Il confine che blocca tutto
A far deragliare i negoziati ancora una volta la garanzia per evitare un hard border
È la questione che fa deragliare i negoziati su Brexit ogni volta che sembrano in dirittura di arrivo, un triplice nodo: storico, economico e politico. È il confine tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda o, per meglio dire, il cosiddetto “backstop”, la garanzia che - dopo il divorzio - lungo i 500 chilometri che separeranno Regno Unito e Ue non tornerà una frontiera fisica.
Il nodo è storico, perché quel confine evoca 30 anni di violenze tra cattolici e protestanti nell’isola, a cui misero fine gli accordi del Venerdì santo 1998; economico, perché la comune appartenenza al mercato unico europeo ha favorito il commercio transfrontaliero, stimato oggi in tre miliardi di euro all’anno; infine politico, perché - sebbene Ue e Gran Bretagna vogliano entrambe evitare un “hard border” - la soluzione rimane ostaggio di veti e calcoli dei partiti.
Un’intesa tecnica era stata trovata il mese scorso. Nel testo che avrebbe dovuto essere sottoposto ieri al Parlamento britannico si stabiliva che dopo Brexit e il periodo di transizione (fine 2020), in assenza di un accordo sulle future relazioni bilaterali, sarebbe appunto entrato in vigore il backstop, che stabilisce un’unione doganale tra Regno Unito e Ue riguardante solo le merci e ridotta all’essenziale e un allineamento regolamentare più marcato tra Irlanda del Nord e Ue su buona parte del mercato unico: Iva e accise per le merci, norme sanitarie per i controlli veterinari, norme per la produzione e commercializzazione dei prodotti agricoli e sugli aiuti di Stato.
Quest’accordo però ha incontrato una duplice opposizione politica. Innanzi tutto da parte degli unionisti nordirlandesi del Dup, stampella del governo conservatore di Theresa May, che non accettano che l’Irlanda del Nord abbia uno status diverso dal resto del Regno Unito, di fatto spaccandolo, come avverrebbe per esempio se fosse necessario controllare le merci in arrivo dalla Gran Bretagna all’isola. In secondo luogo da parte dei Brexiters duri e puri, che si oppongono all’idea che Londra sia vincolata a tempo indefinito ad alcune regole Ue, come avverrebbe restando nell’unione doganale.
Una soluzione all’impasse potrebbe essere l’introduzione di limiti temporali al backstop, ma non è detto che stia bene alla Ue. L’Irlanda intanto si prepara al peggio e accelera il reclutamento di un migliaio di doganieri e ispettori veterinari da assumere in porti e aeroporti.