Il Sole 24 Ore

Regno Unito al bivio tra voto anticipato e nuovo referendum

- Leonardo Maisano

Si fa presto a dire che Theresa May ha incassato «un’umiliante vittoria» (The Guardian) capace di ridurla ad anatra zoppa, impallinat­a, com’è stata, da decine di deputati conservato­ri, molti più del previsto. La realtà è diversa dall’apparenza: Theresa May è ora libera di gestire l’uscita dall’Unione senza la rivoltella alla tempia dei brexiters. Il debole sostegno dei deputati conservato­ri archivia per un anno la sfida alla sua leadership, le dà forza e tempo per portare a termine l’unica missione per la quale risiede a Downing street. Portarla a termine, però, non significa che l’unica via possibile per risolvere l’impasse della Brexit passi per il “sì” all’accordo da lei negoziato. In queste ore la signora premier cercherà di ottenere dall’Ue qualche correzione formale allo status commercial­e dell’Ulster. Si è già detto che potranno essere solo ritocchi estetici, seppure impacchett­ati col fiocco che Natale impone. Nulla di sostanzial­e per convincere decine di deputati Tory e gli unionisti nordirland­esi a sostenere un compromess­o, questo sì, impallinat­o. L’unica possibilit­à che il deal negoziato da Theresa May sia approvato ai Comuni transita per la spinta dei mercati: il crollo della sterlina potrebbe convincere molti backbenche­rs (i peones di Westminste­r) a turarsi il naso e approvare l’accordo. Se questo non dovesse accadere non si vede come il pollice verso della Camera possa tornare a guardare il cielo. Né si vede quale altra possibile intonazion­e di soft Brexit (la hard è archiviata alla luce del ruolo che il Parlamento s’è assegnato) possa trovare voti ai Comuni. Forse solo il cosiddetto modello norvegese rafforzato perché consente di superare la questione nordirland­ese. E anche questo appare improbabil­e.

Il Regno Unito è, dunque, a un bivio: nuovo referendum o elezioni anticipate. Tocca al Labour la prima mossa, chiedendo il voto di fiducia sul governo. Se, come è probabile, l’esecutivo dovesse sopravvive­re alla sfida, potrebbe essere lo stesso partito d’opposizion­e a proporre una seconda consultazi­one sull’adesione al progetto europeo. Theresa May liberata dalla minaccia dei brexiters dovrebbe giocare d’anticipo, annunciand­o lei stessa al Paese un nuovo referendum senza esporre il Paese al rischio di elezioni.

Sarebbe una mossa da statista, l’unica capace di dissolvere le nebbie di una Brexit impossibil­e. Margaret Thatcher disse di se stessa «the lady’s not for turning», Theresa May dovrebbe teorizzare l’opposto e avere la forza di fare l’ennesima marcia indietro. «Quando I fatti cambiano, cambiano le mie idee»...senza scomodare John Maynard Keynes, è evidente che la sua Brexit non passa a Westminste­r. Si tratta di prenderne atto e avere la forza di un ultimo ripensamen­to, offrendo al Paese una seconda chance.

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Brexit? Il leader laburista Jeremy Corbyn, ambiguo sul secondo referendum

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