Estetica dell’invisibile.
Consideriamo un’esperienza frequente e apparentemente banale, in realtà molto complessa e solo in parte chiarita: quando ricordiamo episodi vissuti, quando, in altre parole, attiviamo i meccanismi della memoria episodica, ciò che è ricordato si dispiega nella coscienza nell’ordine temporale e nello spazio in cui è avvenuto.
Ritorna la sequenza, ordinata nel tempo e nello spazio, degli eventi, e si ricordano, anche se non li si rivivono, la loro durata e gli eventuali intervalli nel loro svolgersi. Le dimensioni temporale e spaziale sono costituenti del ricordo. I meccanismi della memoria episodica trasmettono alla coscienza i ricordi in un unico contesto spaziotemporale.
È possibile ricordare le esperienze - sia del mondo esterno che dell’interiorità, come idee, progetti, riflessioni, stati d’animo, ecc. - in modo ordinato perché esse, al momento della percezione, furono inserite nelle categorie a priori del tempo e dello spazio, cioè nei tralicci nervosi congeniti e fondamentali della mente e della memoria.
A priori, come già intuito da Immanuel Kant, perché tempo e spazio non sono concetti empirici derivati dall’esperienza, ma prodotti di meccanismi nervosi congeniti nei quali è ordinata l’esperienza, trasmessi da una generazione all’altra per via genetica.
Da anni le neuroscienze cognitive cercano dove si trovino i meccanismi dell’attribuzione all’esperienza della dimensione dello spazio e del tempo e come funzionino.
I coniugi norvegesi M-B. e E.I. Moser, assieme all’americano J. O’Keefe, ricevettero nel 2014 il premio Nobel per lo studio dei meccanismi cerebrali congeniti della percezione e dell’orientamento nello spazio (si veda Il Domenicale del 7 ottobre 2014). Si tratta, come per il tempo, di una categoria congenita dello spazio tridimensionale, e non di percezioni del mondo, tant’è che i nati ciechi hanno una concezione così precisa dello spazio da consentir loro di muoversi con relativa sicurezza.
Gli organi fondamentali del senso dello spazio sono il lobo parietale, specie quello destro, e aree della corteccia a ridosso dell’ippocampo, organo mediano doppio essenziale per la memoria, per il senso del tempo e dello spazio e per l’affettività. L’area corticale paraippocampale (o entorhinale) è l’interfaccia fra la neocorteccia (cioè l’insieme delle aree corticali a sei strati, recenti nell’evoluzione e maggiormente strutturate) e l’ippocampo.
Nello studio pubblicato da «Nature», al quale collaborano i coniugi Moser premi Nobel del 2014, si descrive come si è individuata, nei topi, l’area che verosimilmente attribuisce all’esperienza la dimensione temporale, conservata poi nella memoria episodica. La fisica teorica ha unito spazio e tempo e nega la realtà del tempo. Le neuroscienze cognitive hanno, già da decenni, dimostrato l’esistenza del tempo in tutti gli esseri viventi con sistema nervoso. Esse mantengono separati spazio e tempo perché i meccanismi nervosi dei due a priori sono prodotti da aree corticali diverse, che funzionano secondo una loro particolare fenomenologia. La rappresentazione dello spazio è elaborata principalmente nella parte mediana della corteccia entorhinale.
Nel lavoro sono descritti gli esperimenti che localizzano i meccanismi di attribuzione immediata ed automatica all’esperienza della dimensione temporale. Essi si trovano nella parte laterale della corteccia entorhinale. Il ruolo chiave dell’ippocampo nei meccanismi della memoria spiega come le dimensioni temporale e spaziale passino automaticamente, come caratteristiche dell’evento, nella memoria e ritornino col ricordo.
Dal momento che gli uomini, diceva Charles Darwin, «portano impressa nella struttura fisica l’impronta indelebile della loro origine remota» è verosimile che gli stessi meccanismi scoperti nei topi esistano nell’uomo. L’ippocampo, organo centrale del sistema limbico dell’emotività, conferisce al tempo personale dell’esperienza la dimensione psicologica della durata.
Le due aree (laterale e mediana) della corteccia entorhinale a ridosso dell’ippocampo e l’ippocampo trasmettono alla coscienza la rappresentazione unitaria di ciò che avviene e di come e di quando avviene, conservata poi nella memoria. È un’ennesima e indubbia conferma dell’esistenza del tempo come realtà della natura.