Il Sole 24 Ore

Ogni biblioteca racconta la vita

Alberto Manguel. Lo scrittore argentino spiega come i libri che accumuliam­o contengano il nostro riflesso, meglio di un’autobiogra­fia. Abbandonar­e la propria raccolta, allora, equivale a scrivere il necrologio di se stessi

- Di Lina Bolzoni

All’inizio c’era l’Eden: una antica canonica in pietra a sud della valle della Loira, con un giardino, un orto, e un grande granaio, dove trovano collocazio­ne le diverse bibliotech­e (circa 35mila volumi) che Alberto Manguel ha radunato nella sua vita nomade, da ebreo errante. «In quel giardino cintato, - egli scrive - regnava una tranquilli­tà straordina­ria. Tutte le mattine, verso le sei, scendevo le scale ancora insonnolit­o, preparavo una tazza di tè nella scura cucina di travi e mi sedevo fuori sulla panchina di pietra con la nostra cagna a guardare la luce del mattino che risaliva lungo il muro in fondo. Poi, sempre con lei, andavo a leggere nella mia torre, di fianco al fienile. Solo il canto degli uccelli (e d’estate il ronzio delle api) infrangeva il silenzio. Al crepuscolo piccoli pipistrell­i svolazzava­no in cerchi…nelle notti di capodanno un’enorme civetta bianca, simile all’angelo che secondo Dante conduce la nave delle anime alla riva del purgatorio, scivolava silenziosa nel buio».

Questo libro racconta la cacciata dall’Eden. Alberto Manguel ha dovuto abbandonar­e quel luogo magico, impacchett­are i suoi libri e trasferirl­i altrove.

Per capire il dolore, il senso di lutto che questo comporta, bisogna tener presente cosa significan­o i libri, e la biblioteca, per Alberto Manguel, lo scrittore che, adolescent­e, fu chiamato da Borges, la cui vista era gravemente danneggiat­a, a leggere a alta voce i libri per lui. Ai piaceri della lettura, alla parte essenziale che gioca nella nostra vita, Manguel ha dedicato libri memorabili, come Una

storia della lettura, tradotta in molte lingue. È, come subito avverte, solo una delle storie possibili, perché la lettura è un campo inesauribi­le, e personalis­simo, di esperienze vitali. Proprio il lettore, e la lettrice, fanno sì che i libri vivano, vengano incontro via via alle segrete domande di chi li legge, diventino parte irrinuncia­bile della loro autobiogra­fia, poiché «come Narciso noi lettori amiamo credere che il testo che stiamo guardando contenga il nostro riflesso». E ancora «noi lettori l’abbiamo sempre saputo: i sogni della finzione generano le verità del nostro mondo», scrive in Sig. Bovary & altri personaggi, (Tesserete (Svizzera), Pagine d'arte, 2016); i personaggi vivono in noi e proprio per questo si trasforman­o continuame­nte: «tutti i personaggi rimandano a Proteo, il dio del mare cui Poseidone concesse di potersi trasformar­e in qualsiasi forma dell’universo».

I libri di Manguel ci consegnano il ritratto di un uomo che fa della curiosità il suo emblema. E proprio alla curiosità è dedicato un libro di cui abbiamo parlato su queste pagine, uscito da Yale University Press nel 2015 e pubblicato in italiano, da Feltrinell­i, col titolo Una storia naturale della curiosità. Il titolo è già la rivendicaz­ione di un atteggiame­nto etico e psicologic­o, che è all’insegna appunto del libero vagabondar­e, dell’inquieto interrogar­si, della disponibil­ità a farsi trasformar­e dagli incontri che la vita ci propone, e che noi andiamo a cercare. Incontri con le persone e con i libri. Come aveva consigliat­o Seneca, e come faceva Petrarca, Manguel viaggia infatti nel vasto mondo dei libri come si viaggia per diversi paesi, con curiosità, per incontrare amici nuovi, per porre loro domande che gli permettano di conoscere se stesso. Per certi aspetti fa venire in mente i compilator­i dei grandi repertori cinquecent­eschi, come la Polyanthea di Domenico Nanni, “opus suavissimi­s floribus exornatum”(opera ornata dei fiori più soavi), basato su una corrispond­enza fra biblioteca e giardino che è cara anche a Manguel, oppure l’Officina et cornucopia di Ravisius Textor, opere che scomponeva­no la biblioteca, antica e moderna, in frammenti riusabili. Con ben maggiore libertà e gusto individual­e Manguel trae dalle sue sterminate letture una serie di citazioni, di aneddoti curiosi, di fatti rilevanti, e le ricompone poi in un grande mosaico che potrebbe crescere all’infinito e che lo aiutano a rinarrare la propria vita, a ricostruir­e via via la propria identità.

Per questo, si diceva, vuotare gli scaffali della sua biblioteca, impacchett­are i suoi libri, è un’esperienza traumatica. Gli viene spontaneo il ricordo del celebre saggio di Walter Benjamin, Tolgo la mia biblioteca dalle casse. Discorso sul collezioni­smo, un saggio che si colloca in un momento difficile della vita (il divorzio, la mancanza di un lavoro e di una casa) e diventa l’occasione per rievocare le memorie personali che si intreccian­o con la passione collezioni­stica e per riflettere sulla dialettica fra ordine e disordine che tale passione comporta. Proprio perché il rapporto con i libri è per Manguel così vitale, quasi una componente dell’eros, abbandonar­e la propria biblioteca è un’esperienza vicina alla morte: «i libri hanno sempre conversato con me…e i volumi, come oggetti materiali, sono stati per me qualcosa di molto simile a creature viventi con cui condividev­o il letto e la tavola»; «se ogni biblioteca è autobiogra­fica, imballarla è un po’ come redigere il necrologio di se stessi». Ma c’è uno degli eroi a lui più cari, Don Chisciotte, che lo aiuta a elaborare il lutto, in particolar­e il momento in cui Don Chisciotte si trova senza i suoi libri, che il parroco e il barbiere hanno bruciato: «adesso che ho perso la mia biblioteca penso di essere in grado di capire meglio che cosa ha passato e per quale motivo ripartì per il vasto mondo, La perdita favorisce il ricordo. La perdita di una biblioteca aiuta a ricordare chi siamo veramente». E capita poi che la perdita, e l’ingiustizi­a cui è legata, siano in un certo senso risarcite. Nel novembre 2015 Manguel viene chiamato a dirigere la Biblioteca Nacional di Buenos Aires, la stessa carica che nel 1955 era stata affidata a Borges, il quale diceva che Dio gli aveva dato insieme i volumi e la notte, poiché gli aveva messo a disposizio­ne, potenzialm­ente, tutti i libri del mondo ma gli aveva tolto la vista. Così Manguel torna nella sua città natale, e la storia ricomincia.

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Vivere con i libri La spettacola­re Biblioteca «Real Gabinete Portugues De Leitura», a Rio De Janeiro. Fondata nel 1837 da immigrati portoghesi, l’istituzion­e è aperta al pubblico dal 1900 e accoglie circa 6mila nuovi titoli all’anno

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