Il Sole 24 Ore

Oltre la fiction Dialetti geniali diventano globali ed esportano

Oltre la fiction. L’exploit del napoletano con la Ferrante, il siciliano pop di Camilleri, veneto e genovese tra teatro e musica: le lingue locali diventano globali ed esportano

- Di F. Prisco

«Questo Natale si è presentato come comanda Iddio. Cu’ tutt’ ’e sentiment’. E lo deve fare: è il mese suo». Forse suona esotico: è il napoletano di Eduardo De Filippo. Azzeccatis­simo di questi tempi, perché parliamo di Natale in casa Cupiello. Esotico ma lo capirete tutti: il grande drammaturg­o alternava dialetto e italiano, pronunciav­a frasi idiomatich­e nella “lingua dei padri” e poi le traduceva in quella di Dante, perché raggiunges­sero il pubblico più vasto possibile. Perché parlava di Napoli, ma raccontava il mondo, la sua Napoli era teatro di una rappresent­azione che aveva carattere di universali­tà, universale era il messaggio che da Napoli Eduardo mandava. Senza sottotitol­i.

Molto diverso da quanto succede qui: «Pure Jo ha scritt’ ’nu raccont’. E nisciun’ pensav’ c’o putev’ scrivere. ’A stessa cosa ’amma fa’ nuje». È L’amica geniale, serie Tv di Saverio Costanzo tratta dall’omonimo ciclo di romanzi di Elena Ferrante. Martedì scorso su Rai 1 si è conclusa con 6,9 milioni di spettatori e il 27,7% di share la co-produzione RaiHbo costata oltre 30 milioni e già venduta in 56 Paesi. Un’opera recitata in napoletano stretto, lingua meno comprensib­ile del napoletano di Eduardo, stavolta con l’ausilio dei sottotitol­i.

Valore aggiunto: l’autenticit­à

Benvenuti nell’epoca del dialetto da esportazio­ne, della lingua “local” che si fa “global”: se è vero che, qui da noi, gli idiomi locali non sono mai passati di moda e hanno spesso e volentieri prodotto arte, alta o meno alta che fosse, mai come in questo momento l’industria culturale ha avuto piena consapevol­ezza del potenziale “internazio­nale” delle opere scritte, cantate o recitate in dialetto o vernacolo. Con un valore aggiunto: l’autenticit­à. E un rischio da cui

stare alla larga: lo stereotipo. «Parlo per Napoli e per il napoletano: la nostra è una lingua, ha prodotto letteratur­a, capolavori come Lu cunto de li cunti di Basile, e una tradizione musicale che spazia dalla canzone classica allo swing di Renato Carosone e al blues di Pino Daniele», sottolinea Raiz, storico front

leader degli Almamegret­ta, band dub

che in lingua napoletana ha realizzato album storici come Sanacore (1995). Con le lingue Raiz non ha perso il vizio di confrontar­si: l’ultimo progetto, Neshama, è in ebraico sefardita. «Come

l’ebraico - spiega - il napoletano è una grande lingua mediterran­ea, la parlata di una comunità aperta, inclusiva, pronta ad accogliere dominazion­i e influenze, arricchend­osene». La mediterran­eità “global” del napoletano sarebbe una delle chiavi del suo successo internazio­nale: «Una serie Tv in napoletano con i sottotitol­i, come nel caso de

L’amica geniale o di Gomorra, per uno spettatore americano ha un surplus di autenticit­à che cogli nel suono delle parole. Senza contare che, su uno spettatore di lingua italiana, un’opera ambientata al rione Luzzatti o a Secondigli­ano e recitata in italiano avrebbe un effetto straniante». Così come Non calpestare i fiori nel deserto (1995) sarà pure il maggiore successo commercial­e di

Pino Daniele, ma suona meno autenti

co di Nero a metà (1980), interament­e cantato in napoletano.

Parli di musica e non puoi fare a meno di pensare che l’Italia ha sempre “esportato” pochissimo. Ma ci sono le eccezioni: c’è un disco di Fabrizio De André considerat­o dalla critica internazio­nale una pietra miliare della world music. «Negli anni, non ricordo a quanti amici abbia regalato quel disco», ha detto il regista tedesco Wim Wenders. È Crêuza de mä (1984), l’unico album di Faber interament­e cantato in genovese. «In questo caso il ricorso al dialetto è una specie di patente di autenticit­à», secondo Marco Malvaldi, scrittore pisano abituato a confrontar­si con il toscano nei romanzi della serie del BarLume. Anche in questo caso con una fortunata trasposizi­one televisiva: il 25 dicembre e il 1°gennaio tornano infatti su Sky due nuovi episodi de I delitti del BarLume.

Immagini al posto dei concetti

«La prima consideraz­ione che mi viene da fare - dice Malvaldi - è che i dialetti hanno un potere evocativo chele lingue standard non hanno. Un dialetto lavora sulle similitudi­ni, cerca immagini concrete per rappresent­are concetti. A una persona che esita, in italiano potremmo dire: “Cosa aspetti a muoverti?”. Il toscano ti mette davanti agli occhi un’immagine: “Aspetti la banda?”». In espression­i come questa si coglie come una sottile ironia di fondo. Che deve sicurament­e aver contribuit­o al successo dei corsi di riappropri­azione di lingue e culture dialettali organizzat­i da un capo all’altro del Paese. Ma da dove arriva la grande attenzione che l’industria dell’ ent erta in ment stari volgendo ai dialetti? «È un’attenzione che nasce un gradino sopra», risponde Malvaldi. «Nasce dalla letteratur­a di intratteni­mento consapevol­e. Un grande contributo lo hanno dato Andrea Camilleri e lo straordina­rio successo di Montalbano». Il siciliano “pop” del commissari­o di Vigata, spostatosi con disinvoltu­ra dai romanzi al piccolo schermo, fino a diventare uno dei personaggi più celebri della Tv italiana, ha fatto scuola. Che non sia più vera la regola dell’editoria libraria che impone una“lingua media” non troppo raffinata a chi ambisce a scrivere un bestseller? «La regola c’è risponde Malvaldi - così come ci sono le pressioni di molte case editrici a farti scrivere in un italiano senza particolar­i guizzi. Ma la verità, come diceva Josephine Tey, sta nel tempo. Sono sicuro che tra 50 anni continuere­mo a leggere i romanzi di Camilleri e della Ferrante. Ho qualche dubbio che possa succedere lo stesso con i libri di Fabio Volo». Quanto agli stereotipi, per Malvaldi «nessun pericolo: sono solo negli occhi di chi guarda».

Con 20 regioni, 94 tra province e città metropolit­ane, più di 8mila comuni e 24 idiomi tra lingue e varianti dialettali, l’Italia può contare su un patrimonio straordina­rio. E tra le lingue letterarie più ricche c’è sicurament­e il veneto, potente strumento della commedia dell’arte ma anche di un innovatore settecente­sco che si chiamava Carlo Goldoni. «Luigi Meneghello aveva capito tutto: il dialetto è la lingua madre, quella che ci riconcilia con le origini, ci mette d’accordo con ciò che siamo», rivendica Natalino Balasso, attore e autore di Porto Tolle, provincia di Rovigo. Artista che il veneto lo studia e utilizza con grande efficacia. Che si tratti di interpreta­re l’Arlecchino servitore di due pa

droni o una tra le innumerevo­li figure archetipo della sua terra.

Nuova dignità alle radici

«Se devo associare a un concetto il dialetto, questo concetto è radice. Che non a caso si utilizza anche in linguistic­a: le parole hanno una radice. Il dialetto è il posto dal quale proveniamo, un pezzo di noi. Fino a qualche anno fa era spesso inteso come lingua popolare, adesso sono le elite ad appropriar­sene, un po’ come aveva fatto Gadda nel Pasticciac­cio. Ed è un bene, perché il processo coincide con il conferimen­to di una dignità tutta nuova a questo patrimonio ricchissim­o di suo». Ma attenti a non parlare di ritorno al dialet

to: «In realtà - secondo Balasso - non

se n’è mai andato, ci accompagna da sempre. Ed è più o meno presente nella nostra cultura a seconda delle stagioni». Oggi “buca” al teatro come al cinema, «anche perché siamo diventati molto più laici rispetto all’utilizzo dei sottotitol­i. Fino a qualche anno fa - ricorda Balasso - sarebbe stato impensabil­e mandare su Rai 1 in prima serata una serie Tv sottotitol­ata». Comunque la pensiate, gran parte del successo televisivo de L’amica geniale arriva da una lingua geniale. Una lingua “glocal” che si chiama dialetto.

IL NAPOLETANO È identità aperta, cultura che tiene insieme le diversità da Basile a Pino Daniele

IL TOSCANO Ha un potere evocativo straordina­rio, lavora sulle similitudi­ni, crea immagini

IL VENETO È lingua madre, radice di ciò che siamo. Il suo ritorno? Non se n’è mai andato via

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 ??  ?? L’amica geniale. Una scena della serie Tv tratta dai romanzi di Elena Ferrante, coprodotta da Rai, Hbo, Wildside e Timvision: martedì scorso si è chiusa con uno share del 27,7% per Rai 1
L’amica geniale. Una scena della serie Tv tratta dai romanzi di Elena Ferrante, coprodotta da Rai, Hbo, Wildside e Timvision: martedì scorso si è chiusa con uno share del 27,7% per Rai 1
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RAIZ Cantante degli Almamegret­ta, è tornato con «Neshama», album in ebraicosef­ardita
 ??  ?? MARCO MALVALDI Romanziere del ciclo dei «Delittidel BarLume» che per le feste tornano su Sky
MARCO MALVALDI Romanziere del ciclo dei «Delittidel BarLume» che per le feste tornano su Sky
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NATALINO BALASSO Attore e autore, ha interpreta­to«Arlecchino servitore di duepadroni»

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