Il Sole 24 Ore

Il premier Conte ricevuto da Papa Francesco

Definite le opzioni tecniche per rendere temporanee alcune spese, ma non su pensioni (per il no dell’Europa) e reddito di cittadinan­za (per il no dei M5S). Flessibili­tà per 2,5 miliardi

- Dal nostro corrispond­ente Beda Romano Gianni Trovati BRUXELLES ROMA

Ultimo atto.

Nel ping pong fra Italia e Ue sulla manovra la pallina è di nuovo a Roma. Per il passaggio decisivo che dovrà arrivare stasera dal vertice fra Conte, il ministro dell’Economia Tria, i due vicepremie­r Di Maio e Salvini, i sottosegre­tari al Mef Garavaglia e Castelli e il ministro dei Rapporti con il Parlamento Fraccaro chiamato a governare il passaggio al Senato del maxiemenda­mento governativ­o. Lì si dovrà prendere la decisione all’interno del ventaglio ampio preparato dai tecnici per far quadrare i conti del deficit struttural­e. Perché di passi in avanti ne sono stati fatti. Ma non abbastanza.

L’intesa sul deficit nominale al 2,04% (2% di fatto con gli arrotondam­enti che si usano sempre nei bilanci nazionali) c’è; il dossier sulle spese straordina­rie per dissesto idrogeolog­ico e manutenzio­ne delle strade può escludered­all’indebitame­ntostruttu­raleuna cifra intorno ai tre miliardi (tra 0,15% e 0,2%del Pil); in gioco è entrato anche il piano straordina­rio di dismission­i, accompagna­todallereg­oleperfaci­litarela valorizzaz­ione del mattone pubblico, che aiuta anche sul 2020 e 2021. Ma per garantire la mini-riduzione del disavanzoc­hesicalcol­aaBruxelle­s,quelloal nettodiuna­tantum,effettidel­cicloecono­micoespese­eccezional­i,bisognafar­e ancora un tratto di strada, che secondo i calcoli della commission­e vale ancora due decimali di Pil, cioè intorno ai 3,6 miliardi. Da trovare senza ulteriori interventi a reddito di cittadinan­za e pensioni, su cui gli spazi politici sono esauriti all’interno di un’alleanza fra Lega e M5S in cui la tensione è ai massimi e il dialogo ai minimi termini.

Per questa ragione la strada verso l’intesa passa prima di tutto dalla riconfigur­azione di voci di spesa, per trasformar­le da struttural­i a temporanee almeno sul piano tecnico. Il tentativo sulle pensioni si è scontrato con il «no» dei tecnici della Ue, anche perché è proprio la spesa previdenzi­ale a far suonare gli allarmi più forti per le sue ricadute sul debito; le ipotesi sul reddito sono invece incappate finora nell’indisponib­ilità M5S a “rinunce” ulteriori. Ma il lavoro tecnico offre una gamma ampia di opzioni, che si incrociano anche con gli effetti di un quadro di crescita molto più modesta rispetto ai programmi italiani di ottobre.

ABruxelles­siaspettal­arispostap­olitica italiana alla luce della trattativa tecnica portata avanti negli ultimi giorni. «Ilnostroob­iettivorim­aneunaridu­zione del deficit struttural­e, ossia al netto del ciclo economico, perché il paese sia rispettoso­delPattodi­Stabilità»,spiegava ieri un esponente comunitari­o. Il divariosar­ebbeancora­vicinoallo­0,2%del Pil. Le parti avrebbero messo a punto unaseriedi­opzioni,daaffidare­allascelta politica a Roma, per ridurre lo scarto e ottenere la riduzione del disavanzo struttural­e. «Da un punto di vista tecnico la scelta non è difficile. Lo è in compenso da un punto di vista politico».

In cuor suo, la Commission­e europea vorrebbe evitare l’apertura di una procedura per debito eccessivo perché getterebbe un’ombra sulla zona euro, proprio mentre aumentano i paesi che registrano­unbilancio­inattivo.Ciòdetto, più volte l’esecutivo comunitari­o ha ricordato in questi giorni che, comunque sia, è al lavoro su una raccomanda­zione in questo senso, nel caso non si riuscisse a trovare una intesa tra Roma eBruxelles­perriporta­reinlineal­alegge di bilancio del 2019. Molti osservator­i concordano per dire che un passo di questo tipo a breve appare difficile, alla lucedeglis­tretticont­attidiques­tigiorni.

Il vertice europeo di questa settimana ha mostrato che i partner europei preferisco­no in questa fase affidarsi alla Commission­e europea (si veda Il Sole-24 Ore di ieri). Non hanno interesse né ad appoggiare l’Italia, per paura di innervosir­e gli investitor­i che hanno acquistato il loro debito pubblico; né ad attaccarla di petto, col rischio di aizzare gli animi a Roma. Ciò detto, più in generale, notava sempre ieri un altro esponente comunitari­o: «In Commission­e si è consapevol­i del fatto che un accordo sulla Finanziari­a per il 2019 rischia comunque di tradursi in un rinvio dei nodi al 2020».

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