Resca: «Giovani spinti al nero o a stare a casa»
«Invece di aiutare chi ha perso il lavoro, quel reddito provocherà la tentazione a stare a casa preferendo il lavoro nero. E, contemporaneamente, rappresenta un disincentivo a cercare altre occupazioni». È secco il commenta di Mario Resca, presidente di Confimprese, l’associazione del commercio moderno, sugli effetti che provocherà l’applicazione del reddito di cittadinanza.
Il pensiero di Resca è soprattutto dedicato ai giovani, nei confronti dei quali, ricorda, che «c’è la possibilità del part time e nel franchising se ne fa un ampio uso soprattutto tra gli universitari che trovano comodo avere un lavoro in regola, con i contributi di legge lavorando nei weekend per mantenersi all’università». Giovani che dalla prossima primavera potrebbero scegliere tra due possibilità. La prima opzione, ovvero lavorare part time, per esempio servire ai tavoli di un ristorante, lavorare in un fast food o come addetto alla vendita in un negozio per una ventina di ore la settimana in cambio di un salario netto mensile che in media può oscillare tra i 650-700 euro. Oppure, saltare a pie pari sulla seconda opzione, puntando tutto sul reddito di cittadinanza e i suoi 780 euro “puliti” al mese. È lo scenario che tra qualche mese rischia di verificarsi.
I conti per spiegare le due opzioni li fa Luca Bidoglia, direttore risorse umane di Scarpe & Scarpe. «Un commesso 5° livello che lavora 18 ore la settimana con 2 domeniche al mese ha una retribuzione netta base di 660 euro al mese che diventano 630 euro nel caso di un 6 livello - spiega Bidoglia -. Meno del reddito di cittadinanza e se vivo in un’area dove le occasioni lavorative non sono molte può esserci una certa convenienza a restare a casa puntando in più sui lavoretti in nero». In questo caso si finisce con il restare ai margini del mondo del lavoro senza creare ricchezza per il sistema Paese mentre l’Inps perderà “preziosi” contributi per la tenuta del sistema pensionistico. «E in più lo Stato – rimarca Bidoglia – si accolla l’onere delle risorse da destinare al reddito che altrimenti verrebbero impiegate in investimenti produttivi».
Nel mondo dei fast food si riconosce l’esistenza del problema ma c’è ritrosia a prendere posizione «anche per motivi di opportunità politica». Off the record, però, si ammette la difficoltà nel trovare le risorse da impiegare nelle fasce di maggiore afflusso e che il reddito di cittadinanza avrà un ulteriore effetto destabilizzante.
Senza considerare i costi per evitare gli abusi nel paese dei furbetti. «I rischi ci sono - ammette Gianni Scaperrotta, direttore generale di Articolo 1, agenzia di lavoro interinale – e serviranno controlli continui e accurati».