Città intelligenti come una grande tv Il brand reinventa la pubblicità
Digital out of home. Maxischermi, totem interattivi, postazioni led: lo smartphone si connette in tempo reale ai maxi monitor di piazze, aeroporti e stazioni, diventando il telecomando di un consumatore connesso
È il Dooh, il digital out of home. Maxischermi, totem interattivi, postazioni led: lo smartphone si connette in tempo reale ai maxi monitor di piazze, aeroporti e stazioni, diventando il telecomando di un consumatore connesso. Il Dooh racconta la rivoluzione degli schermi nelle città smart e porta avanti azioni di marketing connesse e interattive, dall’efficacia misurabile e studiate per sorprendere.
Ho visto cose che voi umani non potreste neanche immaginarvi: suonano profetiche le parole dell’androide Roy Batty nella pellicola Blade Runner uscita nel 1982. Uno scenario che prefigurava la città californiana di Los Angeles proprio nell’anno 2019. In quel capolavoro di fantascienza Ridley Scott metteva in scena enormi cartelloni pubblicitari in movimento. Pochi mesi fa in Inghilterra il sequel del film è stato salutato con una campagna che ha tappezzato i maxischermi digitali londinesi. Un investimento senza precedenti che ha spinto il quotidiano britannico Independent a scrivere come il vero spettacolo sia da vivere in città, non solo al cinema.
Potenza del “DOOH”, ovvero Digital Out Of Home, acronimo che esplicitato racconta la rivoluzione degli schermi nella città smart. Il tempo che farà, il noleggio di una bike, la promozione nel punto vendita in una logica di instant-commerce. E ancora giochi, acquisti, interazioni per campagne emozionali, coinvolgenti, efficaci nel linguaggio, ma immersive e iconiche nell’impianto multimediale. Azioni di marketing sempre più connesse e interattive. E quindi misurabili come efficacia perché declinate sulle scelte d'acquisto del consumatore connesso. Campagne studiate per sorprendere, con un infotainment che diverte risultando utile.
Oggi il brand parla attraverso ciò che l’utente vede intorno a sé. In città, nel centro commerciale, in aeroporto, in autostrada. La rivoluzione DOOH la si vede nei maxischermi, nei totem interattivi, nei billboard luminosi. In questo modo si orientano gli acquisti con una profilazione mirata e un palinsesto dedicato. Secondo gli analisti di Magna Global l’investimento mondiale dovrebbe passare nei prossimi tre anni dal 15% al 25% rispetto al budget del media mix di comunicazione pubblicitaria esterna. «Oggi contenuti e piattaforme consentono di creare nuovi formati di comunicazione e modelli di interazione in grado di anticipare le scelte dei consumatori. Si tratta di una nuova prospettiva che si esplicita in creatività, flessibilità, misurabilità. D’altronde queste campagne nascono in mezzo alle persone e hanno una forte leva di engagement», racconta Carlo Giacobbe, Direttore Commerciale di Clear Channel Italia, media company che attualmente gestisce oltre diecimila spazi di arredo urbano e 1.500 schermi digitali a Milano.
Smartphone come telecomando
Dai maxischermi agli schermi miniaturizzati degli smartphone. L’alleanza strategica di fatto è con il mobile: secondo una ricerca dell’agenzia inglese Campaign le percentuali di azione sul proprio device aumentano fino al 15% se sostenute da messaggi veicolati attraverso campagne DOOH. Così una strategia integrata in prossimità di cartelloni pubblicitari offre agli inserzionisti la possibilità di amplificare l’efficacia. «Oggi l’impiantistica digitale è diversificata specifica Giacobbe -. Si va dai monitor di due metri quadrati fino a quelli di sei metri per nove con soluzioni di impatto visivo. Questi mezzi offrono una comunicazione di servizio che va oltre la pubblicità di marca. Gli schermi consentono lo scambio di informazioni sulla qualità dell'aria, per esempio. E il dialogo dal centro città si sposta anche negli schermi degli ambienti periferici». La chiave è la sincronizzazione della navigazione con gli schermi attraverso la geolocalizzazione. «Di fatto gli impianti sono come delle antenne che restituiscono messaggi personalizzati», conclude Giacobbe. Così il telefonino diventa un telecomando su misura.
I dati che orientano i brand
Cartelloni pubblicitari digitali e interattivi. Ma la sfida dell’attenzione passa necessariamente da una profilazione mirata e da una omnicanalità fondamentale. «Analizziamo la frequenza di passaggio davanti agli schermi, proponendo un cluster geo comportamentale: in questo mo dola pianificazione online del messaggio viene effettuata in base alle navigazioni di chi va fisicamente in un posto», afferma Andrea Campana, CEO di Beintoo, mobile data company fondata a Milano nel 2011 e impegnata a livello globale nel digital advertising, fatturato di 8 milioni di euro e una squadra di 25 professionisti con profili prevalentemente di data scientist. L’headquarter è a Milano, con uffici commerciali a Roma, Madrid, Londra. In questo modo si crea un ponte tra online e offline. Ma tutto ciò ci espone ad un tema di privacy complesso, esploso con introduzione del GDPR lo scorso maggio. «L’utente deve essere più consapevole che viene geolocalizzato. E poi c’è l’elemento dell'anonimato: il dato che viene tracciato è anonimo ed è cancellabile, inserito in report aggregati», precisa Campana.
Ma attenzione. Il vero rischio oggi è la sovraesposizione ai messaggi nella smart city connessa. D’altronde in media nel mondo ogni cittadino metropolitano viene esposto a cinquemila pubblicità al giorno. Una marea di stimoli visivi, uditivi, sensoriali che dal proprio schermo arrivano a connettersi con gli schermi di piazze, aeroporti, stazioni. Si parla di allarme “smombie”, con la nuova generazione degli zombie da smartphone. Scenari connessi nei quali oggi anche Roy Batty resterebbe di sasso.