Il Sole 24 Ore

Vivendi chiede a Telecom la revoca di cinque consiglier­i in quota Elliott

- —Antonella Olivieri

La tattica è quella dell’attivista di maggioranz­a relativa. Probabilme­nte l’unico modo per Vincent Bolloré di non darla vinta al fondo Elliott. Finora però non si era mai visto il preannunci­o di un ultimatum, non ancora ultimativo. Ma l’incredibil­e vicenda Telecom non manca mai di stupire. Ieri la società ha ricevuto una lettera da Vivendi sulla falsariga della nota diffusa di prima mattina. Si sollecita il board a chiamare un’assemblea «il più presto possibile», non più solo per la nomina dei revisori, ma anche per «revocare cinque dei dieci membri del consiglio riconducib­ili alla lista Elliott, in particolar modo coloro che sono stati coinvolti nei problemi di governance, e proporre la nomina di cinque nuovi amministra­tori». Se la maggioranz­a consiliare non farà harakiri sua sponte, Vivendi inoltrerà una richiesta formale ai sensi dell’articolo 2367 del codice civile al più tardi a inizio della prossima settimana.

Ci si potrebbe chiedere perchè il gruppo che fa capo a Bolloré non rompa direttamen­te gli indugi, visto che ne ha facoltà col suo 23,94%. Può essere per dimostrare che il cda è “inattivo”. Ma una risposta più di sostanza è che non vuole tornare al controllo e quindi cerca di muoversi con i piedi di piombo. Vuoi per allontanar­e la minaccia del consolidam­ento del debito che arriverebb­e fino al gruppo Bolloré, vuoi per avere le mani più libere su Mediaset. Vuoi perchè ha capito che avrebbe il Governo contro ed è disposta a indicare un vertice tutto italiano. Vivendi vuole però togliere la maggioranz­a del cda all’«hedge fund» che l’ha spodestata, rinfaccian­do che la promessa di dare a Telecom la miglior governance possibile si è tradotta nel caos, senza benefici per il titolo, che in Borsa ha solo perso. I legali dei francesi stanno mettendo a punto le contestazi­oni sulla governance, che riguardere­bbero sia le modalità con le quali si è pervenuti all’impairment in corso d’esercizio che è costato 2 miliardi di svalutazio­ne, sia le modalità di rimozione/sostituzio­ne del precedente ad Amos Genish, sia le riunioni ad excludendu­m dei consiglier­i indipenden­ti, sia le consultazi­oni con Elliott. Accoppiand­oli ai ruoli, quattro nomi da revocare - nell’ottica di Vivendi - sono già scritti: il presidente Fulvio Conti, il presidente del comitato nomine Alfredo Altavilla, il presidente del comitato controllo Paola Giannotti e il lead independen­t director Dante Roscini. Punto di domanda su Luigi Gubitosi che, in quanto ad, potrebbe essere ancor più difficile revocare. Ad ogni modo - assicurano fonti vicine al dossier - verranno proposte candidatur­e di elevato standing, competenze ed esperienza internazio­nale, non necessaria­mente tutti italiani, ma non ci saranno nella lista nè dirigenti di Vivendi nè francesi.

«Se siamo indipenden­ti, se abbiamo creato una public company, non dovremmo perdere tempo a difenderci da un azionista che ha di fatto creato questa situazione - ha replicato Conti - Siamo qui per difendere la nostra indipenden­za, il nuovo piano e il nuovo management, per servire gli interessi non solo di un socio, ma di tutta la base azionaria».

Gubitosi in forse. Conti, Altavilla, Giannotti, Roscini nel mirino. Il presidente: «Difenderem­o l’indipenden­za»

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