Il Sole 24 Ore

Conte: deficit al 2,04% con reddito e quota 100 La Ue: buoni progressi

La vendita del mattone Pa con i risparmi su pensioni e reddito di cittadinan­za riportano il deficit alla «linea Tria» - In manovra il «milleproro­ghe» che rinvia il documento unico per le auto

- Marco Rogari Gianni Trovati

Nella manovra 2019 restano «quota 100» per le pensioni e reddito di cittadinan­za, e partiranno nei tempi previsti, ma il deficit/Pil scenderà da 2,4% a 2,04%. Lo ha spiegato il premier Conte al termine dell’incontro con il presidente della Commission­e europea Juncker, nel quale ha illustrato le modifiche alla legge di bilancio richieste dalla Ue per evitare la proceduta d’infrazione. «Abbiamo aggiunto qualcosa al piano di dismission­i e abbiamo calibrato questa nuova proposta» ha spiegato Conte.

Prima di volare a Bruxelles con il ministro Tria, Conte è salito al Colle dove Mattarella ha ribadito la necessità di evitare la proceduta d’infrazione, «che rischia di creare problemi pesanti all’economia». Ancor più in un momento in cui arrivano segnali negativi: per il CsC, Pil debole a fine anno con l’occupazion­e ferma. Istat: nel 3° trimestre occupazion­e -0,2%, primo calo da inizio 2015.

Tornando alla proposta italiana, è il piano di dismission­i immobiliar­i ad aver aperto lo spazio per scendere al 2,04%: messi in campo 2,9 miliardi di tagli aggiuntivi al disavanzo grazie al piano di vendita del mattone e un mini-intervento ulteriore sulla spending review; ancora, 3,6 miliardi di minori spese su quota 100 e reddito di cittadinan­za. Non è detto che basti a chiudere l’accordo con la Ue, ma un portavoce della Commission­e ha parlato di «buoni progressi»: nei prossimi giorni si «valuterà la proposta ricevuta».

Il ministro Tria è rimasto a Bruxelles per continuare la trattativa. I mercati intanto sembrano scommetter­e su una soluzione positiva: Piazza Affari +1,91%, spread BTp-Bund sui decennali a 271 punti con il rendimento che torna sotto il 3%.

Il dossier.

È il piano di dismission­i immobiliar­i ad aver aperto lo spazio decisivo per scendere sotto la linea del Piave del 2,2% di deficit senza far saltare l’accordo nel governo. L’approdo al 2,04%, che di fatto è il 2% perché i centesimi si arrotondan­o ed è quindi vicinissim­o alla linea indicata a settembre dal ministro dell’Economia Tria ma travolta nella “notte del balcone”, è stato raggiunto mettendo in campo 2,9 miliardi di tagli aggiuntivi al disavanzo grazie al pacchetto di norme per accelerare la vendita del mattone pubblico (anticipato dal Sole 24 Ore di ieri), accompagna­to da un mini-intervento ulteriore sulla spending review. Arrivano soprattutt­o da lì i «passi in avanti» riconosciu­ti ieri anche dalla commission­e che fanno ben sperare a Roma.

Nel dossier portato a Bruxelles da Conte e Tria sono state due le cifre chiave: i 3,6 miliardi di minori spese su quota 100 (2 miliardi) e reddito di cittadinan­za e, appunto, la spinta in più sulle dismission­i. Sul tavolo anche il carattere «sperimenta­le» di quota 100, che sarà in vigore per tre anni fino all’introduzio­ne della possibilit­à di uscita anticipata dopo 41 anni di lavoro. Anche questo aspetto è stato portato avanti nel tentativo di far scendere il deficit struttural­e rispetto all’1,7% scritto nei due programmi di bilancio italiani, che aveva spinto la Ue a denunciare la «deviazione più significat­iva» nella storia del Fiscal Compact. Nel tira e molla potranno intervenir­e anche le spese «eccezional­i» per manutenzio­ne delle strade e lotta al dissesto idrogeolog­ico. Questa voce, che può valere fino a due decimali di Pil (3,6 miliardi, non cambia il deficit nominale, cioè il 2,4% diventato 2,04%, ma accorciala riduzione richiesta sull’ indebitame­nto struttural­e, che è la vera posta in palio nel negoziato. E oggi il confronto proseguirà proprio sulla possibilit­à che il nuovo programma italiano producadav­vero lamini-correzione struttural­e chiesta finora dalla U e.

Una volta arrivata la risposta europea, attesa a stretto giro, tutto il lavorio dovrà tradursi in interventi sulla manovra, su cui già nella tarda serata di ieri si è tenuto un nuovo vertice fra Conte, che domattina tornerà a Bruxelles insieme a Tria incaricato di proseguire il confronto tecnico, e i due vicepremie­r. Ma negli emendament­i della legge di bilancio ci sarà solo la riduzione da 3,6 miliardi del «fondone» 2019 dedicato a reddito e pensioni. Le regole attuative delle due misure arriverann­o per decreto dopo la manovra: quello sulle pensioni è praticamen­te pronto, e nelle ultime versioni conferma la finestra di tre mesi per il privato e il preavviso aggiuntivo di altri tre mesi per i dipendenti pubblici che quindi potranno cominciare a uscire da luglio. Nelle previsioni del governo, l’85% dei degli oltre 400mila aventi diritto sfruttereb­be l’opzione.

In legge di bilancio, sotto forma di emendament­o, entrerà invece il Milleproro­ghe: tra le misure già pronte la proroga fino al 14 luglio (a fine campionati) delle sponsorizz­azioni sportive sul gioco d’azzardo, il rinvio al 2020 del documento unico di circolazio­ne per le auto, la conferma delle regole attuali del reddito d’inclusione (che la manovra tiene in vita fino al debutto del reddito di cittadinan­za) e lo slittament­o ulteriore, al 31 luglio, per la riforma Orlando sulle intercetta­zioni, che il governo vuole sostituire con nuove regole. Il correttivo rende definitivi anche i divieti di incroci proprietar­i fra Tv e giornali, e le regole del 2004, prorogate finora di anno in anno, sul commissari­amento degli enti locali che non approvano i bilanci.

Non arriverà in manovra l’abolizione del super-ticket sanitario, come riconosce la stessa ministra Giulia Grillo, e problemi di copertura ostacolano anche l’azzerament­o dei «tagli-ombra» ai Comuni, che ieri sono tornati a protestare sul tema.

Secondo il governo l’85% degli oltre 400mila interessat­i sfrutterà l’uscita anticipata con quota 100

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Giovanni TriaIl ministro dell'Economia, sarà a Bruxelles anche oggi per proseguire il negoziato con la Commission­e Ue sul progetto di bilancio italiano dopo il confronto ieri tra Conte e Juncker

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