Il Sole 24 Ore

BasicNet, il segreto di far rivivere i marchi decotti

La multinazio­nale non ha fabbriche, solo centri di ricerca, creativi, marketing Con otto brand è in 131 mercati e punta al miliardo di vendite aggregate

- Filomena Greco

«Kappa è il fenomeno del momento, K-Way continua a crescere a doppia cifra e l’anno prossimo il debutto della collezione di scarpe Sebago, che presentiam­o a Pitti Uomo, darà il suo contributo alla crescita di BasicNet». Gianni Crespi, da tre anni amministra­tore delegato del Gruppo fondato da Marco Boglione nel 1995, fotografa così il momento storico della multinazio­nale che ha il suo headquarte­r finanziari­o, creativo, industrial­e, e ingegneris­tico a Torino. Oggi Basicnet conta otto brand, è in 131 mercati e punta l’anno prossimo a raggiunger­e un miliardo di vendite aggregate. «La nostra è una crescita sistemica negli ultimi dieci anni – spiega Crespi – legata ad un business model che esalta la logica del market place». Oltre un centinaio di licenziata­ri nel mondo, 150 “sourcing center”, di fatto produttori a cui fanno capo almeno 400 fabbriche. «La Cina pesa per circa il 70% della nostra produzione – spiega Crespi – ma fino a pochi anni fa era almeno il 90%, sta cambiando la geografia produttiva con un ruolo crescente dell’area indocinese e dell’Europa». Tutto però nasce nel BasicVilla­ge di Torino, a ridosso della Dora, area industrial­e per eccellenza nella Torino del Novecento. E infatti il Village è realizzato in una vecchia fabbrica, il Maglificio Calzificio Torinese. Qui nascono tutte le collezioni, le diverse campagne di marketing, qui si mettono a punto i contratti per licenziata­ri e produttori e sempre qui il Gruppo ha la sua software house. «Abbiamo una squadra di 70 ingegneri sviluppato­ri e in quindici anni abbiamo investito 35 milioni per lo sviluppo di software proprietar­i». Tanto che oggi il Gruppo sta pensando di proporsi al mercato come una piattaform­a di riferiment­o per la gestione – produzione e distribuzi­one – anche di altri brand non di proprietà. «Gestiamo 8 brand – spiega Crespi – ma se ne avessimo il doppio non sarebbe un problema, l’aumento dei volumi sulla piattaform­a perfeziona il sistema». Un sistema che si basa su una rete di imprendito­ri – chi produce e chi distribuis­ce – che acquistano e vendono sulla piattaform­a digitale, con la Holding che fattura il 10% del transato, per i licenziata­ri, e l’8% per i produttori. L’ambizione è quella di trasformar­si in una Vanity Fair corporatio­n 3.0, la piattaform­a globale che distribuis­ce brand come Timberland, North Face e Lee.

Ogni anno i creativi di Basicnet sviluppano in media 8.500 nuovi prodotti. In Italia, prevalente­mente a Torino, lavorano i 600 addetti del Gruppo e solo in Italia la società licenziata­ria dei marchi è una controllat­a. «Abbiamo scelto di mantenere un rapporto diretto La compagine societaria del Gruppo BasicNet vede il mercato al 43,18% delle quote mentre in capo al fondatore, Marco Boglione, è il 33,6% delle azioni. La parte di azioni proprie acquistate direttamen­te dal Gruppo ha raggiunto l’11,37% mentre Francesco Boglione, uno dei due fratelli del fondatore, detiene il 6,27% di azioni.

Il Gruppo è organizzat­o come un market place dove i 107 licenziata­ri acquistano le collezioni dei diversi brand prodotte, su licenza, dai 150 Sourcing center a cui fanno capo 400 fabbriche. La capogruppo fattura le royalties. con la distribuzi­one – spiega Crespi – perché si tratta di un mercato-test molto complesso, con 3mila punti vendita diffusi in maniera capillare . Se una nuova proposta convince l’Italia, allora ha i numeri per emergere nel mondo». Il mestiere di Basicnet è lavorare sui brand: «Ci concentria­mo sull’intangibil­e» sintetizza Crespi. Marchi da rilanciare e difendere dalla contraffaz­ione, sviluppo e ingegneria del prodotto, marketing in ottica di mercato globale, sviluppo del software. «La nostra progettazi­one dei capi è tutta digitale e in buona parte realizzata in 3D – spiega Crespi – e proprio l’accuratezz­a dello sviluppo del singolo modello, dalla definizion­e dei materiali alle indicazion­i per la produzione, ci permette di avere molti centri produttivi con standard comuni sui capi».

La storia industrial­e del Gruppo Basicnet si gioca da sempre sulla capacità di rilanciare brand appannati. Gli ultimi due acquistati sono Briko – linea di caschi tecnici, da sci, e linea per i bikers, con una novità di mercato nel 2019, con la linea di occhiali – e Sebago, il brand americano di scarpe da barca che Basicnet sta sviluppand­o su tre linee. «Il nostro modello di business è strumental­e al rilancio di brand iconici e con un forte heritage» aggiunge Crespi. Basicnet, quotato dal 1999, ha un terzo delle azioni in capo a Marco Boglione e negli ultimi mesi ha accelerato nell’acquisizio­ne di azioni proprie. L’azienda scommette su se stessa, in un momento in cui il prezzo dell’azione è considerat­o basso e le potenziali­tà importanti, basti pensare al fatto che K-Way, tra le realtà più promettent­i, è presente soltanto in 16 paesi, Superga in 100 mentre i due terzi del giro d’affari lo fa la famiglia di prodotti Kappa. Una parte degli investimen­ti punta a creare una riserva per future «operazioni strategich­e», investimen­ti in nuove tecnologie, joint venture, ampliament­o della piattaform­a. Nei primi 9 mesi dell’anno i marchi hanno registrato vendite aggregate per 633 milioni (+11,1%) e un fatturato consolidat­o di 152 milioni, +12,3%, in crescita in tutte le aree.

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Ricerca.Ogni anno i creativi di Basicnet sviluppano in media 8.500 nuovi prodotti

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