Cori razzisti, coltelli e un ultrà morto ma il circo della Serie A non si ferma
Il tifoso investito e ucciso da un suv davanti a San Siro lascia moglie e due figli
«Sabato in Serie A si gioca: ho parlato un po’ con tutti per sentire il clima intorno a ciò che è successo e all’unanimità, dai sottosegretari Giorgetti e Valente alla Lega di Serie A e al presidente del Coni, abbiamo deciso di andare avanti».
Sono appena passate le 15 di ieri pomeriggio quando il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina annuncia, in diretta su Sky, che la morte del tifoso dell’Inter Daniele Belardinelli non fermerà il massimo campionato, nemmeno quello dell’Inter. La squadra sconterà i cori di matrice razziale e territoriale intonati dagli contro il calciatore del Napoli Koulibaly, giocando due gare a porte chiuse, più una terza con l’ingresso vietato ai soli tifosi della curva. Così ha deciso il giudice sportivo Gerardo Mastrandrea. L’Inter quindi giocherà a porte chiuse la gara con il Sassuolo in campionato e quella con il Benevento in Coppa Italia.
Erano oltre 100 gli ultras interisti ma tra loro vi erano anche supporter del Varese e del Nizza - che mercoledì sera, prima dell’incontro Inter-Napoli, intorno alle 19,30, hanno preso d’assalto pulmini con a bordo tifosi napoletani. Tra loro Daniele Belardinelli. Investito mentre uno dei mezzi accerchiati, un suv, si allontanava dai tafferugli cercando una via di fuga: giunto in ospedale in gravi condizioni è stato sottoposto a intervento chirurgico. Che non è servito a salvargli la vita.
Il 39enne tifoso dell’Inter viveva a Varese con moglie e due figli. Lavorava in Svizzera come piastrellista. Da tempo membro della “Fight Academy”, scuola di arti marziali e sport da combattimento di Morazzone, si è aggiudicato diversi successi sportivi in discipline quali “scherma corta”, gara di coltello “giacca e coltello” e “capraia”. Con il suo team era anche volato, tornando vittorioso, a San Pietroburgo. «Non ha mai avuto una squalifica durante le gare, mai un richiamo», racconta un ex compagno di squadra.
Ma la grande passione di Belardinelli era il calcio. Era leader del gruppo ultras “Blood Honour” del Varese, fondato nel 1998, la frangia più estrema del tifo biancorosso che è storicamente gemellato con quello dell’Inter. Da ultrà, nel 2007 partecipa a una disputa con la Polizia al termine di un match di serie C2 a Varese, per cui riceve un Daspo di 5 anni. Esattamente cinque anni dopo, nel 2012, è colpito da un secondo Daspo per aver preso parte a tafferugli al termine dell’amichevole Como-Inter. Provvedimenti che non hanno spento in lui la voglia di tifare. Fino al tragico epilogo di mercoledì sera. Sera in cui sono anche stati accoltellati quattro tifosi. «Tutto il movimento del calcio e i milioni di tifosi per bene sono stati danneggiati da quanto è successo», ha commentato il presidente della Lega di serie A, Gaetano Miccichè, che è tornato anche sul tema dei cori razzisti: «Faremo quello che è in nostro potere per impedire il ripetersi di casi simili».
Ieri intanto il Ministro dell’Interno Matteo Salvini ha annunciato la convocazione di un tavolo urgente con tutti i soggetti competenti. Mentre il Viminale ha diffuso dati aggiornati secondo cui la violenza legata al calcio si starebbe spostando dagli stadi alla strada. Nella stagione che si è conclusa a giugno si registra una «ripresa di condotte delinquenziali lungo le vie di trasporto», che ha visto protagonisti i tifosi dei campionati di A, B e Lega Pro: si è passati da 93 a 120 episodi e l’incremento maggiore ha riguardato proprio gli ultrà delle squadre di serie A, coinvolti in 65 episodi. Erano 45 la stagione precedente.