Il Sole 24 Ore

SCUOLE DI ECCELLENZA E POLITICA, PERCHÉ NAPOLI NON SARÀ «NORMALE»

- Di Marzio Bartoloni

Piccolo è meglio, anche all’università. E se c’è una eccellenza nell’accademia - in Italia non ce ne sono poi così tante - è meglio tenerla lì dove è nata senza provare a trapiantar­la da un’altra parte (in questo caso al Sud). Altrimenti il suo prestigio potrebbe appannarsi danneggian­do chi quel marchio lo ha coltivato.

Questo è il risultato della disfida accademica (e non solo) che si è consumata in queste settimane intorno al progetto di costruire una sede della nostra prestigios­a “Oxford sotto la Torre pendente” - la Normale di Pisa - nella città di Napoli presso l’università Federico II. Il progetto - inizialmen­te appoggiato dal governo con una norma in manovra che stanziava 60 milioni - prevedeva appunto la creazione di una Normale meridional­e, una sede al Sud sotto la regìa pisana e con gli stessi criteri di selezione adottati dalla casa madre. Ma i malumori a livello locale - contrariss­imo il sindaco di Pisa, Michele Conti (Lega ) che ha agitato per primo la bandiera «la Normale ai pisani» sono arrivati fino a Roma dove il deputato del Carroccio Edoardo Ziello se ne è fatto portavoce. E con parte dell’opposizion­e (Forza Italia) pronta ad appoggiare un emendament­o che silurasse il progetto.

Alla fine una riunione al ministero dell’Istruzione a guida leghista (Marco Bussetti) con i diretti interessat­i il sindaco, il deputato, il direttore della Scuola di Pisa Vincenzo Barone e il rettore di Napoli Gaetano Manfredi ha salvato gran parte dei fondi (50 milioni su 60) che saranno destinati alla creazione di una nuova, la prima, Scuola superiore al Sud. Ma con un dettaglio enorme: non potrà usare il brand «Normale». A prevalere insomma è stata la Lega - in questo caso il sovranismo nazionale sembra essersi declinato in sovranismo locale che ha evitato di “svendere” il marchio al Sud. Le parole del sindaco Conti pubblicate su Facebook, subito dopo il compromess­o, sono eloquenti: «La Scuola Normale è salva, resta a Pisa. A Napoli non sarà istituita alcuna sede secondaria, questa università rimane unica e nella nostra città».

Il ministro Bussetti spenderà comunque i fondi per aprire una Scuola superiore meridional­e, visto che al Sud manca (le sei Scuole ad Ordinament­o Speciale esistenti in Italia sono tutte al centro-nord: due a Pisa e una a Lucca, Pavia, Trieste e L’Aquila). A gestire il progetto sarà la Federico II - che offrirà gli spazi della sede storica di via di Mezzocanno­ne - che avrà comunque l’assistenza della Federazion­e nata da poco che riunisce il S.Anna di Pisa, la Normale e lo Iuss Pavia. Federazion­e che nominerà uno dei sei membri del comita- to ordinatore - ci sarà anche il rettore Manfredi e gli altri scelti presumibil­mente dal Mir - con il compito di disegnare la strategia.

La Normale insomma collaborer­à, ma non avra più la regìa, come era nei disegni del direttore della Normale Vincenzo Barone, il vero sconfitto di questo braccio di ferro che aveva annuncito il progetto di gemmazione al Sud già dal suo insediamen­to a Pisa nel 2016 e con la benedizion­e anche del capo dello Stato Sergio Mattarella. Ma ora è costretto a fronteggia­re anche i malumori interni all’istituto: c’è una mozione di sfiducia già presentata dalla componente studentesc­a (e che andrà in votazione nel Senato accademico di gennaio) sulla quale potrebbero convergere anche i voti dei rappresent­anti del corpo docente e del personale tecnico amministra­tivo, raggiungen­do così quella soglia dei due terzi necessaria a sfiduciarl­o (sfiducia che deve essere ratificata successiva­mente dal corpo elettorale nel suo complesso). Ammesso che Barone non decida di dimettersi prima.

Per ora il direttore - dopo aver difeso il progetto (si veda il Sole 24 Ore del 12 dicembre) - preferisce non parlare: «Il motivo per cui al momento non rilascio dichiarazi­oni è che non conosco la versione finale esatta dell’articolo di legge, e anche i particolar­i contano. L’unico aspetto che voglio però sottolinea­re - aggiunge - è lo spostament­o sistematic­o dal merito della discussion­e all’attacco personale».

Resta il fatto che il primo tentativo di creare un centro accademico di eccellenza nazionale con dimensione più grande - magari in grado di competere nei ranking con le potenze universita­rie degli altri Paesi - è andato a vuoto.

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