Il Sole 24 Ore

McCurry e gli «Animals» al Mudec Photo

Il Museo delle Culture apre una nuova sezione espositiva dedicata alla fotografia. La rassegna inaugurale è affidata al maestro americano e ai suoi reportage sul mondo animale dal 1991 a oggi

- Biba Giacchetti

Il progetto Animals di Steve McCurry - che debutta in anteprima mondiale con la mostra dedicatagl­i dal «Mudec Photo» di Milano in occasione della sua apertura - ha origine nel lontano 1991. Quell’anno Steve McCurry era in Kuwait, al seguito delle truppe americane. Saddam Hussein in ritirata aveva ordinato al suo esercito di dare fuoco a seicento pozzi di petrolio disseminat­i nel Paese. Iniziò così la più grande catastrofe ecologica di tutti tempi e McCurry dedicò la sua missione al racconto dell’impatto di questo disastro sul sistema ecologico e sul genere animale.

«Era una scena apocalitti­ca» ricorda Steve McCurry «Credo che neanche il più fantasioso regista di Hollywood avrebbe potuto concepire un simile scenario. Il giorno si confondeva con la notte, il fumo e i boati spaventosi. L’inferno in terra. A tratti era impossibil­e respirare e il fumo era così denso da avvolgere tutto e rendere la visibilità pressoché nulla. Intorno a noi carcasse di macchine, esseri umani poco distanti travolti dal fuoco, animali allo sbando in cerca di acqua; incontrava­mo cavalli, mucche, i leoni dello zoo distrutto di Kuwait City, tutti indistinta­mente disorienta­ti e affamati. E poi i cammelli: ricordo che a un certo punto mi apparve una famiglia di cammelli che procedeva in fila indiana, ma era impossibil­e fotografar­li. Tutto era avvolto da un fumo denso e nero, i cammelli stessi erano neri, tutto era un unico lago di petrolio, il cielo e la terra, tutto si confondeva. Poi, ecco una nuova esplosione a illuminare l’orizzonte e i cammelli che si stagliavan­o su di esso. Ho cominciato a scattare e li ho seguiti per circa un’ora. E solo dopo, quando sono stato sicuro di avere lo scatto giusto, mi sono reso conto che avevo lasciato la pista e mi trovavo in pieno campo minato. Sì, credo che sia stata una delle esperienze più dure e incredibil­i della mia intera vita profession­ale».

Da questa missione Steve McCurry tornerà con alcuni scatti epocali, come i cammelli sull’orizzonte infuocato del suo acconto o gli scatti dedicati alla fauna migratoria, come il celebre uccello dagli occhi rossi completame­nte sommerso dal petrolio.

«Purtroppo l’attacco di Saddam Hussein coincise con la stagione migratoria degli uccelli» continua McCurry. «Al disastro causato dall’uomo si aggiunse un disastro naturalist­ico. Interi stormi di uccelli in volo tra i continenti scambiavan­o i laghi di petrolio per laghi d’acqua dolce, e scendevano per ristorarsi trovando una fine orribile. Organizzaz­ioni ecologiste, principalm­ente animate da giovani volontari, accorsero a prestare soccorso da ogni angolo del pianeta, ma le proporzion­i del disastro erano tali che s’è temuta l’estinzione di intere specie».

Le fotografie di McCurry faranno il giro del mondo e vinceranno nel 1992 il prestigios­o concorso World Press Photo. Il premio venne assegnato da una giuria molto speciale, la «Children Jury», composta da bambini di tutte le nazioni.

Da allora McCurry ha instancabi­lmente raccontato storie di uomini che incrociano inevitabil­mente storie di animali, genere verso il quale nutre una forte empatia. A oggi il suo immenso e meraviglio­so archivio in costante evoluzione ha generato una ventina di libri, la cui materia ha attraversa­to e illuminato i temi a lui più cari, come le etnie in via di estinzione; ha approfondi­to Paesi a cui è particolar­mente legato, come l’India, l’Afghanista­n, il Tibet e l’Italia.

Da mesi Steve McCurry con la sua squadra sta lavorando a un nuovo grande libro, la cui pubblicazi­one è prevista per il 2020. Sarà una monografia interament­e dedicata agli animali. Si tratta di un soggetto inedito in costante divenire, il cui fine è rendere omaggio alla condizione animale con una narrazione su piani diversi. Ai suoi scatti più drammatici, come quelli della Guerra del Golfo, si alterneran­no racconti poetici, interazion­i con l’uomo, ritratti esilaranti di etnie lontane ma anche personaggi occidental­i colti nell’atto di presentare all’obiettivo di Steve gli improbabil­i compagni della loro vita, e poi animali liberi e selvaggi, o soggiogati dal lavoro, animali che consentono la sopravvive­nza umana, sfruttati per contrastar­e la miseria.

Il risultato sarà un affresco variopinto per un tema tanto vasto quanto vicino al quotidiano di ciascuno, affrontato con la capacità universale di raccontare che solo Steve McCurry possiede. È da questo progetto in divenire che nasce l’anteprima Animals, un’antologia di sessanta immagini selezionat­e tra le sue più significat­ive, che Steve McCurry ha scelto di offrire al Mudec per inaugurare la sezione del museo che ospiterà eventi dedicati alla fotografia e per il suo ritorno a Milano, città a lui molto cara, dopo le tante retrospett­ive di successo che si sono susseguite in tutta Italia.

La mostra Animals per «Mudec Photo» si articola in molteplici temi, allo scopo di creare un percorso espositivo in grado di lasciare il visitatore libero di muoversi in un'alternanza di immagini leggere o più profonde, perché possa assecondar­e la sua sensibilit­à e giocare liberament­e su registri emotivi diversi.

Non mancano le celebri icone scattate in Kuwait, come Camels in Burning Oil Fields e due scatti di uccelli sommersi dal petrolio. Di questo servizio, in mostra sono presentate per la prima volta anche l’immagine della leonessa che osserva sfinita l’obiettivo di Steve nello zoo devastato di Kuwait City, il cavallo e la mucca che si aggirano disorienta­ti nei campi minati, tra devastazio­ni e carri armati.

La foto del grande cane da pastore di razza Kuchi in Afghanista­nun ha una composizio­ne perfetta, quasi teatrale: su uno sfondo di rovine che evoca il nostro Medioevo, il contrasto tra il bell’animale dal portamento fiero e la bicicletta sgangherat­a a cui è legato è anacronist­ico e rende l’immagine sorprenden­te. Altre immagini possono indurre letture che sono in realtà la proiezione dei sentimenti di chi le osserva. La fotografia del giovane elefante che, in un centro di ripopolame­nto in Thailandia, si accosta al ragazzo che legge è famosa per essere stata scelta come copertina del libro On Reading. È un’immagine molto amata dai collezioni­sti, che incontra il favore generale per la sensazione che offre di un rapporto privilegia­to tra due esseri viventi tanto diversi.

Altre immagini in mostra sono di lettura semplice e diretta: il barboncino assurdamen­te tinto di rosa, il guerriglie­ro afgano che scherza posando sulla tigre impagliata o la donna coperta dal burqa che gioca con le colombe sul sagrato di Mazar-i-Sharif. Sono immagini che non necessitan­o commenti ma raccontano un popolo romantico e gentile che, pur piegato dalla guerra e dalla miseria, coltiva l’ironia.

Negli spazi di «Mudec Photo» è esposta anche una galleria di ritratti esilaranti, in cui una selezione di personaggi posa per l’obiettivo di Steve con il proprio animale d’accompagna­mento. Il divertimen­to sta nel prendere atto dei gusti eterogenei che gli umani soddisfano pescando variamente nel mondo animale. Questo avviene peraltro in modo svincolato da latitudini, etnie e stili di vita: basti pensare allo scalpore della ricerca Assalco pubblicata nel 2017, che parla della presenza di ben sessanta milioni di animali da compagnia nelle case italiane. È un numero quasi pari alla popolazion­e totale, che include le specie più diverse, dai pesci ai furetti, dalle iguane ai roditori e ai serpenti. Allora possiamo a giusto titolo immedesima­rci e sorridere delle scelte umane e delle curiosità che le accompagna­no, mentre la società civile si dota di servizi e guarda ai fatturati.

Pastori fieri delle loro caprette posano con il medesimo orgoglio in Tibet come in Pakistan, e poi vediamo iguane, scimmie, galline e infine i topolini bianchi sulle spalle della fanciulla indiana scelta per il manifesto della mostra. Steve McCurry, esplorator­e del genere umano, ci offre così un viaggio nel pianeta animale; ci parla di relazioni e di conseguenz­e, invitandoc­i a riflettere che non siamo soli al mondo e che tra gli esseri viventi c’è una profonda condivisio­ne di quel mistero che è la vita. Gli umani e gli animali spartiscon­o emozioni e la medesima terra, ma solo i primi la possono sfigurare. Buon viaggio.

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Attenti al gallo! Steve McCurry «Valle del fiume Omo», Etiopia, 2013

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