Concorsi pubblici, proroga graduatorie a scalare dal 2010
Per quelle fino al 2013 idonei e vincitori dovranno fare un corso di aggiornamento
In una girandola di commi che appaiono e scompaiono dal maxiemendamento alla manovra “esaminato” in Senato, arriva anche la proroga generalizzata delle graduatorie dei concorsi pubblici dal 2010 in poi. Per quelle più vecchie, datate 2010-2014, la proroga è limitata al 30 settembre. E all’interno di questo gruppo una condizione ulteriore è posta per le graduatorie fino al 2013: per essere assunti, i vincitori o gli idonei ancora presenti in lista dovranno frequentare un corso di aggiornamento e affrontare un colloquio per accertare che le loro competenze siano sopravvissute ai lunghi anni di attesa. Per le graduatorie più recenti la proroga è invece a scaglioni: quelle del 2015 scadranno il 31 marzo 2020, quelle del 2016 vivranno fino al 30 settembre 2020, le graduatorie 2017 arriveranno al 31 marzo 2021, e quelle 2018 scadranno a fine 2021. Per il futuro, si stabilisce una vita triennale, a partire dal giorno della loro approvazione.
La proroga delle graduatorie si accompagna nel pacchetto dedicato al pubblico impiego al rinvio al 15 novembre della presa in servizio per le nuove assunzioni rese possibili dal turn over 2019 nella Pa centrale, e a una maxi-stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili. Una misura, quest’ultima, chiesta dai Cinque Stelle per chiudere un’epoca di precariato storico che soprattutto negli enti locali del Sud ha appeso migliaia di persone al ricatto politico delle proroghe annuali. I lavoratori socialmente utili sono oggi poco più di 12mila, quasi tutti concentrati in regioni ed enti locali (11.500) e sanità (circa 600). Per i prossimi tre anni, gli enti potranno stabilizzare con contratti a tempo indeterminato (anche part time) gli Lsu o i lavoratori di pubblica utilità (Lpu) che abbiano maturato tre anni di anzianità negli ultimi cinque, passando attraverso un concorso riservato, senza però derogare ai tetti di spesa di personale.
Ma è la questione delle graduatorie ad aver tenuto banco nella complicata giornata vissuta a Palazzo Madama dal maxi-emendamento governativo. Nel testo arrivato in commissione erano spuntati due commi, il 163-octies e il 163-novies, con un’estensione generalizzata di un anno incompatibile con quella scritta al comma 187-quaterdecies, che disciplina appunto la proroga a scalare.
Il tourbillon di avverbi numerali, risolto con lo stralcio dei primi due commi che ha poi cambiato tutta la sequenza, è in ogni caso indicativo dell’incertezza che ha regnato sul tema. L’idea iniziale era di far decadere le graduatorie più antiche, ma l’allarme dei diretti interessati e il rischio di ricorsi (soprattutto da parte di idonei che sarebbero “decaduti” a differenza di altri assunti fin qui pescando dagli stessi elenchi) ha portato a un ripensamento. Il nuovo meccanismo prova in ogni caso a superare un problema incancrenito dalle proroghe annuali, che ha moltiplicato attese spesso impossibili da soddisfare con i flussi di assunzioni nella Pa. I nuovi concorsi, in ogni caso, potranno solo indicare «vincitori», senza mettere a chi arriva più o meno vicino ai posti utili anche il bollino di «idoneo» che non produce un diritto all’assunzione ma ne crea le aspettative.
In fatto di turn over, a infiammare il dibattito rimane poi il rinvio al 15 novembre per l’entrata in servizio dei futuri assunti in ministeri, agenzie fiscali, enti pubblici non economici e università. Il congelamento serve a far risparmiare 100 milioni di euro sul 2019, e non tocca le assunzioni dei concorsi già autorizzati concentrandosi sugli spazi di turn over che si aprono l’anno prossimo per effetto delle uscite del 2018 (il turn over è al 100% per una norma inserita nel decreto semplificazioni). Dal governo minimizzano, sostenendo che i tempi necessari ad avviare i nuovi concorsi e la chiamata in servizio dei vincitori riducono di fatto al minimo il ritardo prodotto dallo stop. Sull’università, dove l’allarme è più alto perché le “chiamate” riguardano gli abilitati che quindi hanno già superato il concorso nazionale, interviene il viceministro al Miur Fioramonti: anche in questo caso, spiega, lo stop riguarda i reclutamenti ordinari su punti organico 2019, che in ogni caso «si sarebbero realizzati solo nella seconda metà dell’anno».
Il rinvio al 15 novembre per le nuove assunzioni in ministeri e università non tocca gli iter avviati per il vecchio turn over