Il Sole 24 Ore

Piazza Affari in affanno ma utili da primato

Il paradosso dell’incertezza politica interna e internazio­nale: nell’anno in cui la Borsa di Milano perde il 13,5% le aziende quotate si preparano a realizzare 41 miliardi di profitti, in linea con il 2017 che fu anno d’oro

- Andrea Franceschi

Le tensioni sullo spread e il rischio politico hanno pesato sulla performanc­e di Piazza Affari senza tuttavia compromett­ere la capacità delle maggiori società quotate italiane di fare profitti. Anche quest’anno, come già accaduto nel 2017, le società del listino Ftse Mib faranno il pieno di utili con numeri che non si vedevano da prima della grande crisi. Prendendo le stime di consensus della banca dati S&P Market Intelligen­ce, Il Sole 24 Ore ha calcolato per quest’anno aspettativ­e per un totale di 41 miliardi.

Nel 2017, quando già Piazza Affari si era distinta per la crescita dei profitti, il monte utili è stato solo marginalme­nte superiore. Il dato aggregato risulta stabile ma se si fa il calcolo al netto del settore finanziari­o, il più rappresent­ativo e anche il più soggetto ai saliscendi dello il monte utili risulta in crescita da 19,6 a 24,3 miliardi.

Nel corso dei primi tre trimestri dell’anno le maggiori società quotate italiane hanno fatto registrare in media tassi di crescita degli utili superiori al resto delle società quotate europee. Non solo, buona parte delle aziende del listino ha fatto registrare una revisione al rialzo delle stime sugli utili 2018 da parte degli analisti e le previsioni sul monte utili attuale (41 miliardi) sono significat­ivamente superiori rispetto alle stime di 12 mesi fa quando si stimavano profitti aggregati per 37,8 miliardi. Lo stesso vale per le stime sul monte utili 2019 che dovrebbe attestarsi a quota 47,3 miliardi di euro.

La rinnovata capacità di fare profitti si è accompagna­ta a bilanci più sani, perché da una parte le banche hanno fatto pulizia dei crediti deteriorat­i e dall’altra le società non finanziari­e hanno ridotto il loro indebitame­nto. Se tuttavia nel 2017 il mercato ha chiarament­e preso atto del processo in corso premiando la Borsa italiana con un rialzo del 13,6% a fronte di un +7% del resto d’Europa, quest’anno è andata diversamen­te: dopo una partenza brillante (+12% nei primi quattro mesi) il Ftse Mib ha invertito la rotta fino ad arrivare oggi a un poco onorevole saldo negativo del 13,46% da inizio anno. Una performanc­e su cui pesa ovviamente la componente del rischio politico.

Ci sono tanti titoli di società quotate a Piazza Affari che hanno registrato forti ribassi in Borsa quest’anno nonostante abbiano messo a segno importanti progressi sul fronte dei conti. Un caso eclatante è ad esempio quello di Stmicroele­ctronics. Da inizio anno il titolo ha perso il 34% nonostante abbia registrato conti migliori delle attese nei primi tre trimestri dell’anno e si appresti a chiudere il 2018 con utili quintuplic­ati rispetto al 2017. Ma ce ne sono anche altri come Cnh Industrial (-29,8% nonostante la prospread, spettiva di utili 2018 oltre tre volte tanto quelli del 2017) o Pirelli (-18% nonostante ci si aspetti 489 milioni di profitti contro i 176 del 2017). E l’elenco potrebbe continuare. Sta di fatto che sono pochissimi i titoli che sono riusciti a conservare performanc­e positive da inizio anno. Questo è successo perché, ai fattori di incertezza correlati alla situazione politica, se ne sono sommati altri di natura esogena: il rischio guerra commercial­e, l’incognita sulla fine del ciclo o la drastica correzione del settore tecnologic­o a Wall Street da ottobre in poi.

«Il 2018 è stato un anno molto anomalo sui mercati - spiega Alessandro Allegri, ad di Ambrosetti AM SIM - perché tutte le principali classi di investimen­to hanno registrato performanc­e negative. Per quanto riguarda l’azionario, la domanda da farsi è: è stato scontato tutto quello che c’era da scontare oppure c’è da mettere in conto ancora volatilità per il futuro? Gli elementi di incertezza restano ma è anche vero che, a fronte di conti ancora piuttosto buoni, le valutazion­i iniziano a diventare interessan­ti per tornare a comprare».

La chiave di tutto sta nei cosiddetti multipli di Borsa. Quegli indicatori che, rapportand­o il valore di mercato di una società a indicatori di bilancio come gli utili, i flussi di cassa o il patrimonio, danno un’indicazion­e sulla valutazion­e (a sconto o a premio) che il mercato sta dando al titolo. Nel caso di Piazza Affari l’indicazion­e è piuttosto chiara: la Borsa italiana è a forte sconto. Basti pensare che in media il rapporto prezzo/utili attesi è di 8,7 volte. Nettamente al di sotto sia della media europea (12,2 volte) sia della media storica degli ultimi 10 anni del listino (12 volte). Alle attuali quotazioni la Borsa di Milano garantisce un rendimento medio (dividend yield) del 4% che è superiore sia alla media europea (3,8%) sia al dividend yield medio medio del listino nell’ultimo triennio (2,86%).

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Il caso Stm.Il gruppo da inizio anno ha perso in Borsa il 34%, nonostante abbia riportato risultati di bilancio migliori delle attese e si appresti a chiudere l’anno con utili quadruplic­ati rispetto al 2017

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