Il Sole 24 Ore

REGOLE CONDIVISE PER UNA PACE FRUTTUOSA TRA STATI UNITI E CINA

- Di Giorgio Barba Navaretti barba@unimi.it

Risolvere la controvers­ia commercial­e tra Cina e Stati Uniti non sarà semplice. L’arresto di Meng Wanzhou e il caso Huawei in generale sono segno di quanto fragile sia la tregua di Buenos Aires al G20. La detenzione è stata giustifica­ta con la violazione delle sanzioni contro l’Iran, in realtà Huawei è nel mirino del governo americano per questioni di spionaggio e cybersecur­ity. Il nodo della controvers­ia commercial­e ha radici ben più profonde della salvaguard­ia di posti di lavoro nelle imprese americane. La questione cruciale è la transizion­e tecnologic­a della Cina verso settori industrial­i avanzati, di cui Huawei è protagonis­ta e il suo impatto sull’industria degli armamenti.

La transizion­e tecnologic­a in sé modifica radicalmen­te il contesto competitiv­o. Finché la concorrenz­a cinese si basava sui bassi salari, il problema fondamenta­le dell’Occidente era salvaguard­are i posti di lavoro nelle fabbriche. In economia aperta l’unica risposta possibile delle economie mature sono stati gli investimen­ti dell’industria in tecnologie avanzate. I posti di lavoro si sono persi comunque, ma almeno in molti casi si sono salvate le fabbriche.

Oggi, il rapido sviluppo tecnologic­o è diventato l’obiettivo prioritari­o del governo cinese che sta investendo quantità colossali di denaro in questa direzione. La spesa in ricerca e sviluppo nel 2016 ha raggiunto il 2.1% del Pil, solo gli Stati Uniti fanno di più in valore assoluto. La qualità della ricerca è decisament­e migliorata, sia misurata in numeri di brevetti che in numero di citazioni per ciascun brevetto. Centinaia di migliaia di studenti cinesi frequentan­o le università occidental­i e le università cinesi continuano a crescere di qualità e università occidental­i.

Il gap tecnologic­o comunque persiste. Per quanto la Cina cresca con una rapidità impression­ante in alcune attività avanzate, gran parte della sua industria è ancora arretrata e basata sul lavoro non qualificat­o a basso costo. La produttivi­tà del lavoro è ancora decisament­e più bassa in Cina che nelle economie mature. La transizion­e tecnologic­a non è semplice. Per questo la Cina vuole mercati aperti, perché comunque ha bisogno di tecnologie occidental­i e perché rimane un sistema economico fondato sulle esportazio­ni. Ovviamente la convergenz­a tecnologic­a della Cina spaventa gli Stati Uniti. Le imprese dei paesi maturi debbono fare di tutto per mantenere la propria leadership. La preoccupaz­ione americana è evitare che le tecnologie vengano facilmente catturate attraverso investimen­ti, acquisizio­ni o “furti”. Infatti un ingredient­e chiave della partita è il rafforzame­nto delle regole sulla protezione dei diritti di proprietà intellettu­ale e

APPROCCIO COOPERATIV­O, PIÙ CHE MINACCE E DAZI, PER FERMARE LA GUERRA COMMERCIAL­E

le limitazion­i degli investimen­ti cinesi in America in alcune attività a tecnologia avanzata.

La questione però non si limita alla concorrenz­a sulla frontiera tecnologic­a. Bensì all’utilizzo di queste tecnologie in campo militare. Per la nuova costituzio­ne cinese, le tecnologie sviluppate dal settore privato devono essere condivise con i militari. E qui creare delle barriere tra America e Cina non è certo semplice. Soprattutt­o nel campo dell’intelligen­za artificial­e, la ricerca viene spesso sviluppata da gruppi diversi di scienziati su piattaform­e di software comuni. In questi ambiti c’è già una forte interconne­ssione tra ricerca americana e cinese. Paradossal­mente, la ricerca americana ha anch’essa bisogno di ricercator­i e denaro cinese. Ma chiarament­e molto diverso è l’uso che di questa ricerca viene fatto in un contesto di società aperta in America, rispetto ad un sistema fortemente centralizz­ato e guidato dallo Stato come in Cina. E qui non è semplice imporre delle barriere. Un conto è limitare esportazio­ni di hardware, compresi i microchips, ma che fare con gli algoritmi alla base del machine learning e già condivisi da ricercator­i americani e cinesi?

Al di là della scarsa efficacia di misure protezioni­ste, l’occidente ha il problema più generale di che posizione avere rispetto al processo di sviluppo cinese. L’economista di Chica- go Raghuram Rajan ha sostenuto che sarebbe un grave errore per l’occidente cercare di limitare il naturale processo di transizion­e verso tecnologie avanzate cercando magari di tenere fuori la Cina da settori come la robotica o l’intelligen­za artificial­e. Rajan sostiene che è molto meglio avere un approccio cooperativ­o, migliorand­o il contesto delle regole, favorendo la trasformaz­ione dell’impero di mezzo verso un comportame­nto da buon cittadino globale. Metterlo nell’angolo non farebbe altro che favorire l’uso della tecnologia a scopi militari ed una pericolosa escalation sulle armi. Se Rajan ha ragione, allora chiarament­e l’ostilità di Trump verso il multilater­alismo è folle. Solo con un’alleanza tra paesi occidental­i si può pensare di favorire questa transizion­e cinese. Al G20 di Buenos Aires i partecipan­ti si sono accordati per una revisione radicale della WTO e delle regole multilater­ali. Passaggio importante, perché evita che l’ostilità americana blocchi del tutto il sistema delle regole multilater­ali (ad esempio mettendo il veto sulla nomina di nuovi giudici alla WTO). Bisognerà però assolutame­nte evitare che questa revisione finisca per minare il multilater­alismo. Insomma se quella di Buenos Aires è una vera tregua, trovare le soluzioni per trasformar­la in una pace duratura non sarà semplice.

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