Caso Huawei, nuova ritorsione cinese contro il Canada
Fermato a Pechino un imprenditore canadese impegnato in Nord Corea
La Cina alza il tiro delle ritorsioni contro il Canada per l’arresto di Meng Wanzhou, direttore finanziario ed erede al trono del colosso delle tlc Huawei, dietro richiesta degli Stati Uniti. Sono diventati due i cittadini canadesi fermati dalle autorità di Pechino, un ex diplomatico e il direttore di un centro di scambi culturali e di business con la Corea del Nord. Niente legami diretti con la saga di Huawei, ma nella comunità internazionale nessuno dubita che il giro di vite sia una rappresaglia nella delicata partita dei rapporti sinostatunitensi. Ufficialmente le autorità cinesi hanno spiegato gli arresti accusando i due canadesi di essere «impegnati in attività che mettevano in pericolo la sicurezza nazionale della Cina».
La vicenda resta aperta e incerta: Meng è stata scarcerata su cauzione dalla magistratura canadese ma rimane al centro di procedimenti di estradizione negli Usa con l’accusa di aver ingannato gruppi finanziari americani e internazionali allo scopo di condurre operazioni in violazione dell’embargo all’Iran. La top executive e figlia del fondatore di Huawei è stata arrestata a Vancouver. Non è chiaro se il presidente Donald Trump possa davvero “intervenire” come ha promesso qualora servisse a spianare la strada ai negoziati commerciali con la Cina: i suoi collaboratori l’hanno ammonito che in realtà non può far nulla.
Il fermo dei due canadesi ora alza ulteriormente la posta, aggravando il coinvolgimento del Canada in un triangolo ad alto rischio. L’imprenditore Michael Spavor, direttore del Paektu Cultural Exchange, è noto per aver incontrato Kim Jong-un. Nei giorni scorsi in stato di detenzione è finito anche Michael Kovrig, specialista - prima per Ottawa poi per il centro specializzato in situazioni di crisi International Crisis Group - di problematiche cinesi. Due giorni prima il ministero degli Esteri di Pechino aveva messo in chiaro che ci sarebbero state «severe conseguenze» per l’incarcerazione di Meng.
L’arresto dell’erede di Huawei e la spirale di ritorsione minaccia di creare concreti e seri ostacoli sulla strada di potenziale disgelo nella guerra fredda commerciale esplosa tra Pechino e Washington. Dopo i segnali di compromesso emersi in occasione del G20 in Argentina, Cina e Usa hanno riallacciato contatti via telefono che dovrebbero portare a nuovi incontri tra delegazioni a caccia di un accordo entro 90 giorni. Pechino ha intanto abbassato al 15% dazi di rappresaglia del 40% sulle auto statunitensi, indicato che riscriverà la politica industriale con maggiori apertura per aziende internazionali, e ha ripreso acquisti di beni agricoli Usa quali i semi di soia.