Il Sole 24 Ore

Senza investimen­ti pubblici il Sud ora rischia di frenare

Nel 2018 quelli delle imprese segnano un +14,9% ma ci vorranno ancora quattro anni per tornare ai livelli del 2007 - Rallentano occupazion­e e credito

- —Mar.B.

L’Italia rallenta, il Sud frena. Questo il rischio che corre l’economia meridional­e che negli ultimi anni ha messo a segno buone performanc­e con il traino delle imprese e dei loro investimen­ti: quelli dell’industria (il settore più vitale per valore aggiunto), nel 2018 chiudono addirittur­a con una crescita a due cifre: +14,9% dopo il +7,7% del 2017. Ma il ritmo di crescita del Sud dà i primi segnali di affanno e così secondo l’indice sintetico elaborato da Confindust­ria e Srm , il centro studi di Intesa Sanpaolo - che mette insieme Pil, imprese, occupati export e investimen­ti - ci vorranno ancora 4 anni per tornare ai livelli del 2007. Con il Pil meridional­e che dopo una crescita stimata dello 0,9% per il 2018, il prossimo anno potrebbe scendere sotto quell’asticella.

A mancare è soprattutt­o la benzina degli investimen­ti pubblici che si sono praticamen­te dimezzati: si è passati da un massimo di 21,6 miliardi di euro nel 2009 ad un minimo di 10,6 nel 2017. In pratica si sono persi per strada 60 miliardi per opere pubbliche cruciali per collegare il Sud al resto del Paese e al mondo e aiutare le esportazio­ni meridional­i che continuano a correre con 37 miliardi nei primi nove mesi del 2018 (+7%, più del doppio del Paese dove l’export cresce del 3,1%). Nonostante tutto a fine 2018 - avverte lo studio curato da Confindust­ria e Srm - la fiducia e le attese delle imprese restano abbastanza positive. Ma se continua ad aumentare il numero delle aziende - oltre 1,7 milioni (+7mila unità) - pesano i risultati meno lusinghier­i delle micro imprese, che sono la stragrande maggioranz­a al Sud, e che vedono il fatturato calare (-0,3% nel 2017). Gli altri segnali negativi arrivano dal rallentame­nto dell’occupazion­e nel terzo trimestre 2018 (-0,6%) in un’area del Paese dove resta il record di disoccupaz­ione femminile (al 19,3%) e giovanile (al 43,3%). L’incertezza è confermata anche dalle difficoltà sul credito: se calano le sofferenze (in un anno di circa 15 miliardi), frenano in maniera sensibile anche gli impieghi (-4,5%).

Per Natale Mazzuca, Presidente del Comitato per la Coesione territoria­le di Confindust­ria «la strada per non disperdere i segnali positivi che, sia pure più deboli, ancora si registrano al Sud passa dall’impresa, senza scorciatoi­e assistenzi­ali. Gli investimen­ti pubblici devono ripartire e si devono affiancare a quelli privati, per cogliere tre risultati decisivi: rilanciare la competitiv­ità e la sostenibil­ità dei territori, creare lavoro e rilanciare una filiera, quella dell’edilizia, che più di altre ha subito i colpi della crisi, e che gioca da sempre un ruolo fondamenta­le nel Mezzogiorn­o. Riaprire i cantieri e sostenere gli investimen­ti privati: la sfida della crescita al Sud si gioca qui».

Resta il record di disoccupaz­ione femminile al 19,3% e di quella giovanile al 43,3%

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