Emilio, l’inetto postmoderno
Il nuovo romanzo di Paolo Bianchi, Donne smarrite uomini ribelli, è ambientato nella «Città Grande», una metropoli perennemente affannata, nevrotica e un po’ ipocrita, con nuovi edifici «eccelsi, originali, storti, disfunzionali, o con piante sparse sulla facciata in un’imitazione pallida e presuntuosa dei giardini pensili di Babilonia». In questo scenario si muove il protagonista, Emilio Rivolta, un cinquantenne che si sente ancora ragazzo, come la maggior parte dei suoi coetanei.
Emilio - autentico erede postomoderno della lunga genealogia degli inetti del romanzo novecentesco non lavora (vive di rendita) e forse è proprio per questo che, avendo troppo tempo per pensare, finisce con il farsi del male, imbottendosi poi di psicofarmaci. Sembra poterlo salvare una donna, Elisa, libraia con velleità di scrittrice, che lo trascina nel mondo pretenzioso e sempre politicamente corretto delle sue frequentazioni intellettuaolidi. La loro storia finisce così come è iniziata, lasciando Emilio a elaborare un lutto amoroso difficile da superare. Nonostante le nuove figure femminili che nel frattempo si affastellano nelle sue giornate: Rose Lee, Dolores, Ondina, Orsola, Jonella (l’unica con la quale il rapporto rimane su un piano di sola amicizia).
In un tono diretto e colloquiale, capace di stabilire un rapporto di empatia con il lettore (anche nei momenti in cui l’io narrante potesse eventualmente risultare antipatico), Paolo Bianchi racconta magistralmente l'immaturità emotiva e il disorientamento esistenziale di tanti che oggi hanno un’età tra i 40 e i 50 anni: incapacità di compiere scelte definitive, di impegnarsi in un progetto di vita, di finalizzare le relazioni a uno scopo preciso, come la formazione di una famiglia. Ciò che ieri era scontato, oggi non lo è più. Ma non è detto che viviamo in un mondo migliore.