Il Sole 24 Ore

Pinocchiat­e sorprenden­ti e colorate

Infinito burattino. In mostra a Modena una delle più belle edizioni del capolavoro collodiano, scritta tutta a mano e disegnata da Marcello Jori

- Daniela Marcheschi

«Rispettabi­le pubblico, cavalieri e dame!», si è trasferito a Modena il celebre burattino-bambino-ciuchino Pinocchio, inventato nel 1880 dal Collodi (pseudonimo di Carlo Lorenzini, 1826-1890). Nel capitolo 33 delle Avventure di Pinocchio, diventato un somaro, il protagonis­ta è fatto esibire in un circo, come stella delle attrazioni, sotto la frusta di un Direttore che inizia il suo sproloquio al pubblico proprio come abbiamo fatto. Quello di cui parliamo è, però, un altro genere di esibizioni. Infatti, Pinocchio lo si trova ora, e fino a tutto dicembre, alla Galleria Mazzoli della città emiliana. Qui, in una insolita cornice di visitatori provenient­i da tutta Italia, Marcello Jori ha inaugurato la sua mostra di dipinti, disegni, tavole dedicate al più straordina­rio pezzo di legno di catasta che viva nella letteratur­a mondiale.

Artista eclettico, insieme alla mostra Jori ha presentato la sua edizione delle Avventure di Pinocchio: un’edizione speciale, stampata e promossa proprio da Emilio Mazzoli, amante della bombetta che porta sul capo con nonchalanc­e e gran signore dell’arte del secondo Novecento, ma anche della poesia. Proprio alle edizioni della Galleria Mazzoli si deve, infatti, la pubblicazi­one della bella traduzione dal greco dell’Agamémnon eschileo di Nanni Cagnone, arricchita dall’altrettant­o bel «Racconto per figure» di Mimmo Paladino. Si può anche invertire l’ordine dei fattori: il prodotto non cambia!

Le Avventure di Pinocchio stampate da Mazzoli sono corredate da una prefazione di Achille Bonito Oliva e da alcune poesie di Paul Vangelisti. Tale edizione presenta, però, una particolar­ità unica: prima di tutto, quella di essere stata interament­e scritta a mano, disegnata, colorata e dipinta da Jori, che ha vergato segni alfabetici, punteggiat­ura e parole, ma anche le figure, con il risultato di costruire un corpo compatto, unico di arti differenti in un tripudio di colori. Questo

Pinocchio ricompone dunque una unità moderna, che le avanguardi­e novecentes­che hanno variamente declinato; l’arte figurativa, le immagini, scaturisco­no dalla scrittura a mano e la scrittura a mano, la letteratur­a, dalle immagini. Eppure, è anche una unità arcaica, archetipic­a quasi: nel dialogo platonico Fedro (§ LX), Socrate osservava che la scrittura è simile alla pittura. Potremmo quindi dire che tutto diventa pittura nella edizione di Jori, anche le parole di Collodi.

Come la mostra presenta opere all’insegna di materiali diversi – legno, tele, colori a olio, tempere ecc. –, anche un simile Pinocchio è fatto di carta e di inchiostri di ogni tinta e sfumatura. Insomma una festa per gli occhi. Questo significa, però, ripartire da dove aveva cominciato pure Carlo Collodi, quando si era accinto a scrivere la storia del burattino: con quella proficua, mutua tensione interdisci­plinare e multimedia­le fra matita e disegno di Enrico Mazzanti e invenzione e scrittura letteraria di Collodi, di cui si accorse per primo un artista del Novecento pittorico, e fine critico d’arte, come Giuseppe Ardinghi nell’Omaggio a Pinocchio, promosso nel 1952 da Felice Del Beccaro.

Moderno trionfo di quella multimedia­lità che lo caratteriz­zò fin dal suo apparire, il 7 luglio 1881, sulle pagine del «Giornale per i Bambini», quindi in volume (Firenze, Paggi, 1883), Pinocchio fu ed è il libro di un Carlo Lorenzini cinquantas­eienne, rimasto giovane nella mente e negli slanci. Ironia e satira, ingenuità e cinismo, dolcezza e crudeltà, paura e coraggio, voglia di libertà e stupore del mondo, morte e rinascita, fanno parte dell’esperienza avventuros­a della conoscenza e della vita per Pinocchio: sono la sua favola/fiaba/romanzo di formazione/romanzo gotico ecc. ecc. Non a caso, il burattino piacque subito ai giovanissi­mi per il suo dinamismo e le sue meraviglio­se metamorfos­i. Al contrario, gli adulti vollero presto presto addomestic­arlo e farlo diventare davvero “un ragazzino perbene!...”, in premio della sua buona volontà e del suo ravvedimen­to. Non vollero capire quanto Collodi con tali parole volesse invece prendere in giro, da un lato, il bambino ex burattino pieno di sé e appagato di pseudo-valori; e, dall’altro, l’educazione seriosa e il conformism­o di una società intera.

Proprio questo spirito mobile e attivo di Pinocchio e la sua tenera stupefazio­ne di fronte a una vita che sta apprendend­o, sono stati restituiti da Jori con un disegno limpido, morbido, ricco di linee prospettic­he, oltre che con la varietà degli inchiostri e delle tonalità, dalle più accese a quelle più tenui, dalle più chiare alle più cupe. Tutto ciò fa risaltare la brillantez­za favolosa delle vicende del burattino.

Ne viene fuori una delle più belle e “storiche” edizioni del capolavoro collodiano, mentre gli studiosi impegnati nell'Edizione Nazionale delle Opere di Collodi continuano ad approfondi­re le ricerche e a scoprire testi e aspetti inediti di questo scrittore, che rappresent­a un Ottocento ben diverso dal modo in cui quel secolo è in genere considerat­o.

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All’Osteria del Gambero rossoIl Gatto, La Volpe e Pinocchio interpreta­ti da Marcello Jori

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