Caverne e sciamani: le origini della verità
Quando si parla di filosofia antica è impossibile non occuparsi, in un modo o nell’altro, di magia. Persino dopo Aristotele, che fu il sistematore della logica e delle ricerche naturali, occorre tener conto di questa presenza. Anzi, senza di essa non potremmo accostarci a pensatori come Pitagora, ovvero l’inizio della matematica, Empedocle o Democrito; quest’ultimo, poi, solitamente considerato un riferimento del materialismo, tanto che Marx gli dedicò la tesi di laurea. E anche Platone non sarebbe comprensibile, forse perché talune sue idee nacquero in Egitto, terra permeata di magia. La grande scuola degli Stoici, che lascia tracce indelebili nella morale dell’Occidente, offre una sintesi delle teorie antiche nella “simpatia cosmica”, prodotta dalla Ragione pervasiva dell’universo e unificante ogni sua parte in maniera necessaria. È quel Logos dai mille significati, che nel prologo del Vangelo di Giovanni diventa il Figlio di Dio che si fa carne e giunge tra noi, seguendo un processo di manifestazione del divino che già Platone aveva intuito. E ancora: nei primi secoli dell’era cristiana, insieme ai Padri della Chiesa che diventano platonici, si afferma un neoplatonismo pagano che ripensa e innalza la magia. È la storia di Plotino, Porfirio, Giamblico, Proclo, di troppi altri.
Roberto Radice, allievo di Giovanni Reale e suo successore alla cattedra in Cattolica, dopo aver lasciato l’incarico ha scritto un libro dal titolo Magica filosofia. In esso tratta di “Sapere occulto e sapere illuminato nel pensiero antico e arcaico”. L’opera è corredata da numerose illustrazioni chiarificatrici.
Non ha certo bisogno di elogi la conoscenza dei testi di Radice: ha lavorato a lungo su Platone, sugli Stoici e Filone d’Alessandria, ma anche sui lessici e sui Commentari Greci di Aristotele. In questo libro è comunque sceso dalla cattedra e si è preso alcune deliziose libertà ricordando, per esempio, che le prime tracce della speculazione filosofica andrebbero cercate nelle caverne. Invita a riflettere su quegli affreschi di 32mila anni fa rappresentanti animali che sembrano uscire dalla roccia e si direbbero il risultato di un’astrazione, quasi un urlo della natura.
Già, le caverne. In Platone, nel VII libro della Repubblica, l’allegoria della caverna simboleggia la condizione dell’uomo nella situazione pre-filosofica; né si deve dimenticare che il culto di Dioniso nacque in Tracia, regione con aree carsiche e antri dei Monti Rodopi, dove era praticato lo sciamanesimo. Radice nota che la cultura sciamanica è da ripensare per meglio comprendere la genesi della filosofia: si tratta di un sapere senza regole e attento alle manifestazioni di malattie quali epilessia e nevrastenia, che nel mondo arcaico erano considerate sacre. Ed è altresì vero che l’origine degli Orfici, ormai posti all’inizio del pensiero greco, va cercata nelle trasformazioni della religione di Dioniso, il dio che dona agli umani il vino. Questa bevanda, che sa spersonalizzare, può essere accostata alla caduta in trance dello sciamano, che cerca la verità.
Dovremmo continuare, anche solo sfogliando il libro di Radice, con il Papiro di Derveni per cogliere le differenze tra l'orfismo colto e quello popolare, o per meglio comprendere quei riti misti con maghi e sacerdoti; oppure soffermarci sulla geografia divina di Porfirio; o sulla teurgia di Giamblico, la quale non era soltanto strumento di conoscenza ma anche di manipolazione. Con essa si riteneva possibile intervenire sugli dei, senza turbarne la sacralità, elevandosi al loro livello spirituale. In un mondo in cui il divino si cercava con le proprie forze.