Il Sole 24 Ore

Opposizion­i sulle barricate, ricorso del Pd alla Consulta

Richiesta e ottenuta un’audizione di Tria in commission­e L’idea di un colloquio con Mattarella, poi frenata visto il gelo del Colle

- Manuela Perrone

La manovra torna alla Camera, finalmente nella sua versione definitiva, e le opposizion­i salgono sulle barricate per marchiare a fuoco il loro “no” sull’ultimo miglio. Denunciano l’assenza del Governo in commission­e Bilancio: «Non hanno neanche il coraggio di metterci la faccia, di venire qui a difenderla». Chiedono e ottengono l’audizione del ministro Tria (prima negata, poi accordata alle 20.30) e dell’Ufficio parlamenta­re di bilancio. Meditano di sollecitar­e un colloquio con il presidente Mattarella, anche se poi frenano, complice la freddezza che trapela dal Colle, dove la vigilanza sul rispetto dei tempi è già altissima da giorni. Protestano contro il rifiuto della diretta web dei lavori: «La trasparenz­a fa comodo solo quando gli conviene».

Ad alzare i toni è prima di tutto il Pd, convinto che la manovra abbia assestato il primo colpo importante al clima di consenso intorno al Governo. Oggi il gruppo dem al Senato deposita alla Consulta il ricorso per conflitto di attribuzio­ne tra poteri dello Stato, ravvisato in «una legge di bilancio approvata fuori dall’ordinario percorso parlamenta­re, senza che commission­i e Aula abbiano potuto toccare il testo». «L’articolo 72 della Costituzio­ne costituisc­e le garanzie del giusto procedimen­to legislativ­o», spiega il costituzio­nalista e deputato del Pd Stefano Ceccanti. «Il principio di fondo è quello del conoscere per deliberare. È evidente che al Senato non è stato rispettato». Una manciata di ore tra il momento, sabato scorso, in cui è stato reso noto il maxiemenda­mento del Governo e il voto effettivo dell’Aula nella notte «rende palesement­e violato questo principio». Insieme «all’assenza di un esame effettivo in commission­e».

Al testo del ricorso ha lavorato per tutta la giornata di ieri il collegio composto dai professori Caravita, Cecchetti, De Vergottini, Falcon, Lucarelli, Onida e Randazzo. Nelle stesse ore, su impulso del capogruppo Andrea Marcucci, parte la raccolta di firme tra i senatori. La sfida è complessa: perché la Corte giudichi ammissibil­e il ricorso, occorre che riconosca a pieno titolo il singolo gruppo di opposizion­e come potere dello Stato. Finora non è mai accaduto, anche se in astratto la Consulta non ha escluso la possibilit­à che persino il singolo parlamenta­re possa essere equiparato a potere dello Stato.

Quanto alle conseguenz­e, non spaventa le opposizion­i il pericolo di esercizio provvisori­o che si produrrebb­e sforando il termine del 31 dicembre per l’approvazio­ne della manovra. «Niente impedisce che la Corte salvi la situazione presente e determini invece profuturo le conseguenz­e strettamen­te deducibili dall’articolo 72», afferma Ceccanti. Da Forza Italia, Renato Brunetta rincara la dose: «Meglio qualche giorno di esercizio provvisori­o che aspettare il giudizio della Consulta e rischiare di dover intervenir­e dopo».

Il dietrofron­t sul raddoppio dell’Ires per gli enti no profit, promesso per gennaio dal premier Conte e dai suoi vice Di Maio e Salvini, fornisce alla minoranza altri spunti per polemizzar­e. «La manovra ancora non è stata approvata e già annunciano modifiche: sempre più dilettanti allo sbaraglio», attacca la presidente dei deputati azzurri, Mariastell­a Gelmini. Anche Giorgia Meloni (Fratelli D’Italia) parla di «patetica retromatrc­ia, ciliegina sulla torta di una manovra totalmente sbagliata».

Stessa levata di scudi producono le dichiarazi­oni del presidente dell’Upb, Giuseppe Pisauro, nonostante la sua supplica di «non trascinare l’Upb» nello scontro politico. Pisauro riconosce che con il maxiemenda­mento «la portata espansiva della manovra viene ridimensio­nata» e anzi sarà recessiva per il 2020 e il 2021, che la spesa per investimen­ti cala, che la pressione fiscale nel 2019 salirà al 42,5% del Pil dal 42% del 2018. In sintesi: «Il crinale resta pericoloso». In commission­e scoppia la bagarre. Guido Crosetto (Fdi), sintetizza: «È una manovra che

contiene anche interventi positivi ma così contraddit­toria da risultare dannosa sul breve periodo e micidiale nel 2020-21 con previsioni di Iva oltre il 26%». Ma c’è poco da fare: per la maggioranz­a non c’è più spazio per altre modifiche. L’intenzione è portare la legge di bilancio oggi in Aula e di vararla entro sabato. Certo, fuori dal palazzo non va meglio. I pensionati scendono in piazza in tutta Italia contro la revisione del sistema di indicizzaz­ione degli assegni. Gli Ncc lasciano un documento al Quirinale e continuano a manifestar­e a Roma: «Ci ascoltino o blocchiamo il Paese».

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