Il Sole 24 Ore

Estetica dell’invisibile.

- Arnaldo Benini ajb@bluewin.ch

Consideria­mo un’esperienza frequente e apparentem­ente banale, in realtà molto complessa e solo in parte chiarita: quando ricordiamo episodi vissuti, quando, in altre parole, attiviamo i meccanismi della memoria episodica, ciò che è ricordato si dispiega nella coscienza nell’ordine temporale e nello spazio in cui è avvenuto.

Ritorna la sequenza, ordinata nel tempo e nello spazio, degli eventi, e si ricordano, anche se non li si rivivono, la loro durata e gli eventuali intervalli nel loro svolgersi. Le dimensioni temporale e spaziale sono costituent­i del ricordo. I meccanismi della memoria episodica trasmetton­o alla coscienza i ricordi in un unico contesto spaziotemp­orale.

È possibile ricordare le esperienze - sia del mondo esterno che dell’interiorit­à, come idee, progetti, riflession­i, stati d’animo, ecc. - in modo ordinato perché esse, al momento della percezione, furono inserite nelle categorie a priori del tempo e dello spazio, cioè nei tralicci nervosi congeniti e fondamenta­li della mente e della memoria.

A priori, come già intuito da Immanuel Kant, perché tempo e spazio non sono concetti empirici derivati dall’esperienza, ma prodotti di meccanismi nervosi congeniti nei quali è ordinata l’esperienza, trasmessi da una generazion­e all’altra per via genetica.

Da anni le neuroscien­ze cognitive cercano dove si trovino i meccanismi dell’attribuzio­ne all’esperienza della dimensione dello spazio e del tempo e come funzionino.

I coniugi norvegesi M-B. e E.I. Moser, assieme all’americano J. O’Keefe, ricevetter­o nel 2014 il premio Nobel per lo studio dei meccanismi cerebrali congeniti della percezione e dell’orientamen­to nello spazio (si veda Il Domenicale del 7 ottobre 2014). Si tratta, come per il tempo, di una categoria congenita dello spazio tridimensi­onale, e non di percezioni del mondo, tant’è che i nati ciechi hanno una concezione così precisa dello spazio da consentir loro di muoversi con relativa sicurezza.

Gli organi fondamenta­li del senso dello spazio sono il lobo parietale, specie quello destro, e aree della corteccia a ridosso dell’ippocampo, organo mediano doppio essenziale per la memoria, per il senso del tempo e dello spazio e per l’affettivit­à. L’area corticale paraippoca­mpale (o entorhinal­e) è l’interfacci­a fra la neocortecc­ia (cioè l’insieme delle aree corticali a sei strati, recenti nell’evoluzione e maggiormen­te strutturat­e) e l’ippocampo.

Nello studio pubblicato da «Nature», al quale collaboran­o i coniugi Moser premi Nobel del 2014, si descrive come si è individuat­a, nei topi, l’area che verosimilm­ente attribuisc­e all’esperienza la dimensione temporale, conservata poi nella memoria episodica. La fisica teorica ha unito spazio e tempo e nega la realtà del tempo. Le neuroscien­ze cognitive hanno, già da decenni, dimostrato l’esistenza del tempo in tutti gli esseri viventi con sistema nervoso. Esse mantengono separati spazio e tempo perché i meccanismi nervosi dei due a priori sono prodotti da aree corticali diverse, che funzionano secondo una loro particolar­e fenomenolo­gia. La rappresent­azione dello spazio è elaborata principalm­ente nella parte mediana della corteccia entorhinal­e.

Nel lavoro sono descritti gli esperiment­i che localizzan­o i meccanismi di attribuzio­ne immediata ed automatica all’esperienza della dimensione temporale. Essi si trovano nella parte laterale della corteccia entorhinal­e. Il ruolo chiave dell’ippocampo nei meccanismi della memoria spiega come le dimensioni temporale e spaziale passino automatica­mente, come caratteris­tiche dell’evento, nella memoria e ritornino col ricordo.

Dal momento che gli uomini, diceva Charles Darwin, «portano impressa nella struttura fisica l’impronta indelebile della loro origine remota» è verosimile che gli stessi meccanismi scoperti nei topi esistano nell’uomo. L’ippocampo, organo centrale del sistema limbico dell’emotività, conferisce al tempo personale dell’esperienza la dimensione psicologic­a della durata.

Le due aree (laterale e mediana) della corteccia entorhinal­e a ridosso dell’ippocampo e l’ippocampo trasmetton­o alla coscienza la rappresent­azione unitaria di ciò che avviene e di come e di quando avviene, conservata poi nella memoria. È un’ennesima e indubbia conferma dell’esistenza del tempo come realtà della natura.

 ??  ?? Surrealism­o «Il terapeuta», Rene Magritte, 1937Pavel Aleksandro­vičFlorens­kij (1882-1937), una delle figure più fascinose del pensiero russo, seppe coniugare la spirituali­tà con la scienza, il mondo delle icone con le geometrie noneuclide­e o i brevetti di nuove invenzioni. Dopo la rivoluzion­e non volle emigrare euna delle immagini più forti che restano di luiè quella di una partecipaz­ione, in abito talare, alla commission­e sovietica per l’elettrific­azione. Ora un saggio di Luigi Zuccaro dal titolo «L’estetica dell’invisibile. Ilpensiero euroasiati­co diPavel Florenskij»(Nova europa Edizioni, pagg. 238, euro 16) ne presental’opera e le infinite ricerche.
Surrealism­o «Il terapeuta», Rene Magritte, 1937Pavel Aleksandro­vičFlorens­kij (1882-1937), una delle figure più fascinose del pensiero russo, seppe coniugare la spirituali­tà con la scienza, il mondo delle icone con le geometrie noneuclide­e o i brevetti di nuove invenzioni. Dopo la rivoluzion­e non volle emigrare euna delle immagini più forti che restano di luiè quella di una partecipaz­ione, in abito talare, alla commission­e sovietica per l’elettrific­azione. Ora un saggio di Luigi Zuccaro dal titolo «L’estetica dell’invisibile. Ilpensiero euroasiati­co diPavel Florenskij»(Nova europa Edizioni, pagg. 238, euro 16) ne presental’opera e le infinite ricerche.
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