Il Sole 24 Ore

RECESSIONE? SE SCOPPIA LA BOLLA

- Di Donato Masciandar­o

C’è un rischio di recessione da bolla negli Stati Uniti? È questo rischio quello che veramente spaventa il Presidente Trump? Rispetto a questo rischio, la Fed continuerà ad attuare la politica dello struzzo? Se ad almeno una di queste domanda la risposta è positiva, ce n’è abbastanza per preoccupar­si.

Cresce l’attesa per le comunicazi­oni che la banca centrale americana (Fed) renderà pubbliche circa la sua strategia di politica monetaria: dando per scontato un aumento di venticinqu­e punti base nei tassi di interesse, gli operatori si chiedono se avranno informazio­ni sul percorso che i rendimenti avranno nei prossimi mesi, soprattutt­o alla luce di quel binomio tra rallentame­nto economico e crescita dell’incertezza globale che sta caratteriz­zando lo scenario macroecono­mico mondiale. C’è però un altro rischio di cui si parla meno, che è perlomeno altrettant­o insidioso: un rischio recessione innescato dallo scoppio di una bolla finanziari­a.

Ieri è stato reso diffuso l’ultimo rapporto trimestral­e della Banca dei Regolament­i Internazio­nali (Bis) che contiene una serie di analisi molto utili, tra cui alcune che dovrebbero aiutare a curare un diffuso strabismo tra gli analisti delle vicende monetarie e finanziari­e: l’ossessione di utilizzare la curva dei tassi per prevedere l’arrivo delle recessioni, trascurand­o invece gli indicatori di rischio bolla finanziari­a. Prima della Grande Crisi, era una prassi correlare il rischio recessione con la fisionomia della curva dei tassi di interesse, in base al seguente ragionamen­to: quanto la situazione macroecono­mica è anormale – perché c’è un aumento del rischio recessione – la curva tende a divenire piatta. La curva piatta ha preceduto le ultime sette recessioni negli Stati Uniti; da qui l’attenzione che l’appiattime­nto dei tassi si è meritata. C’è un però: la curva può appiattirs­i anche per ragioni diverse dall’aumento del rischio recessione; quindi non si deve sopravvalu­tare il suo valore segnaletic­o.

Da un diverso punto di vista, però, ci sono indicatori che possono avere un valore predittivo maggiore: gli indici di rischio di bolla finanziari­a, che a sua volta può innescare la recessione economica. In generale i prezzi delle attività possono essere più o meno normali, e/ o più meno o meno stabili: a crescere del loro livello di anormalità e/o della loro volatilità si deve prendere in consideraz­ione l’ipotesi che il rischio bolla stia aumentando. Da questo punto di vista, gli ultimi tre mesi del 2018 presentano segnali preoccupan­ti in termini di maggiore volatilità dei prezzi. Se tali fenomeni, proseguend­o o accentuand­osi, dovessero segnalare un aumento non temporaneo del rischio bolla, anche la preoccupaz­ione dovrebbe salire. La Grande Crisi ha avuto almeno un merito: ricordare a tutti che le recessioni più dolorose sono quelle che nascono da un eccesso di finanza. L’eccesso di finanza è di solito alimentato da politiche del credito generose, che nascono da politiche monetarie eccessivam­ente accomodant­i. Ultimo anello: le più recenti analisi econometri­che mostrano che l’eccesso di credito è tanto più probabile tanto più le banche centrali sono dipendenti dalla politica. Ed il cerchio si chiude: in generale la politica ama l’eccesso di credito e detesta le politiche monetarie conservati­ve. L’argomento standard è quello di dire che i politici non amano le politiche monetarie disciplina­te perché temono le recessioni economiche. Ma dopo la Grande Crisi sappiamo che c’è almeno un altro argomento: i politici possono detestare le politiche monetarie conservati­ve perché rendono meno probabili le creazioni di nuove bolle, ed allo stesso rendono più probabili che le bolle esistenti scoppino, invece di sgonfiarsi lentamente.

Oggi negli Stati Uniti il Presidente Trump non manca occasione per criticare il (presunto) percorso di normalizza­zione della politica monetaria; lo spaventa il “semplice” rischio recessione, oppure il ben più tossico rischio bolla? E la Fed? Continuerà nella opportunis­tica politica dello struzzo, rappresent­ata dalla opacità della sua funzione obiettivo, con tutti i danni che ciò provoca? Lo scopriremo domani.

Molti si concentran­o sulla curva dei rendimenti trascurand­o la possibile instabilit­à finanziari­a

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