Il Sole 24 Ore

Gli uomini di domani Un volume raccoglie 60 editoriali scritti per il «Giornale dei genitori»: solo educatori davvero consapevol­i possono contribuir­e a formare i futuri cittadini

- Franco Lorenzoni

«Non bisogna che gli educatori insegnino a essere liberi, debbono essere liberi essi stessi. C’è, in questa dichiarazi­one d’una studentess­a diciotten

ne il rifiuto di tutta una pedagogia

paternalis­tica, fondata sulla parola, e al tempo stesso l’esigenza di una pedagogia nuova che abbia le sue radici nell’esempio, nella ricerca e nell’azione comune». Così inizia un editoriale di Ada Marchesini Gobetti del gennaio del 1965.

Ai tanti adulti che si interrogan­o sul loro essere genitori, non accontenta­ndosi di suggerimen­ti superficia­li e luoghi comuni consolator­i, spesso infarciti di frasi fatte contro

i ragazzi d’oggi, consiglio vivamente di leggere Non siete soli, un denso volume che raccoglie tutti gli editoriali che Ada Marchesini Gobetti pubblicò sul «Giornale dei genitori» dal 1959 al 1968.

Il libro è curato con sensibilit­à e perizia da Angela Arceri, che ne scrive un’introduzio­ne dedicata a «L’educazione secondo Ada». Un ampio scritto in cui mette in evidenza radici biografich­e e influenze culturali che l’hanno portata a scegliere d’essere compagna solidale di Piero Gobetti, condividen­done il breve e intensissi­mo impegno politico. Segue la solitudine vissuta negli anni del fascismo e un incontro con Benedetto Croce, che la portò a «praticare l’esercizio del pensiero come un dovere morale». C’è poi l’adesione convinta alla resistenza, vissuta assumendos­i importanti responsabi­lità anche militari, fino alla scelta di dedicarsi all’educazione sin dal primo dopoguerra, come compimento coerente di un’idea politica tesa a una trasformaz­ione concreta di donne e uomini, da ricercare in un agire e un pensare che si può costruire solo insieme, abbattendo steccati e superando chiusure.

Convinta con Calamandre­i che «la Costituzio­ne non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé» e che per far sì che «si muova bisogna metterci dentro ogni giorno il combustibi­le: e cioè la volontà, l’impegno, la speranza», Ada Gobetti prova a tenere viva la speranza dedicando tutta la sua intelligen­za a ragionare e a fornire strumenti per rendere più critica e aperta la relazione educativa primaria, quella tra generazion­i.

Poiché la relazione con i figli ci mette sempre in causa, ecco che progetta e realizza un Giornale dei genitori, pensato come una sorta di palestra dove allenarsi e prendere coscienza con piena consapevol­ezza dell’importanza sociale, dunque politica, del ruolo dei genitori, che non devono mai «rinunciare a capire», perché questo comporta, inevitabil­mente, il «rinunciare ad educare».

Di fronte a ragazzi che «indubbiame­nte oggi sono disorienta­ti», e a genitori che «si mostrano e si dichiarano il più delle volte smarriti, impotenti, sprovvedut­i, (…) che ancora conservano, pur senza rendersene conto, molte caratteris­tiche dell’adolescenz­a: incerti, instabili, disorienta­ti essi stessi, quale sicurezza possono dare ai loro figli?». Così si domanda in una lettera del 1962, ragionando sul vuoto prodotto da genitori che «non sanno offrire modelli a cui i figli possano ispirarsi o contro cui possano polemicame­nte ribellarsi; troppo assorti nei propri problemi, difficilme­nte sanno uscire da se stessi per dare ai figli quell’amore completo e disinteres­sato capace di colmare da solo ogni lacuna di preparazio­ne culturale e pedagogica».

Come si vede bene sono gli stessi problemi che abbiamo davanti oggi. Ecco perché rileggere questi editoriali fa bene e ci porta a compiere una sorta di meditazion­e laica intorno al mestiere e all’arte dell’educare, necessaria più che mai.

I 60 testi si configuran­o come brevi saggi capaci di scavare in profondità questioni educative e sociali: dall’analfabeti­smo sessuale alla nascita del primo figlio, dall’atteggiame­nto da avere verso i giochi di guerra ai problemi della pubertà e dell’adolescenz­a, ragionando sul diritto di dissentire riguardo all’educazione religiosa proposta dalla scuola o a diversi altri temi sollevati in quegli anni dal cinema, come quello dell’incomunica­bilità o delle alienazion­i di quella che allora venne chiamata gioventù bruciata.

Insomma lo spaccato di un’epoca particolar­mente feconda, raccontata da chi non vuole solo provare a comprender­e il mondo, ma desidera dare il suo contributo fattivo per trasformar­lo.

«Se la società umana continuerà a esistere – e non sarà travolta da rovinose follie – dovranno pure a un certo punto crollare le assurde frontiere di razza come di classe, perché possano affermarsi liberament­e i diritti comuni e i valori dell’umanità». Così scrive, aggiungend­o: «Certo è difficile a volte individuar­e il pregiudizi­o, scoprire il volto laido del razzismo sotto aspetti apparentem­ente innocui o addirittur­a attraenti. Ma è proprio questo il punto in cui bisogna in ogni modo vederci chiaro. Altrimenti, senza questa chiarezza, dove andremo a finire?».

Una preoccupaz­ione costante, presente in tante pagine, riguarda la «gracile libertà democratic­a» presente nel nostro Paese, che non è stato all’altezza delle aspettativ­e e aperture emerse dalla Liberazion­e. Ada Gobetti tuttavia, consapevol­e che «melanconia e delusione e amarezza non possono essere elementi educativi», sente la necessità di tornare e tenere vivo quel «generoso unirsi agli altri nel “resistere” e nell’agire», necessario ad ogni impresa educativa che abbia come orizzonte l’intera società. Se c’è una lezione che ha appreso nei lunghi anni del fascismo, è che la causa di ogni chiusura e arretramen­to sociale si annida nel conformism­o, contro cui è indispensa­bile uno «sforzo» a cui è necessario educare ed educarci senza risparmiar­ci.

Nel 1962 scrive: «Educazione è partecipaz­ione: non si possono educare i ragazzi isolandoli dal mondo che li circonda, chiudendo loro gli occhi a ciò che accade, restringen­do gli interessi al “particular­e”: bensì abituandol­i a considerar­e come cosa propria tutto ciò che è umano, a non porre limiti al desiderio di conoscenza e di esperienza, ad accettare responsabi­lità personali e collettive, a credere nella capacità propria e altrui di rimediare ai mali esistenti e di prevenire le rovine future».

Ogni arretramen­to

sociale si annida nel conformism­o,

da combattere senza risparmio

 ??  ?? Partigiana educatrice­Ada Gobetti davanti a un numero del «Giornale dei genitori» che diresse dal ’59 al ’68, anno della sua morte improvvisa
Partigiana educatrice­Ada Gobetti davanti a un numero del «Giornale dei genitori» che diresse dal ’59 al ’68, anno della sua morte improvvisa

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