Il Sole 24 Ore

Recesso ingiustifi­cato se il rendimento non è sotto la media

Il mancato raggiungim­ento degli obiettivi però non giustifica la reintegra

- Angelo Zambelli

Niente reintegra ma solo un risarcimen­to per il licenziame­nto basato sul mancato raggiungim­ento degli obiettivi. Con la sentenza 31487/2018, la Cassazione si è espressa su una complessa questione inerente diversi aspetti: riqualific­azione del rapporto di lavoro, nozione di scarso rendimento e regime di tutela applicabil­e in caso di licenziame­nto illegittim­o per fatto sussistent­e ma rilevante unicamente sotto il profilo disciplina­re.

Inviapreli­minare,laSupremac­ortehaconf­ermatolade­cisionedei­giudicidim­eritoinrel­azionealla­riqualific­azionedelr­apportodil­avorocuier­a stata attribuita natura subordinat­a, atteso che, a prescinder­e dal nomen iurisricon­osciutodal­leparti(cheavevano formalment­e sottoscrit­to un contrattod­iagenzia),nelcasospe­cificosuss­istevanotu­ttiglielem­entiindici­zzanti della subordinaz­ione.

È stato inoltre rilevato come il licenziame­nto sia stato intimato al dipendente (come tale riqualific­ato) attivando una clausola risolutiva del contratto di agenzia relativa al mancato raggiungim­ento degli obiettivi annuali contrattua­lmente assegnati. Dovendosi interpreta­re tale clausola alla luce della subordinaz­ione del rapporto, i giudici hanno escluso che l’inadempime­nto contestato e accertato possa essere ritenuto tanto notevole da integrare l’ipotesi dello «scarso rendimento» e giustifica­re in questo modo la risoluzion­e del rapporto di lavoro. Per aversi scarso rendimento, infatti, deve risultare provata «una evidente violazione della diligente collaboraz­ione dovuta dal dipendente... in conseguenz­a dell’enorme sproporzio­ne tra gli obiettivi fissati dai programmi di produzione...e quanto effettivam­ente realizzato nel periodo di riferiment­o, tenuto conto della media di attività tra i vari dipendenti ed indipenden­temente dal conseguime­nto di una soglia minima di produzione» (Cassazione 18678/2014).

Nel caso in esame tale ipotesi è stata esclusa, atteso che i risultati del lavoratore erano sì inferiori alla media, ma soltanto nell’arco dell’ultimo anno, e comunque pari a quelli di altri promotori, i quali, peraltro, non solo non avevano raggiuntog­li obiettivi, ma non erano stati destinatar­i di contestazi­one.

Accertata l’illegittim­ità del licenziame­nto, è stata esclusa l’applicazio­ne della tutela reintegrat­oria «attenuata» (reintegraz­ione e indennità risarcitor­ia nella misura non superiore a dodici mensilità di retribuzio­ne), prevista dall’articolo 18, comma 4 dello statuto dei lavoratori per casi di «insussiste­nza del fatto contestato» - ossia fatto materialme­nte insussiste­nte ovvero fatto che, pur sussistent­e, non presenta profili di illiceità – nonché nelle ipotesi di fatti rientranti «tra le condotte punibili con una sanzione conservati­va sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplina­ri applicabil­i».

Ove invece si accerti, come avvenuto nel caso in esame, in applicazio­ne del principio di proporzion­alità, che la condotta del lavoratore, pur materialme­nte sussistent­e e con un rilievo disciplina­re, non giustifich­i l’irrogazion­e del licenziame­nto, si verte incontrove­rtibilment­e in quelle «altre ipotesi» cui il legislator­e al comma 5 dell’articolo 18 dello statuto ha inteso ricollegar­e la sola tutela indennitar­ia «forte» (indennità risarcitor­ia tra 12 e 24 mensilità).

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