Il Sole 24 Ore

Dieci lustri di capolavori

- Marina Mojana

Per celebrare 50 anni di presenza sul mercato italiano la casa d’aste Sotheby’s, nata a Londra più di 270 anni fa, organizza nella sede milanese di Palazzo Serbelloni (Corso Venezia, 16) fino al 20 dicembre una mostra di capolavori - per una volta non in vendita - selezionat­i tra le opere passate di mano nel corso dei dieci lustri, ma mai apparse nei cataloghi d’asta perché giudicate dalle sovrintend­enze beni d'interesse nazionale e perciò vincolati al territorio italiano.

Ogni esemplare esposto è corredato da una scheda tecnica curata dai massimi specialist­i del settore. A prevalere è l’arte della scultura, una disciplina che proprio nel corso degli ultimi decenni è tornata a imporsi, entrando in piazze pubbliche, parchi e salotti, dopo un periodo di fase orso in cui l'oggetto tridimensi­onale veniva giudicato dallo star system troppo monumental­e o troppo decorativo.

L’esemplare più antico in mostra è di epoca traianea (98 - 117 d.C.) e raffigura il busto in marmo di Quintus Socconius Nedymus. Sulla base un’iscrizione latina dichiara che Quinto Socconio, della tribù Palatina, fece questo ritratto funebre per se stesso. Si tratta di un documento visivo eccezional­mente

ben conservato, fine

mente intagliato e mai stato oggetto di studi.

L’arte che fa a gara con la natura è anche quel- la dei Della Robbia Luca e Andrea, noti scultori toscani che verso il 1470 eseguirono in terracotta invetriata e smaltata a lustro un Ri

tratto di bambina molto affine a quello - forse il pendant - conservato al Museo Bargello di Firenze. L’opera proviene dalla collezione dei conti Guicciardi­ni e venne mostrata in pubblico soltanto per la mostra «Lorenzo il Magnifico e le Arti» allestita a Palazzo Strozzi nel lontano 1949.

Ogni oggetto esposto racconta una pagina di storia italica, dal busto in bronzo di Papa Urbano VIII Barberini, fuso da Gian Lorenzo Bernini verso il 1658 e provenient­e dalla collezione dei Principi Corsini di Firenze a La Concezione, altoriliev­o in marmo parzialmen­te dorato, firmato da Adolfo Wildt (che fu maestro di Lucio Fontana) e appartenut­o all’editore milanese Vanni Scheiwille­r. Esposta alla Biennale di Venezia nel 1922, è stata recentemen­te in mostra alla Fondazione Prada di Milano.

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Lucio Fontana «Arlecchino» mosaico policromo, 1948 collezione privata

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