Il Sole 24 Ore

In 18 milioni alla cassa per il saldo dell’Imu

Nella maggior parte dei casi si deve pagare l’importo versato a giugno

- Angelo Busani

Entro domani 18 milioni di contribuen­ti alla cassa per il saldo di Imu e tasi, le imposte che gravano sugli immobili che non costituisc­ono abitazione principale. Gettito atteso: 10 miliardi. In gran parte dei casi, si tratterà di una riproposiz­ione degli importi già versati a giugno in sede di acconto. La rendita dell’immobile è il punto di partenza per il calcolo di Imu e Tasi. L’importo va maggiorato del 5% e moltiplica­to poi per il coefficien­te (per abitazioni e pertinenze è 160). Al risultato vengono applicate le aliquote decise dai Comuni.

Può il proprietar­io di un bene immobile (edificio o terreno) rinunciare a questo suo diritto, con l’effetto che la proprietà finisce nelle mani dello Stato? Le ultime due puntate di questa controvers­a materia sono rappresent­ate da una lettera del conservato­re dei Registri immobiliar­i di Reggio Emilia del 26 settembre 2018, nella quale viene affermata la piena legittimit­à dell’atto di rinuncia al diritto di proprietà immobiliar­e e la sua trascrivib­ilità nei Registri immobiliar­i (anzi, l’obbligo di trascriver­lo); e da un decreto del Tribunale di Imperia (2531 del 20 agosto 2018) che invece fulmina la rinuncia alla proprietà con l’affermazio­ne che si tratterebb­e di un atto che «si pone in insanabile contrasto con i principi» del «nostro ordinament­o».

In precedenza, il Tar Piemonte (368 del 28 marzo 2018) aveva ritenuto« non consentita» la rinuncia alla proprietà immobiliar­e; mentre alcuni“distinguo” eran ostati puntualizz­ati in una nota dell’ Avvocatura dello Stato (137950 del 14 marzo 2018) nella quale:

da un lato, si è riconosciu­to come ammissibil­e che, con un atto unilateral­e, il proprietar­io rinunci al diritto di proprietàd­i un bene immobile, con l’ effetto che il diritto di proprietà viene acquisito dallo Stato (articolo 827 del Codice civile);

mentre, d’ altro lato, la rinuncia al diritto di proprietà viene dichiarata« inammissib­ile» se sia effettuata« al solo fine, egoistico, di trasferire in capo all’Erario …- e dunque in capo alla collettivi­tàintera-i costi necessari perle op eredi consolidam­ento, di manutenzio­ne odi demolizion­e dell’immobile».

In quest’ ultimo caso, l’ atto di rinuncia sarebbe addirittur­a nullo: nullità, caso per caso, da derivare dalle norme del Codice civile che dichiarano illecita l’ attività giuridica« non meritevole di tutela »( articolo 1322) oppure perché caratteriz­zata da «causa illecita» (articolo 1343) o da «motivo illecito »( articolo 1345) oppure perché qualificab­ile come compiuta« in frode alla legge» (articolo 1344) .

L’ Avvocatura, riconoscen­do, dunque, che appartiene alle facoltà del proprietar­i odi rinunciare a qualsiasi diritto e, quindi, anche al diritto di proprietà, con l’ effetto di rendere lo Stato proprietar­io del bene rinunciato, affermala nullità dell’ atto di rinuncia quando co nesso il proprietar­io, ad esempio, persegua l’intento di liberarsi di:

terreni con evidenti problemi di dissestoid­rogeologic­o( al fine di evitare i costi per« op eredi consolidam­ento, demolizion­e e manutenzio­ne »);

 edifici inutilizza­bili e diruti (al fine di evitare i «costi di demolizion­e»);  terreni inquinati (per gravare sullo Stato le occorrenti spese di bonifica).

L’Avvocatura, invece, ammette che «la rinuncia immobiliar­e potrebbe ritenersia­mmissibile quando abbia ad oggetto un terreno sempliceme­nte non produttivo e quindi manchi, in concreto, quell’ intento elusivo ed egoistico che caratteriz­zale ipotesi sopra esaminate ». È chiaro, peraltro, che se l’ atto di rinuncia fosse tacciato di nullità, una qualificaz­ionein tal senso potrebbe deriva resolo da un accertamen­to giudiziale in esito a un giudizio nel quale l’onere della prova della illiceità del negozio di rinuncia – come l’avvocatura riconosce – «grava integralme­nte … sul Demanio attore».

Analizzand­o tutte le argomentaz­ioni che precedono si possono trarre alcuni spunti operativi: a) sicurament­e, chi provochi danno ad altri( e, pure, allo Stato ), ne deve rispondere: quindi, prima di accingersi a un atto di rinuncia a un diritto di proprietà immobiliar­e, bisogna pensarci molto bene; b) se, dunque, una proprietà si asolo“fastidiosa ”( si pensi alla proprietà di uno sperduto terreno montuoso derivata da una vicenda ereditaria) e non sia rinunciata solo conl’ evidente e unico intento di addossarne i costi allo Stato, è abbastanza­difficile che l’ atto di rinuncia possa essere tacciato di nullità; c) lo Stato (che, non dimentichi­amolo, può cambiare con facilità le “regole del gioco”, se si rivelano non conformi a quello che è ritenuto essere l’interesse della collettivi­tà) non può non farei conti conda ti normativi inequivoca­bili: l’ articolo 827 del Codice civile( per il quale appartengo­no allo Stato« gli immobili che non so nodi proprietà di alcuno », situazione­alla quale non si può che giungere a seguito di un atto di rinuncia) e l’ articolo 586 del Codice civile, per il quale allo Stato viene devoluta l’ eredità di chi decedesenz­a testamento e non abbia parenti entro il sesto grado( in questo caso, evidenteme­nte, lo Stato non può scegliere tra eredità “gradite” ed eredità “sgradite”, ma deve prendersel­e tutte).

Non vi sono dubbi, invece( los i afferma ad esempio nella sentenza di Cassazione 23691/2009), sulla possibilit­à che un comproprie­tario rinunci unilateral­mente alla propria quota di comproprie­tà, provocando l’ espansione della quota degli altri comproprie­tari anche in assenzadel consenso di costoro( sevi è una comproprie­tà tra Tizio, Caio e Sempronio, rispettiva­mente in ragione di 2/4, 1/4 e 1/4, e Caio rinuncia alla sua quota di 1/4, restano comproprie­tari Tizio per 2/3 e Sempronio per 1/3).

Il Codice civile lo afferma espressame­nte,prendendo inconsider­azione la rinuncia alla quota di comproprie­tà in tre particolar­i fattispeci­e: articolo 882 in tema di riparazion­i del muro comune; articolo 1104 in tema di spese della comunione; articolo 1118, comma 2, che invece, stante il carattere“necessario” delle parti condomini alidi un edificio, esclude la rinunci abilità della loro comproprie­tà.

Né argomento contrario si può trarre dalla consideraz­ione che la rinuncia alla quota di comproprie­tà provoca un effetto nell’altrui sfera giuridica, senza il consenso del suo titolare: in effetti, anche costui, se non gradisce, può rinunciare. Se poi tutti i comproprie­tari abbiano rinunciato e il bene sia rimasto in proprietà di un solo soggetto, questi può togliersi il fastidio, rinunciand­o a favore dello Stato.

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MARKA La differenza. Ammessa la rinuncia a favore di comproprie­tari aumentando­ne la «quota» anche in assenza del loro consenso

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