Un affresco sugli ordinamenti giuridici
Questo è uno di otto volumi di un trattato di diritto comparato diretto dal decano dei comparatisti italiani, Rodolfo Sacco. Giunto alla quarta edizione, frutto della collaborazione di Sacco stesso e di Antonio Gambaro, che fu suo allievo, sintetizza in 400 pagine una presentazione dei diritti del mondo. Articolato in tradizioni e famiglie di sistemi giuridici, presenta la tradizione occidentale inglese e nordamericana, quella di “civil law”, francese e germanica, con quella italiana e degli altri Paesi europei che ne furono influenzati, quella dei Paesi dell’Est europeo, dell’area islamica, indiana, dell’Asia orientale e dell’Africa sub-sahariana.
L’esposizione dei tratti salienti dei diversi sistemi è preceduta da due capitoli nei quali sono trattati oggetto, scopo e metodo della comparazione; è spiegato perché i sistemi nazionali sono ordinati per tradizioni e in famiglie; viene discusso il problema della diversità e della uniformità.
Ognuno dei sistemi giuridici è presentato nella sua formazione storica e nel suo divenire attuale. Dei grandi sistemi viene spiegato perché si dividano e perché convergano in famiglie, con un’eccezionale attenzione persino all’uso delle parole del diritto. Di ognuno dei
sistemi viene analizzato il “for
mante”, espressione coniata da Sacco e usata in senso diverso dal
l’uso che ne fanno la linguistica e la
fonetica acustica. Formante è la base giuridica, legislativa, giurisprudenziale o culturale (“dottrinale”) sulla quale si sviluppa l’ordinamento giuridico di una società.
Quest’opera di eccezionale interesse per la sua completezza, un modello non eguagliato da altre culture giuridiche, presenta tuttavia due lacune, perché dei sistemi giuridici vengono presentate le componenti civilistiche, commercialistiche e penalistiche, non quelle costituzionali e amministrative e perché non è corredata da un indice analitico, necessario in trattazione di questa ampiezza.
Giunto al fondo, il lettore si chiede se nel mondo vi siano solo sistemi giuridici tra loro diversi o se non stiano emergendo elementi comuni. Gambaro e Sacco affrontano nella parte introduttiva il tema della uniformazione e della diversità, ma considerandolo prevalentemente sotto il profilo dell’unificazione dall’alto, da parte di organi sovranazionali e di convenzioni internazionali, e quindi considerando l’obiezione che i sistemi giuridici appartenenti a società più deboli finiscono per soccombere. Menzionano anche altri modi di formazione di principi universali, per
trapianto, per imitazione, per dif
fusione. Esaminano anche ordini
giuridici nei quali concorrono più modelli giuridici, come nell’Africa
sub-sahariana. Non affrontano il
problema della integrazione tra sistemi e della formazione di elementi comuni che derivano dai traffici, dalle reciproche influenze,
nello stesso modo della formazio
ne di lingue transglottiche di su
perstrato. Questo è un problema
aperto per i comparatisti: bisogna partire dal riconoscimento della intrinseca diversità degli ordini giuridici, oppure, all’opposto, dal riconoscimento della progressiva formazione di un patrimonio comune, per ora limitato, di principi, abbandonando l’impostazione secondo la quale il giurista è necessariamente giurista nazionale, a differenza del medico, del fisico, dell’economista, del chimico?