REGOLE CONDIVISE PER UNA PACE FRUTTUOSA TRA STATI UNITI E CINA
Risolvere la controversia commerciale tra Cina e Stati Uniti non sarà semplice. L’arresto di Meng Wanzhou e il caso Huawei in generale sono segno di quanto fragile sia la tregua di Buenos Aires al G20. La detenzione è stata giustificata con la violazione delle sanzioni contro l’Iran, in realtà Huawei è nel mirino del governo americano per questioni di spionaggio e cybersecurity. Il nodo della controversia commerciale ha radici ben più profonde della salvaguardia di posti di lavoro nelle imprese americane. La questione cruciale è la transizione tecnologica della Cina verso settori industriali avanzati, di cui Huawei è protagonista e il suo impatto sull’industria degli armamenti.
La transizione tecnologica in sé modifica radicalmente il contesto competitivo. Finché la concorrenza cinese si basava sui bassi salari, il problema fondamentale dell’Occidente era salvaguardare i posti di lavoro nelle fabbriche. In economia aperta l’unica risposta possibile delle economie mature sono stati gli investimenti dell’industria in tecnologie avanzate. I posti di lavoro si sono persi comunque, ma almeno in molti casi si sono salvate le fabbriche.
Oggi, il rapido sviluppo tecnologico è diventato l’obiettivo prioritario del governo cinese che sta investendo quantità colossali di denaro in questa direzione. La spesa in ricerca e sviluppo nel 2016 ha raggiunto il 2.1% del Pil, solo gli Stati Uniti fanno di più in valore assoluto. La qualità della ricerca è decisamente migliorata, sia misurata in numeri di brevetti che in numero di citazioni per ciascun brevetto. Centinaia di migliaia di studenti cinesi frequentano le università occidentali e le università cinesi continuano a crescere di qualità e università occidentali.
Il gap tecnologico comunque persiste. Per quanto la Cina cresca con una rapidità impressionante in alcune attività avanzate, gran parte della sua industria è ancora arretrata e basata sul lavoro non qualificato a basso costo. La produttività del lavoro è ancora decisamente più bassa in Cina che nelle economie mature. La transizione tecnologica non è semplice. Per questo la Cina vuole mercati aperti, perché comunque ha bisogno di tecnologie occidentali e perché rimane un sistema economico fondato sulle esportazioni. Ovviamente la convergenza tecnologica della Cina spaventa gli Stati Uniti. Le imprese dei paesi maturi debbono fare di tutto per mantenere la propria leadership. La preoccupazione americana è evitare che le tecnologie vengano facilmente catturate attraverso investimenti, acquisizioni o “furti”. Infatti un ingrediente chiave della partita è il rafforzamento delle regole sulla protezione dei diritti di proprietà intellettuale e
APPROCCIO COOPERATIVO, PIÙ CHE MINACCE E DAZI, PER FERMARE LA GUERRA COMMERCIALE
le limitazioni degli investimenti cinesi in America in alcune attività a tecnologia avanzata.
La questione però non si limita alla concorrenza sulla frontiera tecnologica. Bensì all’utilizzo di queste tecnologie in campo militare. Per la nuova costituzione cinese, le tecnologie sviluppate dal settore privato devono essere condivise con i militari. E qui creare delle barriere tra America e Cina non è certo semplice. Soprattutto nel campo dell’intelligenza artificiale, la ricerca viene spesso sviluppata da gruppi diversi di scienziati su piattaforme di software comuni. In questi ambiti c’è già una forte interconnessione tra ricerca americana e cinese. Paradossalmente, la ricerca americana ha anch’essa bisogno di ricercatori e denaro cinese. Ma chiaramente molto diverso è l’uso che di questa ricerca viene fatto in un contesto di società aperta in America, rispetto ad un sistema fortemente centralizzato e guidato dallo Stato come in Cina. E qui non è semplice imporre delle barriere. Un conto è limitare esportazioni di hardware, compresi i microchips, ma che fare con gli algoritmi alla base del machine learning e già condivisi da ricercatori americani e cinesi?
Al di là della scarsa efficacia di misure protezioniste, l’occidente ha il problema più generale di che posizione avere rispetto al processo di sviluppo cinese. L’economista di Chica- go Raghuram Rajan ha sostenuto che sarebbe un grave errore per l’occidente cercare di limitare il naturale processo di transizione verso tecnologie avanzate cercando magari di tenere fuori la Cina da settori come la robotica o l’intelligenza artificiale. Rajan sostiene che è molto meglio avere un approccio cooperativo, migliorando il contesto delle regole, favorendo la trasformazione dell’impero di mezzo verso un comportamento da buon cittadino globale. Metterlo nell’angolo non farebbe altro che favorire l’uso della tecnologia a scopi militari ed una pericolosa escalation sulle armi. Se Rajan ha ragione, allora chiaramente l’ostilità di Trump verso il multilateralismo è folle. Solo con un’alleanza tra paesi occidentali si può pensare di favorire questa transizione cinese. Al G20 di Buenos Aires i partecipanti si sono accordati per una revisione radicale della WTO e delle regole multilaterali. Passaggio importante, perché evita che l’ostilità americana blocchi del tutto il sistema delle regole multilaterali (ad esempio mettendo il veto sulla nomina di nuovi giudici alla WTO). Bisognerà però assolutamente evitare che questa revisione finisca per minare il multilateralismo. Insomma se quella di Buenos Aires è una vera tregua, trovare le soluzioni per trasformarla in una pace duratura non sarà semplice.