IL PREZZO (DIVERSO) CHE DI MAIO E SALVINI PAGANO AL TESTACODA SU UE E MERCATI
La dichiarazione congiunta di Salvini e Di Maio che in mattinata danno «piena fiducia» al premier nel negoziare con l’Europa è la dimostrazione di quanta volontà ci sia nel fare l’accordo. Parole che hanno il senso di una benedizione politica, il segnale lanciato a Bruxelles del mandato pieno conferito a Conte dai due azionisti del Governo che finora sono stati proprio quelli che hanno frenato l’intesa. Non è chiaro se sia stato il premier a chiedere quella “copertura” sta di fatto che da quando c’è stata la retromarcia dei due vicepremier – certamente nei toni mentre sulle risorse il negoziato è ancora in corso – c’è stata una chiara inversione su spread e mercati. Ieri il differenziale sui Bund è sceso a 267 punti, ai minimi da settembre, e questo ha evitato alla Borsa anche il segno negativo secondo la lettura prevalente degli analisti. Ed è proprio l’effetto che l’intesa fa sui mercati, che è diventata un po’ la “prigione” di Salvini e Di Maio: tornare di nuovo indietro e allontanarsi da un accordo avrebbe solo la conseguenza di riaccendere le turbolenze finanziarie e questa volta forse in modo più virulento.
Il problema però è che questo effetto ormai non è chiaro solo agli esperti o agli analisti finanziari ma sembra sia entrato nella testa degli italiani che negli ultimi sondaggi si dichiarano, in maggioranza, a favore di un patto con Bruxelles e contro l’ipotesi di una procedura d'infrazione. Ieri il sondaggista Masia di Emg ha indicato nel 58% la parte di italiani favorevole all’intesa e due settimane fa pure Nando Pagnoncelli di Ipsos dava la maggioranza propensa alla “pace” con la Commissione. Insomma, alla fine di questa partita con l’Ue la retromarcia dei due vicepremier coincide con la prima smagliatura della propaganda populista. Se all’inizio di settembre l’Europa, i mercati e lo spread erano nemici virtuali creati dai poteri forti che il Governo del cambiamento era pronto a combattere e sconfiggere, oggi Salvini e Di Maio finiscono con l’andare contro loro stessi. E cominciano a logorare quello che è stato uno degli argomenti di maggior presa popolare: mettere la finanza e l’Europa contro o cittadini.
La delusione nella base dei 5 Stelle è infatti esplosa sui social e pure i fans del “Capitano” si sono sfogati contro di lui. Ma al vicepremier leghista va comunque meglio che a Di Maio visto che il suo elettorato - secondo Ipsos - è in larga parte favorevole all’intesa con la Ue (intorno al 53%). Un Nord più ricco, più attento ai risparmi investiti e dunque più pratico, è quello che più facilmente perdona il testacoda della propaganda di Salvini. Anzi, glielo chiede.