Lo sguardo leggendario dei Nadar
Lettera da Parigi. Balzac, Baudelaire, Bernhardt, i Goncourt e altri: sono i protagonisti della vita culturale dell’Ottocento francese colti dall’obiettivo dei tre autori, ora celebrati da una mostra. Applicarono la fotografia anche alla medicina, all’etn
Quando lo sguardo di uno dei grandi scrittori francesi dell'Ottocento ci fissa dal ritratto fotografico riprodotto sulla copertina di un libro, svelando e proteggendo al contempo il proprio mistero interiore, possiamo essere certi che l'artefice dello scatto è uno dei tre Nadar: Félix, Adrien o Paul.
Félix (1820-1910) era il più esuberante e carismatico, un principe della bohème amico di Hugo, Balzac, Baudelaire, George Sand e moltissimi altri, di cui immortalò volti e posture con consapevole intuito psicologico: «La teoria fotografica», ebbe a dichiarare, «si apprende in un'ora, le prime nozioni pratiche in un giorno. Ciò che non si apprende è la comprensione morale del proprio soggetto, è la rapidità di tatto che ci pone in comunicazione col nostro modello, permettendoci di ottenere non un'indifferente riproduzione plastica, ma la rassomiglianza più familiare, più favorevole, più intima. È il lato psicologico della fotografia, la parola non mi sembra troppo ambiziosa». Adrien (1825-1903) era il fratello minore, un po' schiacciato dalla personalità imponente del primogenito. Ma fu lui, quando Félix esercitava ancora il mestiere di caricaturista, a cimentarsi per primo con l'arte nascente della fotografia, praticandola con la sensibilità pittorica coltivata durante gli anni di studio all'Accademia di belle arti di Parigi. Gli dobbiamo alcuni dei ritratti più evocativi e penetranti firmati Nadar, come quelli di Gérard de Nerval o dei fratelli Goncourt, sino a qualche anno fa erroneamente attribuiti al fratello. Paul (18561939), infine, era il figlio di Félix. Dei tre, forse, quello col temperamento meno artistico, il più interessato ai progressi tecnici del mezzo fotografico e alla gestione imprenditoriale dello studio di famiglia (rappresentante esclusivo di Kodak in Francia, fu tra i pionieri della fotografia su pellicola). Ereditò nondimeno l'intuito psicologico del padre e la sensibilità pittorica dello zio, come testimoniato, solo per fare due esempi, dai famosi ritratti di Proust adolescente o di Mallarmé al tavolo di scrittura.
L'opera molteplice e congiunta di questa santa trinità della fotografia è l'oggetto di una pregevolissima
mostra allestita alla Bibliothèque nationale de France: Les Nadar, une légende photographique, a cura di Sylvie Aubenas e Anne Lacoste. I Nadar, una leggenda, è il caso di precisare, non solo fotografica, a cominciare dal nome, dato che in realtà si chiamavano, molto più prosaicamente, Tournachon.
Fu Félix a inventare il fortunato e orientaleggiante pseudonimo, Nadar, del quale divenne così geloso da volerne impedire l'uso ad Adrien: uno storico processo, da lui vinto, creò scandalo per la violenza della lotta fratricida. Tollerò invece che il figlio si firmasse Paul Nadar, ma si decise a cedergli ufficialmente i diritti del proprio cognome d'arte solo nel 1903, a ottantatré anni, quando aveva lasciato la direzione dello studio fotografico di famiglia da ormai più di tre lustri. I Tournachon erano però uomini di cui si è perso lo stampo: malgrado i duri conflitti tra loro, mantennero legami di complicità e collaborazione, improntati a una franchezza che finì col dissolvere ogni dissidio.
La prima parte della mostra è consacrata ai loro ritratti famigliari. Félix fotografato da Adrien, Adrien da Félix, e poi entrambi immortalati da se stessi. Quindi Paul fotografato in ogni fase della sua crescita da Félix, e Félix da Paul nella sua vecchiaia. Ernestine, moglie amatissima da Félix e madre devota di Paul, soggetto di alcuni tra i più intensi ritratti del marito e del figlio, sembra assistere perplessa alla frenesia fotografica degli uomini di famiglia.
Queste immagini, libere dai vincoli della committenza e prive di ogni fine celebrativo, a volte persino crudeli nel palesamento di goffaggini e difetti fisici, rappresentano una sorta di “dietro le quinte” dell'arte ritrattistica dei Nadar quale invece si esprime, nella sezione centrale della mostra, per conto di terzi. Senza mai scadere nella piaggeria, i ritratti di Félix, Adrien e Paul si rivelano qui accomunati dalla capacità di valorizzare i tratti salienti di un'individualità grazie alla maestria nell'uso degli effetti di luce e di postura, o, nel caso di Paul, di arredi e scenografie inclini al gusto del tableau vivant.
A posare non sono soltanto scrittori, ma artisti, scienziati, attori di teatro, esploratori, politici, rivoluzionari, gente del bel mondo. All'origine di questa colossale impresa figurativa c'è il progetto, davvero leggendario, del cosiddetto Pantheon di Nadar, perseguito da Félix negli anni in cui era ancora disegnatore: una galleria di 1200 caricature che, accompagnate da brevi biografie umoristiche, avrebbero dovuto tracciare un quadro completo della vita intellettuale e artistica parigina. Félix lasciò il progetto incompiuto, ma la sopravvenuta vocazione fotografica gli permise in qualche modo di prolungarlo tramite le proprie lastre, oltre che con quelle del fratello e del figlio. L'esito è una straordinaria versione per immagini della commedia umana che si recitava sulla scena della capitale del XIX secolo, quando Parigi, vera e propria città-mondo, era la destinazione inevitabile per chiunque ambisse a un ruolo di spicco nella propria epoca.
Nel corso dell'attività quasi secolare del loro studio, i Nadar applicarono la fotografia a svariati campi del sapere: medicina, topografia, antropologia, etnologia. Deposero decine di brevetti, contribuendo all'evoluzione della tecnica fotografica. Félix, appassionato di aerostatica, fu un pre
cursore delle vedute aeree: sua è
la prima di Parigi, colta in volo da un'immensa mongolfiera che aveva fatto costruire a proprie spese. Ma sue sono anche le prime immagini del sottosuolo parigino, l'oltremondo delle fogne e delle catacombe, rese fotografabili dall'impiego avanguardistico dell'illuminazione artificiale. Questa rappresentazione della Parigi sotterranea, disseminata di ossa, percorsa da cunicoli e gallerie che prefigurano la nascita della metropolitana, scava un passaggio tra diverse dimensioni temporali, giungendo a noi dal sottosuolo della Storia. Con essa, alla fine dell'esposizione delle magnifiche fotografie dei Nadar, sorge il dubbio doloroso che un tale sodalizio fra arte e tecnica, estetica e progresso appartenga irrevocabilmente al passato.