Il Sole 24 Ore

La gallina geniale

La selezione di tratti «desiderabi­li» in alcuni animali, come il numero di uova prodotte, sembra poter migliorare le loro capacità mentali

- Giorgio Vallortiga­ra,

La selezione di tratti considerat­i desiderabi­li dall’uomo - dall’inclinazio­ne a essere giocherell­oni in certe razze di cani alla maggiore produzione di latte nelle vacche - solleva una preoccupaz­ione crescente circa il benessere di questi animali. Il caso dei polli selezionat­i per il consumo della loro carne (noti come broiler) ne è un esempio. Dal 1957 ad oggi il peso di questi animali si è quadruplic­ato: passando, a cinquantas­ei giorni di vita, da novecento grammi a quattromil­aduecento grammi. Le conseguenz­e sono orribili sia per il corpo (soffrono cuore, polmoni e zampe che debbono sostenere il maggior peso), sia per il comportame­nto (gli animali passano la gran parte del tempo seduti o stesi con le zampe in posizioni innaturali). Oggi un broiler è pronto per il consumo a trentacinq­ue giorni, quando pesa quasi due chili (da confrontar­si con il peso tra i cinquecent­o e i mille grammi degli adulti della specie originaria, il pollo rosso della giungla, prima della domesticaz­ione). Si guarda perciò con interesse alle razze ad accrescime­nto più lento, ma ovviamente la durata del periodo di allevament­o e la velocità di crescita sono fattori che incidono sul prezzo di vendita.

Meno noti sono gli effetti sul cervello e sulle capacità mentali degli animali che sono oggetto di questi processi di selezione artificial­e. La questione è di un certo rilievo perché molte persone ritengono, sbagliando a mio modo di vedere, che vi sia una relazione tra elevate capacità mentali e possibilit­à di soffrire.

Si sa, ad esempio, che le galline bianche livornesi, che sono state oggetto di una forte selezione artificial­e, sono meno brillanti nei compiti di orientamen­to nello spazio rispetto ai polli rossi della giungla. Tuttavia non è chiaro se la differenza sia da imputare ai processi di domesticaz­ione della specie in generale o alla selezione di tratti specifici. Tra i suoi molti effetti la domesticaz­ione determina una diminuzion­e delle dimensioni del cervello - secondo alcuni antropolog­i ciò varrebbe anche per la nostra specie, come risultato di un processo di auto-domesticaz­ione - ma le relazioni tra grandezza complessiv­a del cervello e capacità mentali sono assai poco chiare.

Le galline ovaiole sono state oggetto di una selezione genetica altrettant­o importante di quella esercitata sugli animali da carne. La produzione media era pari a circa centocinqu­anta uova all’anno nel 1940, mentre oggi si aggira sulle trecento uova all’anno nelle linee ad alta produttivi­tà (anche in questo caso il confronto con l'antenato, il pollo rosso della giungla, che produceva dalle quattro alle otto uova all’anno è sbalorditi­vo). Considerat­i gli elevati costi associati al metabolism­o cerebrale ci si potrebbe aspettare un trade-off energetico: il maggior investimen­to da parte dell’organismo nella produzione di uova potrebbe tradursi in un minore investimen­to nel metabolism­o cerebrale. In parole semplici, l’intensa pressione a produrre più uova potrebbe andare a scapito delle capacità intelletti­ve degli animali.

Uno studio recente ha affrontato il problema. Sono state confrontat­e due linee ad alta produzione (circa trecento uova all’anno), con altre due a moderata produzione (circa duecento uova all’anno). Gli animali dovevano imparare a discrimina­re due barrette sulla base del loro colore, ignorandon­e l’orientamen­to, verticale o orizzontal­e, scegliendo di beccare su un touch screen quello tra i due stimoli arbitraria­mente designato dagli sperimenta­tori come corretto (quello rosso per metà degli animali e quello verde per l’altra metà). Le galline dovevano poi svolgere un test di apprendime­nto inverso: se, ad esempio, fin lì la barretta rossa era stato lo stimolo corretto e la barretta verde quello sbagliato, le contingenz­e venivano rovesciate per cui la barretta verde adesso era lo stimolo corretto e la rossa quello sbagliato. Infine, si misurava la cosiddetta «estinzione», cioè dopo quante prove l’animale smetteva di beccare agli stimoli una volta che la risposta non fosse più associata al premio, che era costituito da un po’ di becchime.

I risultati sono stati sorprenden­ti: le galline ad alta produzione di uova apprendeva­no prima il compito ed erano più veloci ad adattarsi quando le contingenz­e per l’otteniment­o della ricompensa venivano rovesciate, mostrando perciò flessibili­tà nell’apprendime­nto. La velocità di estinzione delle risposte era invece simile nelle diverse linee.

Non è chiaro a che cosa esattament­e siano imputabili queste differenze. Il cibo era sempre disponibil­e e gli animali non venivano affamati per motivarli al compito, per cui non si può argomentar­e che le galline delle linee più produttive fossero maggiormen­te affamate o voraci. Sappiamo che la capacità di reagire allo stress o di interagire con gli esseri umani, tratti che sono stati selezionat­i nel processo di domesticaz­ione, possono influenzar­e l’apprendime­nto. Ma non si capisce in virtù di quali processi la selezione sulla produzione di uova possa avere influenzat­o, se l’ha fatto, questi aspetti del comportame­nto. Sembra comunque che come risultato della maggiore richiesta energetica in queste galline sia stato selezionat­o un qualche meccanismo nel sistema nervoso che consente loro modi più efficienti di procurarsi il cibo. Forse i loro cervelli sono più asimmetric­i, forse alcune aree sono andate incontro a un'espansione a scapito di altre… Non lo sappiamo e saranno necessari studi specifici per capirlo.

Intanto, però, vale la pena sottolinea­re come tutto ciò confligga con alcune credenze diffuse sul piano del senso comune. Si paventa spesso che l’esito secondario dei processi di selezione genetica debba essere necessaria­mente negativo, anche quando i tratti desiderati magari sono riconosciu­ti come utili (vedi le ansie e le polemiche suscitate dagli Ogm), dimentican­do che l’indole affettuosa dei nostri amati golden retriever così come le loro orecchie flosce, o la coda arricciata dei maiali, sono caratteris­tiche che riflettono appunto l’esito di questi processi.

MORE THAN EGGS – RELATIONSH­IP BETWEEN PRODUCTIVI­TY AND LEARNING IN LAYING HENS Dudde A, Krause ET, Matthews LR and Schrader L Frontiers in Psychology, 9: 2000. doi: 10.3389/fpsyg.2018.02000

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Galline in fugaI processi artificial­i di selezione genetica suscitano molti interrogat­ivi sul benessere degli animali

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