Opposizioni sulle barricate, ricorso del Pd alla Consulta
Richiesta e ottenuta un’audizione di Tria in commissione L’idea di un colloquio con Mattarella, poi frenata visto il gelo del Colle
La manovra torna alla Camera, finalmente nella sua versione definitiva, e le opposizioni salgono sulle barricate per marchiare a fuoco il loro “no” sull’ultimo miglio. Denunciano l’assenza del Governo in commissione Bilancio: «Non hanno neanche il coraggio di metterci la faccia, di venire qui a difenderla». Chiedono e ottengono l’audizione del ministro Tria (prima negata, poi accordata alle 20.30) e dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Meditano di sollecitare un colloquio con il presidente Mattarella, anche se poi frenano, complice la freddezza che trapela dal Colle, dove la vigilanza sul rispetto dei tempi è già altissima da giorni. Protestano contro il rifiuto della diretta web dei lavori: «La trasparenza fa comodo solo quando gli conviene».
Ad alzare i toni è prima di tutto il Pd, convinto che la manovra abbia assestato il primo colpo importante al clima di consenso intorno al Governo. Oggi il gruppo dem al Senato deposita alla Consulta il ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, ravvisato in «una legge di bilancio approvata fuori dall’ordinario percorso parlamentare, senza che commissioni e Aula abbiano potuto toccare il testo». «L’articolo 72 della Costituzione costituisce le garanzie del giusto procedimento legislativo», spiega il costituzionalista e deputato del Pd Stefano Ceccanti. «Il principio di fondo è quello del conoscere per deliberare. È evidente che al Senato non è stato rispettato». Una manciata di ore tra il momento, sabato scorso, in cui è stato reso noto il maxiemendamento del Governo e il voto effettivo dell’Aula nella notte «rende palesemente violato questo principio». Insieme «all’assenza di un esame effettivo in commissione».
Al testo del ricorso ha lavorato per tutta la giornata di ieri il collegio composto dai professori Caravita, Cecchetti, De Vergottini, Falcon, Lucarelli, Onida e Randazzo. Nelle stesse ore, su impulso del capogruppo Andrea Marcucci, parte la raccolta di firme tra i senatori. La sfida è complessa: perché la Corte giudichi ammissibile il ricorso, occorre che riconosca a pieno titolo il singolo gruppo di opposizione come potere dello Stato. Finora non è mai accaduto, anche se in astratto la Consulta non ha escluso la possibilità che persino il singolo parlamentare possa essere equiparato a potere dello Stato.
Quanto alle conseguenze, non spaventa le opposizioni il pericolo di esercizio provvisorio che si produrrebbe sforando il termine del 31 dicembre per l’approvazione della manovra. «Niente impedisce che la Corte salvi la situazione presente e determini invece profuturo le conseguenze strettamente deducibili dall’articolo 72», afferma Ceccanti. Da Forza Italia, Renato Brunetta rincara la dose: «Meglio qualche giorno di esercizio provvisorio che aspettare il giudizio della Consulta e rischiare di dover intervenire dopo».
Il dietrofront sul raddoppio dell’Ires per gli enti no profit, promesso per gennaio dal premier Conte e dai suoi vice Di Maio e Salvini, fornisce alla minoranza altri spunti per polemizzare. «La manovra ancora non è stata approvata e già annunciano modifiche: sempre più dilettanti allo sbaraglio», attacca la presidente dei deputati azzurri, Mariastella Gelmini. Anche Giorgia Meloni (Fratelli D’Italia) parla di «patetica retromatrcia, ciliegina sulla torta di una manovra totalmente sbagliata».
Stessa levata di scudi producono le dichiarazioni del presidente dell’Upb, Giuseppe Pisauro, nonostante la sua supplica di «non trascinare l’Upb» nello scontro politico. Pisauro riconosce che con il maxiemendamento «la portata espansiva della manovra viene ridimensionata» e anzi sarà recessiva per il 2020 e il 2021, che la spesa per investimenti cala, che la pressione fiscale nel 2019 salirà al 42,5% del Pil dal 42% del 2018. In sintesi: «Il crinale resta pericoloso». In commissione scoppia la bagarre. Guido Crosetto (Fdi), sintetizza: «È una manovra che
contiene anche interventi positivi ma così contraddittoria da risultare dannosa sul breve periodo e micidiale nel 2020-21 con previsioni di Iva oltre il 26%». Ma c’è poco da fare: per la maggioranza non c’è più spazio per altre modifiche. L’intenzione è portare la legge di bilancio oggi in Aula e di vararla entro sabato. Certo, fuori dal palazzo non va meglio. I pensionati scendono in piazza in tutta Italia contro la revisione del sistema di indicizzazione degli assegni. Gli Ncc lasciano un documento al Quirinale e continuano a manifestare a Roma: «Ci ascoltino o blocchiamo il Paese».