Acciaio Marcegaglia, due centrali a gas con la francese Engie
L’investimento di 50 milioni consentirà di coprire il 65% del fabbisogno Con Ilva accordo decennale di fornitura per 1,5 milioni di tonnellate all’anno
Marcegaglia investe 50 milioni nell’autoproduzione di energia elettrica, con un piano per realizzare con Engie (gruppo francese specializzato nell’energia) due centrali di cogenerazione a Gazoldo e Ravenna. L’obiettivo è ridurre i costi e abbattere le emissioni. Si tratta di un investimento extrabudget rispetto al piano che vedrà spendere sugli impianti almeno 80 milioni l’anno prossimo e un centinaio tra due anni. A livello operativo «anche quest’anno abbiamo fatto un piccolo passo in avanti – spiega Antonio Marcegaglia - crescendo a un tasso superiore a quello del mercato», in un contesto che, soprattutto in Italia con il ritorno a regime dell’ex Ilva («l’accordo con ArcelorMittal è per il mantenimento di una fornitura di almeno 1,5 milioni di tonnellate annue per dieci anni» dice il presidente), sta diventano sempre più esigente.
«L’investimento con Engie ci aiuta nell’obiettivo di restare competitivi sul mercato» spiega Marcegaglia. Sempre in questa direzione, Marcegaglia si attende nei prossimi giorni dalla Ue una decisione sulla salvaguardia che possa tutelare i mercati dei grandi acquirenti, e conferma, dopo l’inaspettato stop ai programmi su Ast, la volontà di crescere ancora per linee esterne attraverso acquisizioni.
Gli ultimi investimenti dell’anno sono però destinati all’interno. Le centrali a servizio dei siti di Mantova e Ravenna saranno rispettivamente di 21 e 31 megawatt. Si tratta di una scelta strategica, in uno scenario futuro che vede il fattore energia sempre più cruciale nei costi industriali. Le centrali, alimentate a gas, produrranno energia elettrica e vapore e «copriranno il 65% del consumo elettrico e tutto il fabbisogno termico – spiega Antonio Marcegaglia -. L’autoproduzione ci consentirà di risparmiare: è incentivata e inoltre in futuro il prezzo del gas dovrebbe conservare maggiore stabilità rispetto al costo dell’energia elettrica. Prevediamo anche un abbattimento delle emissioni, perché contemporaneamente spegneremo alcune caldaie obsolete».
Il gruppo si avvia a chiudere l’anno con un incremento produttivo del 3,2 per cento, pari a 150mila tonnellate di acciaio. «In Italia supereremo i 5 milioni di tonnellate di consumo, 5,8 a livello mondo – spiega il presidente -. Si tratta di un altro piccolo passo in avanti per noi, considerando che l’Europa quest’anno ha incrementato i consumi di circa un punto percentuale».
Lo spedito è salito da 5,2 a 5,4 milioni. Il fatturato è cresciuto del 7 per cento, a quota 5,3 miliardi, di cui circa 5 miliardi riferiti all’acciaio. «Prevediamo – prosegue Marcegaglia - di confermare la marginalità dell’anno scorso». «Il 2018 è stato un anno a due velocità - spiega il presidente - con una prima parte vivace e l’ultimo trimestre di ridimensionamento. Mi aspetto che ora i prezzi abbiano toccato il fondo: magari non a gennaio, ma entro il primo trimestre le quotazioni potrebbero ripartire».
Nei prossimi giorni, già il 4 gennaio secondo i rumors, ci si attende
dalla Ue una decisione definitiva sulle misure di salvaguardia in reazione ai dazi americani. Proprio la discussione sulle politiche protezionistiche avevano portato, la scorsa estate, il gruppo Marcegaglia a uscire da Federacciai. «Io sono
a favore della salvaguardia – spiega Antonio Marcegaglia - in un’ottica di stabilità. Mi aspetto dalla Ue che, nel caso dei coils a caldo, ci sia una salvaguardia globale, in considerazione del fatto che alcuni paesi, come Cina, Russia, Iran e Ucraina sono stati fermati dai dazi e altri soggetti, come per esempio la Turchia, sono entrati sul mercato a colmare questi spazi». Una soglia limitata Paese per Paese, precisa Marcegaglia che è un grande acquirente di coils, penalizzerebbe i nuovi Paesi pronti a esportare.
Nel 2018 il gruppo Marcegaglia è intervenuto anche nel rafforzamento patrimoniale, beneficiando da un pool di banche di una nuova linea di credito da 550 milioni di euro che, nelle intenzioni iniziali, secondo i rumors, era destinata anche a sostenere un’eventuale operazione di acquisto di Ast da ThyssenKrupp, cessione sulla quale si è registrato però l’improvvisa retromarcia dei tedeschi nella seconda parte dell’anno. «Avevamo un credito residuale di 350 milioni – spiega Marcegaglia - questa linea sostituisce quella precedente. Con i 200 milioni aggiuntivi abbiamo ridimensionato ulteriormente il nostro debito a breve». Sul fronte Thyssen, prosegue Marcegaglia, «non ho capito fino in fondo la ratio della scelta tedesca. Stiamo a guardare: se dovesse ripresentarsi l’opportunità siamo pronti, altrimenti guarderemo altrove».
Sul tavolo ci sono «altri files, anche se di dimensioni ridotte. Guardiamo sia il mercato italiano che quello internazionale- aggiunge - per allargare la gamma in un’ottica di valore aggiunto». Il gruppo segue con attenzione il mercato degli Usa, sul quale ha però di recente dismesso i propri investimenti. «Era un presidio piccolo nei tubi inox e zincati, poco interessante – spiega il presidente -. Ci sono altri ambiti che stiamo osservando su questo mercato: vogliamo essere presenti dove possiamo essere leader e lavorare in un contesto di crescita».