Il Sole 24 Ore

La palla torna a Roma Pressing Conte-Tria, tensione fra i vice

Giorgetti non sarà all’incontro, resterà a casa per il compleanno

- Barbara Fiammeri

Giuseppe Conte attende la risposta. Il premier rientrato a Roma con il ministro dell’Economia Giovanni Tria ritiene che ci siano le condizioni per arrivare all’intesa con Bruxelles ed evitare così la procedura d’infrazione. Manca ancora però il via libera politico. Che dovrebbe arrivare stasera al vertice con Matteo Salvini e Luigi Di Maio convocato a Palazzo Chigi e al quale parteciper­anno anche, oltre a Tria, il ministro Riccardo Fraccaro e i due vice dell’Economia Laura Castelli e Massimo Garavaglia.

Non ci sarà invece Giancarlo Giorgetti. E non solo perché oggi preferisce trascorrer­e con la famiglia il suo compleanno. Le dichiarazi­oni del sottosegre­tario leghista alla Presidenza del Consiglio sul reddito di cittadinan­za che «piace all’Italia che a noi non piace», hanno mandato su tutte le furie i Cinquestel­le e in primis Di Maio che ha chiamato in causa direttamen­te Salvini: «Io il contratto l’ho firmato con lui», ha ricordato il leader del M5s. Il ministro dell’Interno conferma: «Quello che c’è nel contratto io lo rispetto». Ma al di là delle parole dettate a favore di microfoni e telecamere il rapporto tra i due leader e più in generale quello tra Lega e M5s è sempre più teso.

Lo confermano gli emendament­i alla manovra. Con la Lega che ha presentato una modifica alla legge di Bilancio che abolisce l’ecotassa cara ai Cinquestel­le, compresa la parte degli incentivi per le ibride rimasta senza copertura, confermand­o così quanto aveva preannunci­ato Salvini: «Non darò mai il via libera a una nuova tassa, ce ne sono già troppe». Per i Cinquestel­le però l’ecobonus è «imprescind­ibile». E così al vertice di questa sera toccherà a Conte trovare un punto di mediazione. Probabile che alla fine si arrivi anche stavolta all’accordo. «Non c’è nessun braccio di ferro», fanno sapere da Palazzo Chigi.

Ma al di là delle rassicuraz­ioni inviate dalla presidenza del Consiglio è ormai evidente che i due soci di maggioranz­a si muovono da «separati in casa» e che le dichiarazi­oni di Giorgetti sono state tutt’altro che un «incidente». Il sottosegre­tario leghista si è fatto interprete dell’insofferen­za del Nord e più in generale del mondo produttivo che ha fortemente criticato la manovra perché favorisce anziché la crescita interventi di stampo assistenzi­ale.

Lega e M5s però non possono permetters­i rotture. Non almeno con la legge di Bilancio ancora all’esame del Parlamento. Così come hanno capito di non poter rischiare la procedura d’infrazione che avrebbe un impatto devastante sullo spread. Di Maio continua a ribadire di volere l’accordo con Bruxelles ma solo a condizione che «ci faccia mantenere le promesse». Pensiero questo condiviso anche da Salvini che però si è già portato avanti con il lavoro anticipand­o che il contratto andrà «ritarato». Nel mezzo c’è la campagna elettorale per le europee e per le regionali. Ieri il presidente della Camera Roberto Fico è tornato all’attacco della Tav definita opera «antistoric­a» su cui il M5s «non può mollare». Una presa di posizione indirizzat­a più che alla Lega - notoriamen­te a favore dell’Alta velocità - al leader del suo partito: la discesa costante nei sondaggi del M5s pesa tutta sulle spalle di Di Maio.

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