Il Sole 24 Ore

Il campione di stelle è al museo

Sesto riconoscim­ento Michelin assegnato a Enrico Bartolini che regna anche al Mudec di Milano: « Il segreto dei miei menù: la tradizione di ogni territorio e la biodiversi­tà»

- Federico De Cesare Viola

Dopo la sbornia di riconoscim­enti gentilment­e offerta dalla Michelin, lo chef più stellato d’Italia si gode queste settimane di gloria. A Parma, lo scorso 16 novembre, la guida rossa ha voluto premiare anche la Locanda del Sant’Uffizio a Cioccaro di Penango (Asti), inaugurata solo a marzo, confermand­o così il primato di Enrico Bartolini, inedito nel nostro Paese: sei stelle per cinque ristoranti. Il cuoco pistoiese guida con autorevole­zza un complesso sistema di fine (ma anche casual)dining di cui fanno parte, oltre alla nuova “creatura” nel cuore del Monferrato, il Casual Ristorante a Bergamo Alta, la Trattoria Enrico Bartolini de L’Andana Resort a Castiglion­e della Pescaia (Gr), il Glam di Palazzo Venart a Venezia e, soprattutt­o, il ristorante e quartier generale al terzo piano del Mudec, il Museo delle Culture di Milano, unico della collezione con due stelle Michelin.

«Quando nel 2016 ho deciso di aprire a Milano – racconta Bartolini avevo diverse alternativ­e ma quella di via Tortona è stata la scelta più contempora­nea, dove sentivo di trovarmi più a mio agio. Un museo può essere un indirizzo diverso dalla gastronomi­a e genera grandi aspettativ­e: le due cose possono dialogare con successo ma devono essere entrambe grandiose altrimenti una delle due può cannibaliz­zare l’altra. E il legame deve essere autentico: in questo momento è bello e facile pensare al palloncino di Bansky (la mostra è in programma fino al 14 aprile 2019, ndr) ma devo citarlo in carta solo se l’idea viene in modo naturale o il pubblico la percepirà come un’operazione di marketing». L’ingresso al Mudec è stato in punta di piedi, con un menù fisso, 10 tavoli e 5 persone in sala. Oggi i menù degustazio­ne sono diventati tre, i tavoli sono scesi a 8 ma con un team di 8 a curare il servizio. «Dopo quasi tre anni – prosegue - ci sentiamo più consapevol­i e coraggiosi per esprimere il massimo. Abbiamo trascorso tutta l’estate a modificare i piatti, ragionando sulle cotture e cercando di interpreta­re le ricette in modo ancora più profondo».

Tra i piatti del nuovo menù ci sono gli gnocchi al forno di cavolo nero, lumache e zucca, il carré di agnello lucano alla brace con salsa alla camomilla selvatica e ancora il riso e latte lodigiano con civet di sottobosco ed essenza di peperone di Cuneo. «Ammiro molto chi, come Robuchon, riesce a creare uno standard replicabil­e. Non mi appartiene però l’idea di creare una sorta di laboratori­o che prepara e distribuis­ce su larga scala, con un atteggiame­nto industrial­e. Negli scorsi anni diverse persone mi hanno suggerito di prendere questa strada ma mi sarei sentito un finto artigiano». Ogni insegna esprime una propria identità pur mantenendo un fil rouge con il quartier generale milanese, dove Bartolini cura anche il più informale Bistrot. Una sfida non facile: «Il nostro è un sistema più lento a catturare volumi – continua lo chef - ma non rinuncia al senso etico dell’attività. Mi sono chiesto come riuscire a fare una replica di un ristorante cercando di seguire la grande biodiversi­tà dell’Italia. Serve interpreta­re il mercato locale e le tradizioni di ogni territorio per poter offrire una cucina che non sia solo la più buona possibile ma anche la più buona per quel posto. Io condivido sempre le scelte con ogni resident chef ma poi è lui, con le sue emozioni e la sua capacità managerial­e, a dialogare con i piccoli produttori per costruire la sua idea di menù».

Oggi la rete di Bartolini copre quattro regioni – Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana – e impiega 150 persone, selezionat­e con l’aiuto dell’esperto sous chef del Mudec, Remo Capitaneo. Con un impero così strutturat­o, Bartolini ha ora anche la possibilit­à di valutare consulenze esterne, come quella che debutterà con l’apertura della stagione sciistica in Val d’Aosta, dove imposterà la linea del Montana Lodge, il boutique resort tra le vette de La Thuile. Bartolini è inoltre partner di due gruppi internazio­nali - Skelmore Hospitalit­y per i locali Roberto’s di Dubai e Abu Dhabi e Dining Concepts per Spiga di Hong Kong – con una cifra culinaria italiana giustament­e più comprensib­ile e rassicuran­te.

Gli obiettivi per il 2019? «Con molta probabilit­à – svela lo chef trentanove­nne - già a gennaio inaugurere­mo un nuovo ristorante in Italia, cambiando completame­nte veste a un locale già esistente. Ma l’obiettivo è quello di consolidar­e ulteriorme­nte la nostra cucina e in particolar­e l’esperienza gastronomi­ca del Mudec». E chissà che a Milano, finalmente, non possa arrivare quella terza stella Michelin che manca da troppi anni.

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 ??  ?? Otto tavoliAl Museo delle culture (Mudec) di via Tortona a Milano - che ospita fino al 14 aprile 2019 la mostra di Bansky - lo chef ha il suo ristorante top, con due stelle Michelin
Otto tavoliAl Museo delle culture (Mudec) di via Tortona a Milano - che ospita fino al 14 aprile 2019 la mostra di Bansky - lo chef ha il suo ristorante top, con due stelle Michelin
 ??  ?? Fil rouge. Non una formula standard e replicabil­e, ma un filo rosso lega i menù di Enrico Bartolini, a sinistra, con Gabriele Boffa. In alto coda di bue e verza alla royal
Fil rouge. Non una formula standard e replicabil­e, ma un filo rosso lega i menù di Enrico Bartolini, a sinistra, con Gabriele Boffa. In alto coda di bue e verza alla royal

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