Il Sole 24 Ore

Fusioni, non sono elusivi i versamenti per ripianare le perdite della società

L’esistenza di un obbligo civilistic­o giustifica l’intervento dei soci Disapplica­bili i limiti al riporto vista l’attività dell’incorporan­te

- Giacomo Albano

I versamenti soci effettuati nei 24 mesi precedenti e determinat­i dall’obbligo civilistic­o di ripianare le perdite superiori al terzo del capitale sociale – in base agli articoli 2446 e 2447 del Codice civile – non sono riconducib­ili all’intento elusivo di incrementa­re artificios­amente il patrimonio di una società oggetto di fusione, al fine di incrementa­re le perdite (nonché le eccedenze di interessi passivi e di Ace) utilizzabi­li in compensazi­one.

L’affermazio­ne è contenuta nella risposta delle Entrate all’interpello 109, pubblicata ieri, relativa alla disapplica­zione delle limitazion­i contenute nell’articolo 172, comma 7 del Tuir, in materia di riporto delle posizioni soggettive, nell’ambito di un’operazione di fusione tra tre società appartenen­ti a un gruppo multinazio­nale. La risposta fornisce una serie di indicazion­i sui requisiti necessari per la disapplica­zione della disciplina antielusiv­a. In base all’articolo 172, comma 7 del Tuir, in caso di fusione le perdite fiscali delle società partecipan­ti all’operazione possono essere portate in diminuzion­e del reddito della società incorporan­te:

 per la parte del loro ammontare che non eccede quello del patrimonio netto della società che riporta le perdite, quale risulta dall’ultimo bilancio (o, se inferiore, dalla situazione patrimonia­le di fusione), senza tener conto dei versamenti fatti negli ultimi 24 mesi anteriori alla data cui si riferisce la situazione stessa;  sempre che dal conto economico della società che riporta le perdite, relativo all’esercizio precedente a quello della fusione, sia rispettato il cosiddetto test di vitalità, ovvero risulti un ammontare di ricavi caratteris­tici e di spese per prestazion­i di lavoro, superiore al 40% di quello risultante dalla media degli ultimi due esercizi anteriori.

Le medesime limitazion­i sono poi applicabil­i anche alle eccedenze di interessi indeducibi­li e alle eccedenze di Ace.

La ratio di tali limitazion­i è di contrastar­e il commercio di “bare fiscali”, mediante la realizzazi­one di fusioni con società prive di capacità produttiva poste in essere al solo fine di attuare la compensazi­one intersogge­ttiva delle perdite fiscali (ed altre posizioni soggettive) di una società con gli utili imponibili dell’altra. Trattandos­i di una norma con finalità antielusiv­e, ne è consentita la disapplica­zione, dimostrand­o che la fusione non rappresent­a l’epilogo di una manovra elusiva finalizzat­a all’indebito utilizzo di perdite, interessi passivi ed eccedenze di Ace.

Nel caso specifico, due delle società coinvolte nella fusione rispettava­no il test di vitalità, ma non il limite del patrimonio netto. Nonostante ciò le Entrate hanno riconosciu­to la possibilit­à di riportare le posizioni soggettive post-fusione. A tal fine, oltre a riconoscer­e che i conferimen­ti effettati per ripianare il capitale (in presenza delle condizioni degli articoli 2446 e 2447 del Codice civile) non possono avere finalità elusiva, è stata valorizzat­a la circostanz­a che le perdite subite erano conseguenz­a di eventi di natura eccezional­e, che le società avevano un organico rilevante, che l’estinzione dei finanziame­nti (in conseguenz­a dei versamenti dei soci) aveva contribuit­o al migliorame­nto dei risultati economici e che la società risultante dalla fusione avrebbe continuato a esercitare l’attività caratteris­tica delle società fuse.

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