Per il rimborso richiesta la «carta»
Il caso di un’azienda fornitrice della Pa già obbligata all’e-fattura
La fattura elettronica nasce per contrastare l’evasione e, allo stesso tempo, semplificare molte procedure per aziende e professionisti. Questa è l’intenzione, ma nel passaggio dalla teoria alla pratica la semplificazione si fa fatica a trovare.
È il caso di un’azienda italiana che vende strumentazione medica agli ospedali e quindi è obbligata alla fatturazione elettronica già da tempo. Un’azienda che, acquistando materiale medicale in paesi extra-Ue per poi rivenderlo in Italia, anticipa l’Iva per ritirare la merce in Dogana e, a causa dello split payment (altra norma anti evasori) non la recupera quando fattura le vendite agli ospedali. Dato il tipo di attività, la nostra azienda si trova perennemente a credito Iva e, superato il plafond dei 700mila euro - tetto massimo per ricorrere alla compensazione - deve hiedere il rimborso dell’imposta. Un’operazione che, grazie alla fattura elettronica dovrebbe essere più celere, e invece non è così.
«Quando è stata fatta la richiesta per il rimborso dell’Iva – racconta Guido Beltrame, consigliere con delega alla fiscalità dell’Ordine dei commercialisti di Milano - l’azienda si è vista chiedere dall’agenzia delle Entrate la copia cartacea delle fatture e dei registri Iva» per «dimostrare la natura del credito». Una richiesta inaspettata, perché le fatture elettroniche sono già in possesso dell’Agenzia, e spiazzante perché il documento cartaceo, non esistendo, andava generato.
Una richiesta del genere non è arrivata dopo pochi mesi dall’introduzione del meccanismo ma nel settembre del 2018, quando il sistema avrebbe dovuto essere rodato da tempo e non proviene da un ufficio periferico di un piccolo paese sperduto, ma dalla Direzione provinciale di Milano.
Ovviamente la richiesta è passata nelle mani del commercialista della società che da una parte, in pochi giorni, ha dovuto recuperare documenti cartacei nati digitali, e dall’altra ha dovuto spiegare all’azienda perché nonostante abbia investito in software e macchinari per passare al “più efficiente” documento elettronico , quando si tratta di avere indietro i propri soldi dall’agenzia delle Entrate vale solo il buon vecchio “pezzo di carta”.
«Questo caso, che purtroppo non è isolato – commenta Beltrame - è l’ennesima dimostrazione del fatto che buona parte di chi propone fantasmagoriche innovazioni si muove in un mondo virtuale ed è incapace di leggere concretamente il mondo reale, operativo, quello che si sporca le mani tutti i santi giorni. Inoltre mi chiedo: se l’Agenzia non riesce a consultare le informazioni che già possiede per fare un rimborso, come farà a recuperare due miliardi di evasione Iva grazie alla fattura elettronica?».