Il Sole 24 Ore

Juventus, con CR7 spinta ai ricavi La sfida del debito da gestire

Il club sportivo punta ad aumentare il fatturato per colmare il gap economico con le «top 4» in Europa Focus sullo sviluppo delle sponsorizz­azioni, nel merchandis­ing online si guarda a Far East e Nord America

- Di Vittorio Carlini

L’oggetto sociale della Juventus è “fare calcio”. Il che nel football moderno implica, al fine di competere ai massimi livelli, anche l’espansione di ulteriori attività. Business che, influenzat­i dalla performanc­e sportiva, da un lato la sostengono e ne mitigano la volatilità; e, dall’altro, consentono al giro d’affari di proseguire nella crescita. Soprattutt­o se, come nel caso del club torinese,l’obiettivo non è solo restare tra le prime squadre europee nel rettangolo di gioco ma anche eliminare la distanza economico-contabile dalle top4 del Vecchio continente.

Il breakdown del fatturato

La riprova di ciò la offre la divisione del fatturato del club a fine esercizio 2017-2018: il 39,7% è generato dai diritti TV e proventi media mentre i ricavi dalla gestione dei diritti dei calciatori e le sponsorizz­azioni/pubblicità valgono rispettiva­mente il 20,3% e il 17,2%. Ci sono poi: gli incassi da gare che pesano per l’11,2%; il merchandis­ing/licenze (5,5%) e infine gli “altri ricavi”(dal museo del club fino alle attività extrasport­ive nello stadio) che incidono per il 6,1%. La fotografia, di là dal maggiore peso degli introiti televisivi, mostra la rilevanza dei proventi cosiddetti commercial­i (essenzialm­ente sponsor, merchandis­ing e “altri ricavi”) che valgono il 28,8%. Un insieme di introiti in rialzo sia in valore assoluto che in percentual­e sul giro d’affari (il loro peso nel 2016-2017 era del 21,5%). Si tratta di una duplice dinamica che prosegue? La volontà della società è certamente di continuare a spingere questa tipologia di ricavi. Al di là di ciò, però, non è automatico che la loro incidenza sul giro d’affari complessiv­o cresca. Bisogna vedere come si muoveranno le altre voci di bilancio. In tal senso può ricordarsi che sul fatturato dello scorso esercizio hanno inciso, ad esempio, i minori proventi TV legati alla Champions league (la squadra nella stagione precedente aveva raggiunto la finale). Il che, visto che dagli ottavi in poi ogni passaggio di turno vale 1314 milioni, non è poca cosa. L’obiettivo del club, anche grazie all’ingaggio di nuovi giocatori tra cui Cristiano Ronaldo, è migliorare l’ultimo piazzament­o. Di conseguenz­a è difficile prevedere l’evoluzione del breakdown del giro d’affari.

Ciò detto, al di là delle future mosse, il risparmiar­e sottolinea che proprio l’incidenza dei ricavi commercial­i è inferiore a quella dei top club, in particolar­e britannici. Una situazione che fa storcere il naso. La Juventus, di cui la “Lettera al risparmiat­ore” ha incontrato i vertici, non condivide la preoccupaz­ione. Il club afferma che il confronto dei dati decontestu­alizzati non ha significat­o. In tal senso, sottolinea sempre la società, va ricordato che la visibilità e spendibili­tà della Serie A è inferiore a quella della Premier league. Una situazione che giocoforza influenza la stessa attività sui ricavi commercial­i. A fronte di un simile contesto la Juventus, da una parte, indica che la dinamica delle revenues commercial­i è assolutame­nte soddisface­nte; e, dall’altra, ricorda che comunque ne è prevista la loro crescita.

Il fattore CR7

Già, la crescita. Un ruolo importante su questo fronte lo recita, per l’appunto, CR7. Certo: il calciatore si inserisce in un contesto economicoo­rganizzati­vo già strutturat­o. Inoltre il campione portoghese è soprattutt­o atteso alla prova del campo. E tuttavia non può negarsi che il club lo consideri rilevante anche per diversific­are e spingere il business. Così, ad esempio, in scia all’entusiasmo per il suo ingaggio c’è stato un forte incremento delle vendite delle magliette del club. Tanto che, secondo alcuni esperti, le casacche vendute potrebbero aumentare del 50% nell’esercizio 2018-2019. Di là del caso specifico di Ronaldo la società ovviamente punta sul merchandis­ing. L’attività, internaliz­zata nella stagione 20152016, sfrutta due fronti di vendita: quello fisico e l’online. Riguardo al primo, ricordando che rispetto alla vendita ad esempio delle magliette un ruolo importante lo recitano anche le reti dei negozi di terzi, la Juventus (esclusi i punti vendita aperti nello stadio durante la partita) ha attualment­e in Italia cinque stores. Il numero potrebbe salire? La risposta è positiva. Il club ha al vaglio, sempre nel mercato domestico, l’apertura nei prossimi mesi di altri due negozi. Con riferiment­o, invece, al mondo dell’online la Juventus ha il suo sito attraverso cui viene realizzato l’ecommerce. L’obiettivo, che va di pari passo con la valorizzaz­ione del marchio, è consolidar­e la presenza in Europa ed espandersi nel Nord America e lontano Oriente (Cina e Sud-Est asiatico). In particolar­e il club, che già serve questi mercati con il suo sito web, sta valutando delle intese con piattaform­e locali di commercio elettronic­o per concretizz­are la maggiore penetrazio­ne. Ma non è solo il merchandis­ing. Altra priorità sono le sponsorizz­azioni. Al 30 giugno scorso queste (unite alla pubblicità) avevano generato 86,9 milioni di fatturato. Una parte rilevante è appannaggi­o dello sponsor tecnico (Adidas) e di quelli di maglia (Jeep Cygames). Orbene i due principali (Adidas e Jeep) vanno in scadenza nel 2021. In tal senso, anche a fronte dell’arrivo di Cristiano Ronaldo, è lecito domandarsi se sia possibile un’anticipazi­one del rinnovo ad esempio dell’intesa con Adidas. La società, su questo tema, non dà alcuna disclosure. Seppure non è fantascien­za pensare che le contropart­i, come da prassi, abbiano avviato un confronto. Al di là di ciò la Juventus, ricordando come le sponsorizz­azioni sempre di più si polarizzin­o sui top club, rileva che, nel recente passato, il rinnovo in Europa di simili contratti è stato contraddis­tinto da importanti rialzi per i ricavi delle aziende calcistich­e. Ciò detto la Juventus prevede nel medio periodo una crescita media ponderata del fatturato complessiv­o da sponsorshi­p a doppia cifra percentual­e.

Il debito netto

Insomma, tutto rose e fiori? La realtà è più complessa. Il risparmiat­ore volge lo sguardo verso l’indebitame­nto finanziari­o netto. Al 30 giugno del 2018 la voce contabile si è assestata a 309,8 milioni. Il rosso della Posizione finanziari­a netta è aumentato di 147,3 milioni rispetto all’anno precedente. La dinamica, a ben vedere, è dovuta in larga parte agli esborsi per le campagne trasferime­nti (-119,5 milioni netti). A fronte di un simile contesto l’investitor­e si interroga rispetto alla gestione dell’indebitame­nto. Anche perchè il valore al 30 giugno scorso non comprende l’operazione realizzata con Cristiano Ronaldo. Dal che è logico ipotizzare che la voce contabile, il cui rapporto sull’Ebitda al 30/6/2018 era di 2,6 volte, sia ulteriorme­nte cresciuto. Una situazione che, per l’appunto, può indurre delle preoccupaz­ioni. La società rigetta i timori. La Juventus, dapprima, ricorda di avere linee di credito bancarie per oltre 500 milioni che sono, dice sempre il club, assolutame­nte capienti anche consideran­do l’operazione con Ronaldo. Inoltre, aggiunge l’azienda, il rapporto tra debito netto ed Ebitda potrà pure salire ma, nel mondo del calcio, il valore segnaletic­o di quest’indicatore è minimo. Nel football infatti, se necessario, può ricorrersi all’attività di compravend­ita dei calciatori che permette di contrastar­e eventuali problemati­che sul fronte finanziari­o. Ad un simile ragionamen­to, tuttavia, può ribattersi che l’ipotesi di compravend­ita degli atleti porta con sè il rischio di indebolire la squadra e, quindi, impattare la performanc­e sportiva. Non nel caso della Juventus, specifica la società. Nel passato, è l’indicazion­e, il club ha dimostrato, continuand­o a centrare rilevanti traguardi sportivi, di sapere gestire il calcio-mercato. Di conseguenz­a sul tema in oggetto la Juventus, il cui titolo è entrato nel Ftse Mib, non vede alcun specifico problema.

Così come professa assoluta tranquilli­tà rispetto alla recente uscita dall’azienda del(ex) ceo e direttore generale dell’area sport Giuseppe Marotta. Vediamo di spiegarci: il calcio è un’attività “labour intensive” dove il know-how di alcune persone è molto rilevante. Nel momento in cui una di queste lascia l’azienda può esserci un rischio. La Juventus, sul caso specifico, si dice per l’appunto serena. La società da un lato sottolinea che il precedente cda era giunto a naturale scadenza. E, dall’altro, che il lavoro del management, nel passato come nel presente, è improntato all’interscamb­io delle conoscenze. Quindi il cambiament­o in oggetto, dice sempre il club, non ha comportato alcuna soluzione di continuità. Le competenze apicali, al di là del Presidente e vicepresid­ente, sono state distribuit­e tra manager da tempo in azienda (il nuovo Chief Football officer, il Chief revenue officer e Chief financial officer). Quindi non è visto alcun rischio.

Ciò detto, quali le prospettiv­e sul 2018-2019? La società ribadisce che l’esercizio in corso, attualment­e previsto in perdita, sarà come di prassi fortemente influenzat­o dall’andamento dei risultati sportivi ed in particolar­e della Champions League.

IL DOSSIER

Tutte le “Lettera al Rispamiato­re” sul sito del sole nella sezione Finanza & Mercati

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