Altolà di Fca: con l’ecotassa gli investimenti in Italia sono a rischio
L’azienda è pronta a rivedere il Piano da 5 miliardi se il provvedimento passerà Il gruppo non parteciperà al Consiglio comunale aperto convocato oggi a Torino
Fca boccia l’ecotassa. La “stroncatura” dell’idea del Governo di tassare i veicoli più inquinanti per incentivare, con le risorse raccolte, circa 340 milioni di euro, l’acquisto di veicoli ecologici, arriva per lettera. La lettera che ieri Pietro Gorlier, responsabile delle attività europee di Fca, ha scritto al presidente del Consiglio regionale del Piemonte Nino Boeti. «Negli ultimi giorni - scrive Gorlier - lo scenario è stato significativamente modificato da interventi sul mercato dell’auto in discussione all’interno della legge di Bilancio (l’ecotassa, ndr) che a nostro avviso alterano l’intero quadro d’azione all’interno del quale il piano per l’Italia era stato delineato».
Sul piatto ci sono 5 miliardi di euro, quelli contenuti nel Piano triennale di investimenti per l’Italia presentato da Fca meno di due settimane fa. «Un piano industriale basato sulle più aggiornate previsioni di mercato e sull’attuale impianto normativo e regolatorio del settore», continua la lettera di Gorlier, che ricorda come il documento preveda «per il periodo 20192021 investimenti pari a 5 miliardi di euro per il lancio di 13 nuovi modelli o restyling di modelli esistenti, nonché nuove motorizzazioni con impiego diffuso di tecnologia ibrida ed elettrica». Proprio ieri Jeff Hines, massimo responsabile di Jeep per l’area Emea (Europa, Medio Oriente e Africa), intervistato dal Sole 24 Ore ha confermato che Fca ha scelto lo stabilimento italiano di Melfi per assemblare le versioni ibride plug-in della Jeep Renegade e Compass, i modelli che daranno il via alla (tardiva) svolta green del gruppo Fca. Ecotassa permettendo. «Il sistema di bonus-malus inciderà significativamente sulla dinamica del mercato, in una fase di transizione del settore estremamente delicata, modificando le assunzioni alla base del nostro piano industriale», continua la lettera di Gorlier. Poi, l’affondo finale: «Se tale intervento fosse confermato, fin dal 2019 si renderà necessario un esame approfondito dell’impatto della manovra e un relativo aggiornamento del Piano».
La mossa di Fca delinea un inedito asse tra azienda e sindacati, dal momento che conferma la previsione fatta venerdì dal segretario della Fim Marco Bentivogli: «Se passa l’ecotassa - aveva detto a caldo il sindacalista - il Piano Fca rischia di diventare carta straccia». Una realtà ora messa nero su bianco dalla stessa azienda.
La posizione di Fca potrebbe però nascondere una mossa strategica, per contrastare un provvedimento che, almeno sulla carta, penalizzerà Fca più dei diretti concorrenti. I modelli Fiat e Jeep, oltre a essere nella Top10 dei più venduti in Italia, sono anche in testa alla classifica dei modelli più penalizzati dall’ecotassa (il cui importo è proporzionale ai livelli di C02 emessi, misurati in g/km). Nello stesso tempo, Fca non è pronta, nel breve periodo, né sul fronte delle elettriche né su quello delle ibride plug-in.
Le prime reazioni del Governo cercano la sintesi. «Troveremo una soluzione: sono convinto che possiamo fare bene nella lotta all’inquinamento, negli incentivi all’auto elettrica, ibrida e a metano, senza danneggiare o provocare shock nei piani industriali delle aziende», si è affrettato a dichiarare il vicepremier Luigi Di Maio.
Nella lettera inviata a Boeti, Fca ha comunicato anche che non parteciperà al Consiglio regionale e comunale aperto, sul settore auto, convocato per oggi a Torino. «Decideremo se mantenere l’appuntamento», ha detto ieri sera Boeti prendendo atto della posizione di Fca. Posizione che, in questo caso, ha riallontanato l’azienda dai sindacati. «Fca usa in modo pretestuoso la vicenda dell’ecotassa per evitare un confronto pubblico e con le istituzioni - ha dichiarato Edi Lazzi, segretario generale della Fiom Torino -. Fca decide di tenere in ostaggio Torino per polemizzare con il Governo. Ribadiamo continua Lazzi - che servono per Torino maggiori investimenti e più modelli: la sola 500 elettrica non sarà sufficiente a garantire la piena occupazione. Si sta sprecando un’opportunità di confronto che poteva essere utile a trovare le giuste soluzioni». Soluzioni che per ora - tra tensioni politiche, manovre aziendali e ritardi industriali - non ci sono.