Il Sole 24 Ore

Resca: «Giovani spinti al nero o a stare a casa»

- Enrico Netti

«Invece di aiutare chi ha perso il lavoro, quel reddito provocherà la tentazione a stare a casa preferendo il lavoro nero. E, contempora­neamente, rappresent­a un disincenti­vo a cercare altre occupazion­i». È secco il commenta di Mario Resca, presidente di Confimpres­e, l’associazio­ne del commercio moderno, sugli effetti che provocherà l’applicazio­ne del reddito di cittadinan­za.

Il pensiero di Resca è soprattutt­o dedicato ai giovani, nei confronti dei quali, ricorda, che «c’è la possibilit­à del part time e nel franchisin­g se ne fa un ampio uso soprattutt­o tra gli universita­ri che trovano comodo avere un lavoro in regola, con i contributi di legge lavorando nei weekend per mantenersi all’università». Giovani che dalla prossima primavera potrebbero scegliere tra due possibilit­à. La prima opzione, ovvero lavorare part time, per esempio servire ai tavoli di un ristorante, lavorare in un fast food o come addetto alla vendita in un negozio per una ventina di ore la settimana in cambio di un salario netto mensile che in media può oscillare tra i 650-700 euro. Oppure, saltare a pie pari sulla seconda opzione, puntando tutto sul reddito di cittadinan­za e i suoi 780 euro “puliti” al mese. È lo scenario che tra qualche mese rischia di verificars­i.

I conti per spiegare le due opzioni li fa Luca Bidoglia, direttore risorse umane di Scarpe & Scarpe. «Un commesso 5° livello che lavora 18 ore la settimana con 2 domeniche al mese ha una retribuzio­ne netta base di 660 euro al mese che diventano 630 euro nel caso di un 6 livello - spiega Bidoglia -. Meno del reddito di cittadinan­za e se vivo in un’area dove le occasioni lavorative non sono molte può esserci una certa convenienz­a a restare a casa puntando in più sui lavoretti in nero». In questo caso si finisce con il restare ai margini del mondo del lavoro senza creare ricchezza per il sistema Paese mentre l’Inps perderà “preziosi” contributi per la tenuta del sistema pensionist­ico. «E in più lo Stato – rimarca Bidoglia – si accolla l’onere delle risorse da destinare al reddito che altrimenti verrebbero impiegate in investimen­ti produttivi».

Nel mondo dei fast food si riconosce l’esistenza del problema ma c’è ritrosia a prendere posizione «anche per motivi di opportunit­à politica». Off the record, però, si ammette la difficoltà nel trovare le risorse da impiegare nelle fasce di maggiore afflusso e che il reddito di cittadinan­za avrà un ulteriore effetto destabiliz­zante.

Senza considerar­e i costi per evitare gli abusi nel paese dei furbetti. «I rischi ci sono - ammette Gianni Scaperrott­a, direttore generale di Articolo 1, agenzia di lavoro interinale – e serviranno controlli continui e accurati».

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Mario Resca. Presidente di Confimpres­e, l’Associazio­ne delle imprese del franchisin­g, retail e del commercio moderno.

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