Oro, nero
dialetti della sua terra – il Veneto – ma anche a quelli del resto d’Italia, con frequenti escursioni fuori dalla Penisola, soprattutto lungo le rotte di un Atlante linguistico mediterraneo di cui egli fu a lungo segretario e promotore (ci lavorano ancora, con lena rinnovata e con l’aiuto dei computer, tra Venezia e Palermo).
Che cosa rimane – e non solo agli addetti ai lavori – dell’insegnamento di Cortelazzo? Al di là della straordinaria dottrina linguistica e dell’inesauribile curiosità, soprattutto nella ricerca delle storie e dei percorsi delle parole, la sua opera continuerà a destare interesse ben oltre la stretta cerchia dei dialettologi per la sua attenzione alla cultura popolare, guardata senza alcun paternalismo ma anche senza il sussiego un po’ algido di tanti eccellenti linguisti delle generazioni anteriori; e anche con una particolare inclinazione ideale e civile, divenuta oggi irripetibile come certi aggettivi ormai estinti. I motti e le espressioni della gente semplice veicolate dai dialetti sono in effetti per Cortelazzo un immenso tesoro da mettere in salvo, nella preoccupazione tutta ecologica per la loro imminente, o già conclamata scomparsa. Che si tratti del gergo dei pescatori o dei proverbi dei contadini, Cortelazzo sapeva trattare ogni prodotto linguistico con un’attenzione pari a quella che altri avrebbe dedicato solo alla produzione letteraria più raffinata. Non che quest’ultima non gli interessasse: ma solo quando la lingua di commedie e strambotti vira verso le tonalità più demotiche e perciò colorite (come capita spesso, appunto, nella letteratura del Cinquecento), l’interesse del dialettologo si accendeva e Cortelazzo cominciava ad accumulare schedature, a riempire quaderni. È un mare di carta quello in cui, spesso cercando le parole dei mari di acqua, Cortelazzo navigava con sicurezza, facendovi incontri più curiosi e più illuminanti di quelli che oggi restituiscono facilmente, in due clic, gli immensi database che pure egli non disprezzava, negli ultimi anni, da uomo di scienza curiosamente aperto a ogni tipo di novità. Anzi, di neologismo.
La nuova collana di Skira, «Gotica» recupera l’horror. Copertine nere, impressioni oro, il marchio (un
serpente ouroboros), un capitolo iconografico sulla fortuna visuale dei romanzi. Bel progetto. (s.sa.)