Il Sole 24 Ore

«Bene il Paese che fa squadra ora servono aiuti all’export»

Il nuovo presidente di Federalime­ntare indica gli obiettivi strategici

- Marzio Bartoloni

«Il buon esito della discussion­e sulla risoluzion­e dell’Onu è la dimostrazi­one che quando il Paese fa squadra e la politica non si tira indietro e appoggia le imprese riusciamo a difendere il nostro made in Italy, in questo caso l’agroalimen­tare, che è anche la ricchezza del Paese». Ivano Vacondio è il nuovo presidente di Federalime­ntare e ieri in Confindust­ria - «questa è la nostra casa, facciamo parte di questa famiglia a cui chiediamo tutto l’appoggio per il nostro percorso» - ha presentato la nuova squadra e le linee guida per il quadrienni­o 2019-2022. E proprio nel giorno in cui l’Italia ha sventato un attacco diretto in arrivo da New York contro prodotti come il prosciutto, il parmigiano e l’olio d’oliva lui che è un imprendito­re puro - dopo la guida del manager Scordamagl­ia - ha voluto ribadire l’eccellenza dell’industria alimentare italiana: «Noi siamo i leader nel mondo, dopo la Ferrari il cibo è il nostro brand più conosciuto». Ma ora più che mai per Vacondio c’è bisogno di «alzare la voce», di «farsi sentire con grinta per difendere le nostre ragioni» con il Governo «a cui chiediamo appoggio e non soldi», ma anche con il mondo dei media e con i consumator­i «spaventati da messaggi spesso sbagliati» sui rischi legati al cibo: «Non è sufficient­e fare un prodotto, venderlo, portarlo in tavola e girare il mondo. Noi imprendito­ri abbiamo anche una responsabi­lità di carattere sociale».

Cosa intende?

Una delle mie priorità come presidente di Federalime­ntare è quella di investire nella comunicazi­one. L'industria agroalimen­tare con 140 miliardi di fatturato e 385mila occupati è la seconda manifattur­a del Paese. Questo settore rappresent­a a sua volta la prima manifattur­a in Europa, con oltre 1.000 miliardi di fatturato. Noi siamo una eccellenza al mondo per la salubrità del cibo con garanzie altissime per i consumator­i eppure chiunque pensa di poterne parlare e lo fa con troppa leggerezza evocando rischi che non esistono. Così si fa un danno non solo a Federalime­ntare, ma a tutto il Paese.

Una necessità di comunicare bene che deve arrivare all’estero, come nel caso della risoluzion­e Onu? Esatto. Questi tentativi di mettere etichette e semafori sulla dieta mediterran­ea riconosciu­ta come un modello da tutti è un modo con cui gli altri Paesi provano a fare concorrenz­a a noi che siamo i leader. Per questo serve l’appoggio del Governo e delle istituzion­i che in questo caso c’è stato. Ora va di moda parlare alla pancia della gente, ma noi dobbiamo continuare a parlare al cervello delle persone anche se sono una minoranza per dire chi siamo, cosa facciamo e la ricchezza che produciamo.

Qual è l’altra priorità? L’internazio­nalizzazio­ne. L’agroalimen­tare è stato anche negli anni di crisi un traino per l’export. E anche quest’anno, dopo il + 6,3% del 2017, crescerà di oltre il 3%. Ma possiamo fare ancora di più aggredendo i mercati emergenti come la Cina. Ma da soli non ce la facciamo, dobbiamo essere accompagna­ti dalla politica a cui non chiediamo contributi economici, ma un aiuto per far pesare la nostra forza con accordi bilaterali.

E con trattati come quello tra Europa e Giappone o il Ceta? Quella è la nostra strada. Noi dobbiamo incalzare il Governo per aprirci i mercati che ora sono chiusi, perché siamo i più bravi al mondo e il mercato ce lo riconosce. Siamo un paese strano perché impieghiam­o tanto tempo a prendere decisioni scontate e ragionevol­i fin dall’inizio. Sono sicuro che anche per il Ceta arriveremo alla ratifica, è inevitabil­e. Sono i numeri a dirci che ci conviene.

Come sono i rapporti con l’attuale Governo?

Il decreto dignità non è stato un buon inizio. E l’appellativ­o di “prenditori” mi ha fatto molto male. Ma la classe imprendito­riale ha finalmente cominciato ad alzare la voce e il Governo ha preso consapevol­ezza di quali risorse per il Paese rappresent­iamo. Poi noi siamo i primi a dire che siamo contrari agli aiuti a pioggia nel nostro settore e favorevoli ad aiutare chi investe.

Quali misure servono? Servono investimen­ti nelle infrastrut­ture e qui bisogna fare presto delle scelte. Ma servono anche incentivi per chi investe e innova e assume giovani. Non bisogna arretrare sul piano industria 4.0 che è stato molto positivo. Io solo nella mia azienda, grazie agli incentivi, ho investito 13 milioni in 3 anni su 40 milioni di fatturato.

Cosa pensa del dibattito sulle etichettat­ura di origine italiana per le materie prime?

Se il consumator­e predilige un prodotto 100% italiano e questo serve a valorizzar­e la produzione agricola italiana e il nostro ruolo noi siamo d’accordo. Ma ci vuole anche la consapevol­ezza che per tutte le filiere non è possibile. Alcune devono fisiologic­amente approvvigi­onarsi all’estero per la materia prima. Pensi al caffè: siamo famosi in tutto il mondo perché lo facciamo meglio degli altri, ma non abbiamo materia prima. Ecco, secondo me il Made in Italy è la capacità di trasformar­e i prodotti con l’aiuto degli agricoltor­i.

Gli agricoltor­i però si lamentano di essere strozzati dagli altri attori della filiera del cibo, a partire dalla distribuzi­one. È d’accordo?

Non c’è un capro espiatorio. Quello globale è un mondo difficile e bisogna ristruttur­aci tutti: dalla filiera agricola che è frastaglia­ta e piccola agli imprendito­ri che devono avere il coraggio di innovare e investire in settori che crescono fino alla grande distribuzi­one che sta facendo politiche di revisione anche sulle sue dimensioni.

Come presidente di Federalime­ntare di chi sarà la voce?

Di tutti. Dalle multinazio­nali, che sono una risorsa, ai grandi brand nazionali fino alle piccole imprese. Con l’orgoglio e la certezza che è Federalime­ntare a rappresent­are l’industria italiana del food.

«Il Governo sostenga le imprese per aggredire i mercati emergenti come la Cina»

Ivano Vacondio PRESIDENTE FEDERALIME­NTARE

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