L’aeroporto di Venezia? La segnaletica la «scrive» la macchina della verità
Il sogno di ogni società che commissiona un’indagine di mercato? La macchina della verità. Non il solito questionario, la call telefonica alla quale il cliente rischia di rispondere svogliato e senza troppa attenzione, ma uno strumento scientifico che ti aiuti a comprendere il gradimento di un prodotto, i comportamenti e, prima ancora, le esigenze di un utente. Che, prima di essere utente, è una persona in carne e ossa. Più o meno la ricerca che a fine ottobre è stata condotta all’Aeroporto Marco Polo di Venezia, primo scalo aereo italiano a svolgere un’analisi di esperienza psicofisiologica con lo scopo di verificare l’efficacia della segnaletica informativa. Come? Mescolando dati oggettivi a rilievi soggettivi. Da un lato le più o meno tradizionali interviste all’utenza, dall’altro 40 passeggeri che sono stati muniti di eye tracking glasses, occhiali che rilevano il movimento oculare, e stress bracelet, braccialetti che misurano il livello di stress. Il tutto per “registrare” ciò che ciascuno guardava, come percepiva le indicazioni di segnaletica e quali fossero i momenti più stressanti. «Tradizionalmente aziende o enti prendono decisioni e poi si preoccupano di verificare il gradimento da parte del pubblico, commissionando indagini. L’elemento innovativo del nostro modello di lavoro consiste nell’indagare prima intorno a quelle che sono le esigenze di chi fruisce di un determinato servizio o prodotto. Raccogliendo il più possibile dati di carattere scientifico. A partire da questa indagine si può costruire il servizio o il prodotto con chi se ne servirà». A parlare è Christian Carniato, fondatore e ceo di Tsw, società con quartier generale a Treviso che si occupa di posizionamento digital, 60 dipendenti per 9 milioni di fatturato.
È stata proprio Tsw a svolgere, per conto del gestore aeroportuale Save, l’indagine sul “Marco Polo”. Tsw come «The sixth w», ossia la sesta “w” che si unisce al celeberrimo chi, cosa, quando, dove e perché: “w” come “with”, “con”, preposizione semplice che indica un coinvolgimento complesso delle persone nei processi che portano alla nascita di un prodotto o servizio. «Persone, non clienti o utenti», sottolinea orgoglioso Carniato mentre spiega questo approccio che potremmo definire di marketing comportamentale o, in maniera ancora più suggessiva, umanistico. «Ed è una definizione che mi intriga molto - prosegue - perché quando parliamo di studio dei comportamenti da parte delle imprese, in molti casi, è come se fossimo in una specie di medioevo».
L’“umanesimo”, intanto, avanza e si i moltiplicano le aziende che sposano la filosofia di Tsw. Candy, per esempio, ha messo alla prova il forno interattivo da incasso Watch&Touch, quello con la famosa porta display Total Control Screen, attraverso utilizzi concreti che passavano anche per la preparazione di portate. «E quei test sono stati utili a rendere il prodotto ancora più in linea con le esigenze delle persone», racconta Carniato. Nexi, la paytech nata dall’esperienza di Icbpi e CartaSì, si è servita dei test di Tsw per migliorare la user experience di tutti i propri touchpoint, che sia web, app o pos. E poi c’è il rapporto con Sky: «Con loro - specifica il ceo siamo partiti dal sito per arrivare a progettare insieme l’offerta migliore per le persone. Non si tratta di “immaginare” in maniera astratta quale possa essere una soluzione da proporre sul mercato, ma di lavorare fianco a fianco con le persone. A oggi hanno condotto più di 20 test. Qualcosa di continuativo. Il vantaggio di partire dalle persone è arrivare sul mercato con un prodotto o un servizio costruito sulla base di esperienze concrete». Fondendo insieme elementi quantitativi e qualitativi. Con metodo scientifico. Un po’ come se uno avesse a disposizione una specie di macchina della verità.
A misura di test.
Un passeggero dell’aeroporto “Marco Polo” indossa gli «eye tracking glasses» che registrano i movimenti degli occhi