vanno fatti soprattutto sul sapere e la ricerca.
C’è chi avanza il rischio che si perda l’eccellenza che oggi viene garantita a Pisa.
La norma prevede la creazione di un comitato ordinatore che si occuperà del piano strategico dove siederemo io e il rettore Manfredi di Napoli e 3 esperti di elevata professionalità. Al Senato la norma dovrebbe essere migliorata ulteriormente: ho chiesto che i 3 esperti siano scelti da una lista di nomi indicata dalla Normale e soprattutto che finiti i tre anni di sperimentazione oltre all’Anvur saremo anche noi a valutare se il progetto può continuare e se questa nuova Scuola può utilizzare il nostro marchio “Normale”. Il nome è un fatto importante, prima di diventare autonoma vogliamo poterci esprimere.
Ma quali sono i corsi che saranno attivati?
Per quanto riguarda le classi accademiche lo schema è lo stesso che c’è a Pisa. Gli studenti si iscrivono all’università, in questo caso alla Federico II, e poi fanno dei corsi aggiuntivi da noi e alla fine ottengono anche il diploma della Normale. Da gennaio, se il progetto andrà in porto, valuteremo quali sono le eccellenze a Napoli per far partire i primi corsi nell’anno accademico 2020/2021. Ma posso dirle già da ora che si partirà con due corsi con 15 studenti ciascuno all’anno.
Ci saranno anche dottorati?
Sì. E partiranno già dal prossimo anno accademico. Abbiamo già alcune idee. Sicuramente, perché già attivi, ci sarà un corso in Astrochimica sull’origine della vita nello spazio e un altro in Storia globale. Ma puntiamo a creare un dottorato in scienza, tecnologia ed economia del rischio coinvolgendo anche lo Iuss di Pavia con cui siamo federati insieme al Sant’Anna e poi qualcosa anche su biotecnologie e farmaci e sull’economia del mare su cui Napoli vanta già un centro di ricerca d’eccellenza, la stazione Anton Dohrn. Perché l’idea è quella di coniugare i settori di punta nostri con quelli di Napoli.
Quali sono i requisiti per questi corsi?
Gli stessi della Normale di Pisa. Oltre a una severa selezione in entrata per gli studenti ci sarà un professore ogni 10 studenti e due ricercatori.
Ma questo progetto in che modo può essere utile a tutto il Paese? Oggi due poli di eccellenza come la NormaleeilSant’AnnadiPisaformano insieme 120 studenti ogni anno destinatiaessereinuoviquadridialtoprofilo del Paese. Mi sembra una dimensione troppo piccola rispetto a 60 milioni diabitanti.Poisipuòcrescererestando a Pisa come fa il Sant’Anna o trovando nuove strade come facciamo noi.
Diventa più facile competere a livello internazionale? Assolutamente sì. Se guardiamo alle classifiche anche i centri accademici più piccoli sono grandi 3-4 volte più di noi. Io penso che a questa dimensione si può arrivare con una federazione. E Pisa può esser il cuore pulsante di una galassia di eccellenze.