Il Sole 24 Ore

Se la pensione non allunga la vita

Uno studio sugli anticipi in Austria misura come cambia il rischio mortalità

- —D.Col.

Un ritiro anticipato dal mercato del lavoro può aumentare il rischio di morte prematura. In particolar­e, per gli uomini il rischio cresce fino al 6,8% per ogni anno di anticipo, cosa che non accade per le lavoratric­i. Sono i risultati cui è giunto un ampio lavoro di ricerca realizzato da un poll di economisti guidato da Josef Zweimüller, professore dell’Economic Department dell’Università di Zurigo, e pubblicato in un working paper(n. 25124, ottobre 2018)per il National bureau of economic research (Nber).

Josef Zweimüller ieri ha illustrato a Roma i risultati della ricerca nell’ambito delle iniziative organizzat­e da Inps per la chiusura delle celebrazio­ni dei 120 dalla fondazione dell’Istituto. «Abbiamo analizzato i dati amministra­tivi molto precisi sulla mortalità di lavoratori che hanno lasciato il posto fino a tre anni prima dell’età normale di pensioname­nto grazie a un’indennità-ponte contro la disoccupaz­ione – ha spiegato Zweimüller al Sole24Ore – e le evidenze empiriche raccolte dimostrano una significat­iva riduzione dell’età di decesso tra gli uomini. Ogni anno di anticipo aumenta dell’1,85% la probabilit­à di morire prima dei 73 anni».

La materia è controvers­a. Recenti studi sull’invecchiam­ento attivo condotti in Olanda, Svezia, Norvegia e negli Stati Uniti hanno indagato il rapporto tra pensioname­nto e mutamenti delle condizioni di salute, psicologic­he e motivazion­ali di lavoratori e lavoratric­i, ma i risultati finali non sono univoci. La solidità della ricerca condotta dal team di Zweimüller sta nel fatto che misura una correlazio­ne sulla base di dati amministra­tivi raccolti e confrontat­i in regioni diverse dell’Austria, in alcune delle quali tra il 1988 e il 1993 è stata introdotta in via sperimenta­le un’assicurazi­one contro la disoccupaz­ione che consentiva un’uscita anticipata verso la pensione. I dati riguardano due campioni di 310mila uomini e 144mila donne nati tra gli anni Venti e gli anni Quaranta del secolo scorso. «L’età di pensioname­nto effettivo per coloro che hanno utilizzato quell’assicurazi­one – spiega ancora Zweimüller – s’è ridotta da 65 a 60 anni per gli uomini e da 60 a 55 per le donne».

L’«attrazione fatale» verso il pensioname­nto anticipato è stata analizzata in quanto «indotta» da una nuova misura di policy che prima non c’era e che ha in qualche modo influito nei piani del lavoratori al netto dell’entrata o meno in disoccupaz­ione involontar­ia. L’effetto è peggiore, secondo le serie amministra­tive illustrate, per le “tute blu” e i lavoratori coinvolti in attività di bassa manovalanz­a rispetto agli impiegati. «Abbiamo verificato – dice Zweimüller – che con l’uscita dal mercato del lavoro cambiano gli stili di vita, gli uomini diventano più sedentari e scontano un peggiorame­nto di umore per la perdita del lavoro, cosa che accade molto meno per le donne, sempre impegnate in lavori domestici o nella cura dei familiari». La riduzione di reddito dovuta alla perdita del salario è un’altra delle variabili considerat­e, ma il suo effetto è risultato trascurabi­le.

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