Giappone, riprende la caccia alle balene Protesta degli ecologisti
Il Giappone riprenderà la caccia alle balene a fini commerciali e per questo ha annunciato ieri il suo ritiro dalla International Whaling Commission, l’organismo intergovernativo nato nel 1946 per proteggere il più grande mammifero marino e regolarne la cattura.
In epoca di crisi del multilateralismo anche il Giappone che non aveva finora denunciato alcun Trattato, ha scelto di far prevalere gli interessi nazionali su quelli collettivi dopo che la Iwc aveva negato l’autorizzazione a riprendere la caccia. Una moratoria - con eccezioni - è in corso dal 1986.
L’annuncio è arrivato dopo mesi di discussioni all’interno dell’organizzazione, i cui 89 Stati membri sono da tempo divisi tra favorevoli alla caccia delle balene e contrari, tra questi ultimi l’Australia e la Nuova Zelanda. Lo scorso settembre, durante la riunione internazionale dell’Iwc in Brasile, Tokyo aveva minacciato di riconsiderare la sua adesione all’organizzazione a causa del voto contrario della maggioranza dei paesi membri ad autorizzare la caccia sostenibile dei cetacei.
Il Giappone ha aderito alla Iwc nel 1951, cinque anni dopo la sua istituzione, con lo scopo di regolare lo sviluppo sostenibile della specie e l’industria delle balene. Malgrado il paese sia stato costretto a interrompere la caccia dei cetacei a fini commerciali fin dalla metà degli anni Ottanta, in linea con la moratoria internazionale decisa dalla Iwc, le imbarcazioni nipponiche hanno continuato a uccidere le balene dal 1987 in avanti, per questioni che il governo definisce «legate alla ricerca scientifica».
Secondo alcuni esperti, dietro la motivazione delle autorità giapponesi si nasconde in realtà la volontà di sostenere l’industria della carne di balena che ancora oggi, nonostante il repentino calo delle vendite, è considerata una fonte alternativa e a buon mercato di proteine. In base ai dati del governo, negli anni Sessanta il consumo di carne di balena era all’incirca pari a 200mila tonnellate l’anno, una cifra scesa intorno alle 5mila negli ultimi anni.
«Da luglio del 2019, dopo che il ritiro avrà avuto effetto il 30 giugno prossimo, il Giappone condurrà la caccia alla balena a scopo commerciale all’interno delle suq acque territoriali e nelle sue zone economiche esclusive» ha dichiarato ieri Yoshihide Suga, segretario generale del governo. Questo implicherà che le sue imbarcazioni non cacceranno più i cetacei in Antartide sfruttando la scappatoia della ricerca scientifica. In passato le battute in questa regione hanno provocato violenti scontri con alcune organizzazioni ambientaliste. Il governo, ha aggiunto il ministro, garantirà che l’attività sia sostenibile. «Nella sua lunga storia - ha dichiarato Suga - il Giappone ha usato le balene non solo come fonte di proteine ma per un’ampia varietà di scopi. La caccia ha sostebuto le comunità locali».
La moratoria stabilita dalla International Whaling Commission ha subito nel tempo molte violazioni: la Norvegia e l’Islanda, per esempio, hanno catturato centinaia di esemplari mentre Stati Uniti e Australia sono tra i più convinti oppositori della caccia a fini commerciali.
La decisione giapponese potrebbe minare gli sforzi di coordinamento internazionale per assicurare la conservazione della specie, ha commentato Darren Kindleysides, amministratore delegato della Società australiana per la tutela marina. «Le balene - ha detto - affrontano oggi un numero di minacce più elevato che mai. Il cambiamento climatico, la pesca, l’inquinamento da plastica e il rumore sott’acqua mettono a rischio i giganti degli oceani. Le balene hanno bisogno che gli Stati lavorino insieme e non agiscano ognuno per sé».