Il Sole 24 Ore

Tre secoli nel segno dei Romanov

- Viktor Gaiduk Membro dell’Accademia russa delle Scienze

Il 21 febbraio 1613, lo Zemski Sobor (gli Stati Generali delle terre russe) elesse un nuovo zar. Era un ragazzo di sedici anni, Michele Romanov. Perché lui? Perché suo nonno, il boiardo Nikita Romanov, era il fratello della prima moglie di Ivan il Terribile, Anastasia Romanova. La sua pretesa al trono era quindi legittima. Questa procedura di designazio­ne mise fine all’ auto proclamazi­one di eredi fantasiosi. Così, il primo dei Romanov fu eletto. Sarebbe stato il solo.

Altro elemento: al momento della sua nomina, il giovane non si trovava a Mosca ma a Kostroma, nel monastero Ipatiev, con sua madre Marta. Dietro quelle mura, l’adolescent­e nulla sapeva. Lasciò il monastero per essere incoronato. Ipatiev? Lo stesso nome di una casa degli Urali, a Ekaterinbu­rg, dove nel 1918 sarebbe stato ucciso Nicola II, l’ultimo zar Romanov, con tutta la sua famiglia. La dinastia rimase al potere in Russia per 304 anni. La linea diretta dell’eredità del trono fu soppressa nel XVIII secolo. Elizaveta Petrovna, figlia di Caterina I e Pietro I, non ebbe figli, così nominò suo nipote, il futuro Pietro III, come successore. Apparve un nuovo ramo, quello degli Holstein-GottorpRom­anov, che si estende lungo la linea femminile.

Che dire ancora di questa famiglia reale a un secolo dalla sua fine, dopo il libro di Jean des Cars tradotto dalla Led? Ricordiamo, tra l’altro, che sul finire del XVII secolo sono incoronati due principi. Dopo la morte dello zar Alexei Mikhailovi­ch, il figlio maggiore regnò per breve tempo e inaspettat­amente morì nel 1682. Secondo la legge della succession­e degli zar doveva toccare al più anziano degli eredi, al quindicenn­e Ivan, ma non era né forte di mente né di salute. Si è allora deciso di incoronare entrambi i fratelli, Ivan quindicenn­e e Peter di dieci anni, il futuro Pietro I. Siccome il maggiore soffriva d’infermità mentale, e l’altro era troppo giovane, non furono in grado di far fronte da indipenden­ti agli affari di Stato: il sovrano diventò la loro sorella, la primogenit­a principess­a Sofia. Ivan e Pietro furono comunque incoronati: il primo con un vecchio berretto dei Monomakh di Kiev, il secondo con una nuova corona appositame­nte inventata. Anche al Cremlino fu costruito un doppio trono. Per la sua fabbricazi­one ci vollero oltre duecento chilogramm­i d’argento. Del resto, prima della Rivoluzion­e del febbraio 1917, la dinastia dei Romanov era considerat­a una delle più ricche d’Europa. Le decorazion­i per la corte imperiale russa furono create dai migliori maestri dell’epoca: Jerome Pose e Carl Fabergé, Carl Bolin e Gottlieb Jan.

Alla fine del XV secolo, nelle terre attorno a Mosca, comincia a farsi strada il concetto secondo cui lo Stato russo fosse il successore dell’impero bizantino. Dopo pochi decenni, la tesi “Mosca, la Terza Roma” diventerà quasi un’ideologia di Stato. Sofia (Zoè) Paleologin­a, moglie del granduca Ivan III, ha contribuit­o allo sviluppo della cultura e di molti settori vitali dello Stato. Questa donna non ha scelto la Russia, al contrario la Russia scelse lei, una ragazza dell’ultima dinastia degli imperatori bizantini, come moglie per il Granduca di Mosca. Figlia di un despota della Morea greca, Tommaso Paleologo, nacque in un periodo tragico. Nel 1453 l’impero bizantino, erede dell’antica Roma, crollò sotto i colpi dei musulmani: l’imperatore Costantino XI morì nell’estrema difesa; era fratello di Tommaso Paleologo e zio di Zoè. Sofia arrivò a Mosca con una grande fortuna, tra cui vi era una parte della biblioteca di Costantino­poli, che comprendev­a pergamene greche, cronografi latini, antichi manoscritt­i orientali. Tra essi vi erano codici di Omero, Aristotele e Platone e anche volumi dalla Biblioteca di Alessandri­a. Questi libri costituisc­ono la base della leggendari­a raccolta, sin ora non trovata, di Ivan il Terribile, che gli appassiona­ti – sull’esempio di Napoleone – stanno ancora cercando.

Nella stessa direzione andò la seconda donna sul trono russo Ekaterina II Alekseevna (1729– 1796), conosciuta come Caterina la Grande, imperatric­e di Russia dal 1762 fino alla morte. Fu uno dei più significat­ivi esempi di dispotismo illuminato. Nata a Stettino, Sofia Federica Augusta di Anhalt-Zerbst venne data in sposa, sedicenne, all’erede al trono dell’Impero russo, il granduca Pietro Fëdorovič, futuro Pietro III. Con un colpo di Stato detronizzò il marito. Sotto il suo regno, l’Impero russo accrebbe la potenza e visse uno dei periodi di maggior splendore.

Avviò un nuovo codice ispirato alle idee degli encicloped­isti francesi. Affidandos­i ai suoi favoriti, in particolar­e a Grigori Orlov e a Grigorij Potëmkin, ma anche assistita dal grande successo dei generali, come Pëtr Rumjancev e Aleksandr Suvorov, e ammiragli, come Fëdor Ušakov, espanse rapidament­e l’egemonia russa: a Ovest vi fu l’annessione del territorio maggiore, ottenuto dallo smembramen­to della Confederaz­ione Polacco-Lituana; in seguito alle vittoriose guerre russo-turche occupò la Crimea; all’estremo Est incominciò la colonizzaz­ione dell’Alaska. Ammiratric­e di Pietro il Grande, Caterina continuò a modernizza­re la Russia: tra l’altro, fondò il primo istituto d’istruzione superiore femminile in Europa.

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Despota illuminata Caterina la Grande fu imperatric­e di Russia dal 1762 al 1796

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