Nel Milan di Elliott cordata dei soci vip
Il socio francese dovrebbe presentare oggi l’istanza per chiamare l’assemblea La «difesa» punta a dilazionare i tempi. Nuova sfida Erede-Chiomenti
I tifosi vip del Milan si stanno attrezzando per creare un nocciolo duro nel capitale della società e affiancare l’azionista di maggioranza, il fondo Elliott. Tra i soci, avvocati d’affari, banchieri, manager e imprenditori. Spiccano i nomi di Maurizio Tamagnini, Roberto Italia, Sergio Iasi, Marco Patuano
I cinque nomi dei consiglieri Telecom che Vivendi intende revocare sono decisi: il presidente Fulvio Conti, i presidenti dei comitati nomine e controllo-rischi, Alfredo Altavilla e Paola Giannotti, il lead independent director Dante Roscini e Massimo Ferrari. Al direttore generale di Salini si imputa di non essere indipendente per il supposto ruolo nell’aiutare Elliott a organizzare il ribaltone del cda che ha messo ifrancesi in minoranza. Per gli altri quattro amministratori la motivazione è legata alle posizioni ricoperte nella governance, con episodi e modalità che i francesi intendono contestare a riguardo della rimozione/sostituzione del precedente ad Amos Genish, delle riunioni tra i consiglieri indipendenti del solo schieramento Elliott e anche della procedura di impairment in corso d’esercizio.
I nomi dovrebbero essere calati oggi, insieme ai cinque candidati a subentrare. Vivendi di fatto si è vincolata - con l’atipico preannuncio delle sue mosse - a inoltrare la richiesta formale di convocazione dell’assemblea entro la fine di questa settimana con le modalità tracciate nel comunicato di martedì scorso, cui ha fatto seguito una lettera dello stesso tenore alla società. Lettera dove appunto si preannunciava, che in assenza di convocazione dei soci da parte del consiglio, il primo azionista avrebbe chiesto l’assemblea, ai sensi dell’articolo 2367 del codice civile, non solo per la nomina dei revisori, ma anche per «revocare cinque dei dieci membri del consiglio riconducibili alla lista Elliott, in particolar modo coloro che sono stati coinvolti nei problemi di governance, e proporre la nomina di cinque nuovi amministratori».
Nella lista Vivendi non ci sarà il nome del potenziale ad alternativo all’attuale in carica, Luigi Gubitosi, ma solo cinque candidati indipendenti di elevato standing, con prevalenza di italiani. A quanto risulta, la lista da proporre, a ieri sera, era ancora oggetto di affinamenti.
Dall’altra parte i consiglieri Elliott, che sono la maggioranza nel board, non sono rimasti con le mani in mano. In pista, a quanto risulta, è già sceso lo studio BonelliErede, storico consulente legale del fondo di Paul Singer, ma in questo caso già anche consulente Telecom. La linea sarebbe quella di dilazionare i tempi per arrivare all’assemblea di bilancio già convocata per l’11 aprile, quando sarà pronto anche il nuovo piano industriale di Gubitosi. Difficile che si tenga un cda prima di quello già fissato il 17 gennaio e scontato che, anche in presenza di richiesta formale dell’azionista, la maggioranza Elliott si farà forte dei pareri legali acquisiti per respingere l’anticipo rispetto ad aprile della nomina dei revisori . Resterebbero i due punti relativi alla revoca e nomina di amministratori che, in quanto parziale, richiederebbero per la convocazione un tempo minimo di 30 giorni. Il 26 febbraio è però in calendario il cda per l’approvazione del bilancio, argomento sul quale la “difesa” potrebbe far leva per posticipare l’assemblea e, con qualche cavillo, farla coincidere con quella di aprile. Il collegio sindacale potrebbe, ma non necessariamente, accogliere la richiesta del primo azionista e convocare l’assemblea al posto del consiglio, come aveva fatto con Elliott. La stessa Vivendi potrebbe rivolgersi al Tribunale per ottenerla.
Di fatto si apre uno scenario dove ancora una volta l’azienda finirà in mezzo a una contesa a carte bollate, che è la sostanziale fotocopia di quella già vissuta la scorsa primavera. Questa volta a parti inverse, con BonelliErede in difesa a sostegno della maggioranza consiliare espressa da Elliott e lo studio Chiomenti, in attacco, a fianco di Vivendi che cerca la rivincita. Analogie che si sono già riproposte, questa volta nella stessa direzione, con la messa sotto indagine del gruppo Bolloré, disposta mercoledì dagli inquirenti francesi, con la stessa accusa di corruzione internazionale in Africa per la quale il titolare Vincent Bolloré era stato messo in stato di fermo il giorno in cui si riuniva a Rozzano l’assemblea di bilancio Telecom con il collaterale della richiesta di revoca di sei amministratori Vivendi avanzata dal fondo attivista Usa e poi bloccata dal Tribunale di Milano.