Draghi: progetto europeo baluardo contro il fascino dei regimi illiberali
Il presidente Bce: «Mi sento orgoglioso di essere italiano» No al sovranismo monetario
«Nel mondo il fascino di ricette e regimi illiberali si diffonde: per questo il progetto europeo è ancora più importante». Lo ha detto Mario Draghi ieri alla Sant’Anna di Pisa. Il presidente della Bce, dopo essersi definito «orgoglioso di essere italiano», ha criticato la tesi dei «presunti vantaggi della sovranità monetaria». E ha ricordato che dal varo del sistema monetario europeo «la lira fu svalutata 7 volte, eppure la crescita della produttività fu inferiore a quella dell'euro a 12, la crescita del Pil pressappoco la stessa, il tasso di occupazione ristagnò. E l’inflazione toccò cumulativamente il 223% contro il 126%».
I 20 anni della moneta unica.
Dal nostro corrispondente «L’unione monetaria è stata un successo sotto molti punti di vista» ma «non in tutti paesi sono stati ottenuti i risultati che ci si attendeva, per le politiche nazionali e per l’incompletezza dell’unione monetaria». Guardando al futuro, per affrontare crisi cicliche, recessioni, shock asimmetrici servirà più di una protezione: la diversificazione del rischio attraverso il sistema finanziario privato (Unione bancaria e Mercato unico dei capitali), il sostegno anticiclico pubblico attraverso i bilanci nazionali (riforme strutturali e non più debito in Paesi già molto indebitati), la capacità fiscale del bilancio comunitario (meccanismi di stabilizzazione come il budget dell’area euro). Così il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi ha inquadrato ieri l’euro che compie venti anni il mese prossimo: perchè è nato, come è cresciuto e dove dovrà andare.
In un discorso tenuto alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, dove ha ricevuto un Phd Honoris Causa in economia, il numero uno della Bce ha detto che «sono soprattutto i paesi strutturalmente più deboli ad avere più bisogno dell’UEM con strumenti che diversifichino il rischio delle crisi e le contrastino».
Per far capire quanto importante è l’euro, Draghi ha ripercorso la storia dell’Europa dal dopoguerra, ricordando i motivi che hanno portato al mercato unico e poi alla moneta unica. Per prima la debolezza dell'economia europea. «Il tasso di crescita dei dodici paesi che hanno formato l’area dell’euro, dopo essersi attestato al 5,3% annuo dal 1960 al 1973, si abbassò al 2,2% all’anno dal 1973 al 1985». L’Europa si è dunque costruita un mercato unico «libero ma giusto»: ha attratto più investimenti dall’estero, ha potenziato crescita e commercio. La moneta unica invece ha «consentito a diversi paesi di recuperare sovranità monetaria rispetto al regime di parità fisse vigenti nello SME» in quanto «le decisioni rilevanti di politica monetaria erano allora prese in Germania, oggi sono condivise da tutti i paesi partecipanti». L’unione monetaria, «conseguenza necessaria del mercato unico», è divenuta per Draghi parte integrante del progetto politico di un’Europa unita nella libertà, nella pace, nella democrazia, nella prosperità mentre «nel resto del mondo il fascino di ricette e regimi illiberali si diffonde». In assenza di presidi adeguati (Unione bancaria, mercato unico dei capitali e meccanismi di stabilizzazione) singoli paesi dell’UEM possono essere esposti a dinamiche auto-avveranti nei mercati del debito sovrano, come la crisi del 20112012 dimostra.
Le scorciatoie domestiche non esistono. In quanto all’Italia, Draghi ha ammonito che in passato «il finanziamento monetario del debitopubblico non ha prodotto benefici nel lungo termine». «La crescita degli anni ’80 è stata presa in prestito con il debito lasciato sulle spalle alle generazioni future», ha rimarcato. La svalutazione della lira (sette volte dal 1979 al 1992) fece schizzare «a livelli insostenibili l’inflazione cumulata, ossia il 223% contro il 126% dell’area euro a 12», colpendo i più vulnerabili nella società. Le riforme strutturali restano la chiave per il successo, in futuro, dell’euro: riforme in Italia e anche in Europa.
FRANCOFORTE
La crescita degli anni ’80 è stata presa in prestito col debito lasciato alle generazioni future