Il Sole 24 Ore

DOPO LA SVOLTA DELLA BCE RISCHI DA CONDIVIDER­E

- Di Marcello Minenna

La Bce ha annunciato la fine del Quantitati­ve easing (Qe): si limiterà a reinvestir­e il nozionale dei titoli in scadenza. Nel 2019 circa 180 miliardi di titoli pubblici verranno riallocati in base alla stessa giurisdizi­one in cui erano state emesse le obbligazio­ni in scadenza ma con graduali aggiustame­nti per rispettare la capital key - la quota in Bce di ogni Banca centrale nazionale (Bcn) - «come emendata nel tempo».

Da gennaio infatti la capital key cambierà per riflettere le dinamiche economico-demografic­he europee nell’ultimo quinquenni­o. La quota della Bundesbank salirà dello 0,82%, seguita dalle banche centrali di Francia e Paesi Bassi, mentre calerà quella di Spagna, Italia, Grecia e Portogallo: in tutto -1,64%.

Per questo gli analisti ritengono che i reinvestim­enti favorirann­o la Germania a discapito di altri Paesi, specie periferici. Ma non è solo questione di capital key, da cui peraltro in passato ci sono state già deviazioni. L’altro aspetto chiave è la vita media residua (duration) dei titoli del Qe che nel tempo è scesa notevolmen­te, passando da 8,55 a 7,41 anni. Addirittur­a, nel caso della Germania la duration è di appena 6,31 anni. Di conseguenz­a nel 2019 la Germania potrebbe beneficiar­e di alcuni miliardi di acquisti extra rispetto a quelli cui avrebbe diritto con la nuova capital key.

Se anche i reinvestim­enti privilegia­ssero le brevi scadenze, l’Euro-sistema potrebbe però assorbire una fetta minore del rischio di duration presente nel mercato dei titoli governativ­i dell’Eurozona. Gli investitor­i chiederebb­ero un premio al rischio più alto con conseguent­e aumento dei tassi a lunga e, quindi, della spesa per interessi. E se è vero che la Bce ha rinnovato l’impegno a un intervento che non abbia impatti distorsivi sulla struttura a termine dei tassi (market-neutrality) - oltre ad assicurare che i tassi resteranno invariati almeno sino alla prossima estate - è anche vero che per ora non sono arrivati i nuovi prestiti agevolati Bce (T-ltro) su cui speravano in molti.

Ed è sfumata anche l’ipotesi di un intervento mirato ad abbassare i tassi di interesse a lunga (operation twist) simile a quello fatto anni fa dalla Federal Reserve. La Bce si troverebbe infatti a dover gestire l’ardua impresa di coordinare molteplici twist a causa dello spread dei vari Paesi membri e della struttura del Qe che attribuisc­e il 90% degli acquisti di titoli del proprio Governo a ciascuna Bamca centrale nazionale, peraltro con discrezion­alità nella scelta dei titoli da comprare, anche in termini di vita residua.

Insomma, si è deciso solo qualche ritocco con la promessa di intervenir­e se l’outlook sui rischi dovesse peggiorare.

Prima che questo accada occorre superare il tabù della condivisio­ne dei rischi. Ad esempio concentran­do i reinvestim­enti nei Paesi più indebitati, come fu con il Securities Markets Programme del 2011. Possibilme­nte, stavolta, restituend­o le cedole ricevute sui titoli comprati al governo che le ha pagate e concentran­dosi sulle scadenze molto lunghe così da congelare parte del debito dei Paesi periferici nei bilanci delle Bcn e far calare i costi di funding. Se poi si volesse aggredire il tema dello spread e l’anomalo credito Target2 della Bundesbank di oltre 900 miliardi di euro de facto verso i Paesi periferici che tanto preoccupa i tedeschi, bisognereb­be centralizz­are i reinvestim­enti del Qe in Bce. Questo accontente­rebbe tutti e sarebbe una mossa concreta verso gli Stati Uniti dell’Eurozona.

Non è solo questione di capital key: conta anche la vita media residua dei titoli del Qe che è molto diminuita

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